Su 20 capoluoghi 16 cambiano colore: il Pd ne perde 12, la destra 3, uno M5S

lunedì
25 giugno 2018
Testata:
MATTINO
Pagina:
7

IL FOCUS

R 0 MA Sui 20 Comuni capoluogo di questa tornate elettorale ben 16 hanno cambiato colore politico rispetto alle elezioni del 2013. Non è un caso che persino i 5Stelle che 5 anni fa avevano conquistato un solo capoluogo, Ragusa, se lo sono visto sfilare anche se si sono consolati con la strepitosa vittoria di Avellino. Lo schieramento trionfatore di queste elezioni, ovvero il centrodestra a trazione leghista, ha a sua volta perso ben tre capoluoghi nei quali vinse nel 2013 (con la guida di Berlusconi): Teramo, Brindisi e Trapani. Tutti passati al centrosinistra.

La sterzata a 180 gradi degli elettori ha colpito ovviamente più di tutti il Pd che era uscito alla grande dalle elezioni comunali del 2013 che gli assicurarono ben 15 capoluoghi. Stavolta ne ha persi 12 in una botta sola e soprattutto è riuscito a perdere tutti e tre quelli toscani con una svolta storica che sposta l’intera Regione Toscana nel blocco sociale nascente della destra del quale entrano a far parte interi spezzoni di società che negli ultimi 70 anni hanno votato sempre a sinistra.

LE DUE MOLLE

Insomma, queste elezioni comunali sono figlie di due fenomeni: la rivolta degli italiani contro qualsiasi tipo di establishment sui territori, compreso quello 5Stelle che è saltato a Ragusa dopo appena 5 anni, e il contemporaneo spostamento a destra di elettori storici delle regioni rosse.

A queste due molle principali si sono aggiunte poi gli effetti “politicisti” di quello che gli addetti ai lavori chiamano “tripolarismo imperfetto” per cui ai ballottaggi – come è già successo a Roma e Torino – gli elettori del centrodestra votano in massa per i candidati dei 5Stelle contro quelli della sinistra. Questo meccanismo ha stroncato i candidati del Pd ad Avellino e Imola dove pure al primo turno avevano superato il 40% dei consensi. Sbaglierebbe però chi pensasse che questa volta gli elettori dei 5Stelle hanno votato per i candidati di destra contro quelli di sinistra. Questa spinta è stata di modeste dimensioni perché alle comunali la gran parte dell’elettorato grillino è rimasta a casa. Nel crollo dei bastioni rossi in Toscana la sinistra deve rimproverare innanzitutto se stessa e il suo politicismo che l’ha chiusa alle spinte della società.

In presenza di una destra col vento in poppa a Siena la sinistra si è presentata con due candidati al primo turno dividendo e sconcertando il proprio elettorato che al secondo turno in parte ha disertato.

La rottura fra popolo ed élites nelle regioni rosse non è cosa di oggi. L’anno scorso in Toscana il Pd perse Pistoia e Carrara ma già nel 2014 era toccato a Perugia.

A sinistra c’è però anche un’altra faccia della medaglia: ad Ancona e Brescia – città di peso più che discreto – sono stati rieletti sindaci evidentemente capaci di costruire un rapporto solido con le loro città mentre il Pd riesce a calvalcarem l’onda dello scontento a suo favore in una città storicamente di destra come Teramo..

Resta da riferire del fenomeno dei sindaci civici. Ormai, da quando gli italiani cambiano sindaco come la propria camicia, ce ne sono parecchi in giro. Tutti conoscono quello di Parma, Federico Pizzarotti ma anche la seconda città del Lazio, latina, è guidata da un sindaco civico. L’elenco si è allungato questa volta con le città di Imperia e Ragusa. A messinesi invece anche questa volta hanno preferito un sindaco civico, come nel 2013, ma quello nuovo, Caetano De Luca, è vicino al centrodestra mentre quello vecchio, Renato Accorinti, nel 2013 si presentò in Comune a piedi scalzi.

Diodato Pirone

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