Una coalizione libera delle città ribelli

Pubblichiamo un bell’articolo di Sandro Medici uscito sul Manifesto

Si chiamano città solidali. Meglio sarebbe definirle città ribelli. Terranno il loro primo incontro domenica prossima a Roma. Con l’intenzione di promuovere un coordinamento, che valorizzi certo le loro singolarità, ma soprattutto per offrire un riferimento a quella diffusa inquietudine critica sempre più disorientata e incollerita. E’ una rete di esperienze politiche locali, indipendenti e alternative, che provano ad aprire una possibile prospettiva al di fuori dei partiti e delle coalizioni. Brescia, L’Aquila, Imperia, Siena, Roma, Brindisi, Pisa, Caserta, Firenze, Feltre, Ancona e naturalmente Messina con il sindaco Accorinti. Queste le città che parteciperanno a questa prima riunione. E’ un tentativo allo stato iniziale, ma potenzialmente rilevante. Non foss’altro perché conduce la sua ricerca culturale più sulle domande che sulle risposte, sull’efficacia delle pratiche, sull’importanza delle relazioni, sulla costruzione di un immaginario finalmente arioso e promettente: che sono proprio gli elementi costituivi di una politica nuova e altra. Pur nelle loro differenze, di storie, culture, percorsi, aspirazioni, in assenza di un orientamento generale, di una piattaforma comune, rifuggendo da indirizzi o prospettive dettati da chicchessia, queste realtà si riconoscono intorno all’esigenza di autorappresentarsi in autonomia e libertà. Assimilate nella consapevolezza critica non soltanto verso le politiche nazionali e continentali con cui viene affrontata la crisi economica, ma anche (soprattutto) nei confronti della subalternità con cui il sistema dei partiti cerca di gestirla su scala locale. La loro impronta è risolutamente sociale, legata, anzi intrecciata con l’attivismo dei movimenti e dell’associazionismo. Per quanto strettamente connesse con le rispettive realtà territoriali, avvertono l’esigenza di allargare lo sguardo, di promuovere una relazione più articolata e complessa, per intercettare quell’ampia domanda politica che nel paese resta inevasa e frustrata. E anche per verificare quanto e come le loro pratiche, il loro modello possano funzionare su una scala più impegnativa. Hanno scelto di smarcarsi dalle grandi coalizioni, di centrosinistra in particolare. A volte perché impossibilitate a farne parte, più spesso per andarsi a cercare nuovi sbocchi fuori dalle compatibilità imposte da vecchie e nuove nomenclature di partito. Fuori dal coro, fuori le mura; fuori dalle anguste regole oligarchiche, fuori dal patto di stabilità che strangola le amministrazioni, fuori dalle logiche speculative e privatizzatrici. E dunque, quasi con naturalezza, città per città, territorio per territorio, c’è chi prova a coagulare quelle soggettività resistenti con l’obiettivo di comporre un consolidato, certo plurale e rispettoso delle diversità, che tuttavia si candidi a esprimere e realizzare politiche decisamente alternative. In sostanza, è un processo che dà una forma e un nome a ciò che già esiste e opera, ma che tuttavia resta atomizzato o, peggio, prigioniero di identità sempre più flebili. Le tante esperienze sociali e culturali che si battono in difesa dei beni comuni, dei diritti materiali, del lavoro, delle libertà civili, per la tutela dell’ambiente e del paesaggio, per la cultura indipendente, contro l’esclusione e la discriminazione, contro le povertà e il precariato, contro un modello di sviluppo distruttivo e inquinante, contro la svendita del patrimonio pubblico, contro lo sfruttamento di terre, mari e cieli. E così, tutte queste molecole intelligenti sparse sul territorio nazionale, con la loro passione democratica, con le loro pratiche irriverenti e a volte brusche, è come se consegnassero una nuova possibilità a un quadro politico sempre più sgraziato e avvilente. Provando anche a coordinarsi tra loro per ragionare sulle prospettive e per offrire un ambito di confronto e proposta, suscettibile di ulteriori contributi e approssimazioni, di ulteriore crescita. Una parte di queste realtà hanno recentemente attraversato la competizione elettorale, alcune con successo, altre stentando, misurandosi con la difficoltà di avventurarsi e proporsi con un’offerta politica distinta e anche distante dal tradizionale panorama politico. Esplorando cioè quello sfuggente territorio, quella vera e propria terra di nessuno che si trova tra la penosa insoddisfazione di sinistra e la crescente refrattarietà astensionista. Tr a una politica interpretata come rassegnato realismo e lo sfiduciato impulso all’esodo. Tra la rassicurante deriva clientelare e parassitaria e un amaro quanto disperante disincanto. Ecco, le città ribelli si stanno spingendo lungo un nuovo cammino proprio per dimostrare che le voci possono essere ascoltate, i recinti si possono abbattere, che insomma uno spazio c’è, una luce può essere accesa.

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