Una lettera da organizzazioni cattoliche: la nostra risposta, le nostre proposte, perché non aderiamo alla loro richiesta

Abbiamo ricevuto un documento da alcune organizzazioni cattoliche di livello locale o provinciale. Tra queste ci sono ACLI, Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Associazione Medici Cattolici Italiani, Azione Cattolica, Centro di Aiuto alla Vita, Comitato Scienza e Vita, Consultorio Familiare UCIPEM ODV.

Chiedono di dare priorità al “tema della natalità e delle politiche familiari”, di aderire ad un “Network nazionale dei Comuni amici della famiglia”, di collaborare per “agevolare il coordinamento delle varie iniziative e delle varie realtà che operano a favore della natalità, dell’infanzia e delle famiglie”. Ci è sembrato non solo corretto ma anche doveroso rispondere, a partire dai valori su cui ci basiamo per la nostra azione politica quotidiana.

Noi crediamo che la priorità vera sia quella dei diritti delle persone: donne, bambine e bambini, anziane e anziani, tutte e tutti coloro che in questo mondo soffrono a causa dell’ingiustizia e delle disuguaglianze. I fronti su cui secondo noi occorre agire sono molteplici e sul piano comunale interessano il diritto alla casa, il contrasto alla povertà, i servizi in generale e quelli per i diritti dell’infanzia e delle persone anziane, le politiche per uscire dalla precarietà del lavoro, quelle per l’autodeterminazione delle donne.

Per il diritto alla casa, si deve partire dal recupero del patrimonio pubblico inutilizzato e dal superamento delle albergazioni, che traumatizzano bimbe e bimbi. Vogliamo un Fondo Unico di Contrasto alla Povertà superando la logica dei bonus: servono percorsi di uscita dalla povertà, mentre i bonus tengono chi li riceve nelle stesse condizioni.

Bisogna anche potenziare i servizi gratuiti a 360 gradi: dal trasporto pubblico locale (gratuito nel medio termine), all’istruttor3 fisic3 , l’infermier3 e l’assistente sociale di quartiere, a 5 Case di comunità, alla mediazione di quartiere. Serve una marcata territorialità e deve essere finanziata con la fiscalità generale, con una tassazione fortemente progressiva e con la lotta all’evasione e all’elusione fiscale.

Tutto questo deve essere fatto avendo al centro il diritto all’autodeterminazione delle donne. Una città a misura di donna mette in grado tutte e tutti di scegliere e offre alle donne le opportunità per definire liberamente il proprio futuro, a partire dal lavoro e dalla maternità. Siamo figlie e figli della grande riforma del Paese nata dai movimenti femministi, e in primis dalla loro conquista del diritto all’aborto. Rigettiamo il modello centrato sulla famiglia e sulla donna nella sua mera funzione riproduttiva: vogliamo che si possa scegliere se diventare madri e, nel caso, che siano garantiti diritto a servizi e sostegni, a partire da molti più consultori, che devono essere meno poliambulatori e più luoghi di promozione della salute e di autodeterminazione. Il primo punto è: fuori i medici obiettori dal servizio pubblico del territorio, fuori le associazioni pro vita.

Non solo: è ineludibile parlare della violenza, che ha numeri in costante aumento. E il 70% delle violenze avvengono in famiglia e i maltrattanti sono “insospettabili”: padri, mariti, figli, fratelli… Per questo vanno aumentate le risorse al Centro antiviolenza che da 20 anni è il servizio di riferimento della comunità.

Vogliamo un assessorato per le politiche di genere e contro il patriarcato, vogliamo che il Consiglio Cittadino per le Pari Opportunità sia uno spazio di ricerca, confronto e partecipazione delle donne, che valorizzi i luoghi di autorganizzazione schierandosi contro la repressione dei movimenti e che metta al centro la rimozione degli ostacoli ai percorsi di liberazione delle donne.

Per noi, infine, la famiglia non è solo un nucleo fatto di un uomo e un donna con i loro figli e le loro figlie: questa è una delle famiglie possibili, ma esistono anche le famiglie con genitori LGBTQI+, in coppia, single o separati. Tutte hanno diritto ad essere tutelate nello stesso modo, e tutte le figlie e tutti i figli hanno lo stesso diritto ad essere riconosciuti come figlie e figli di questi genitori.

Quindi no, il comune da noi amministrato non entrerà in un “Network nazionale dei Comuni amici della famiglia”, ma supporterà tutte le donne nella loro autodeterminazione e le diverse forme di famiglia nel loro percorso di riconoscimento, perché famiglia è chi famiglia fa.

Una città in comune

Lettera delle associazioni sulle “Politiche familiari per la natalità e a sostegno della famiglia”

Qui puoi scaricare la risposta di Una città in comune alla lettera

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