“Vogliamo il sussidio di disoccupazione”, i ricercatori precari chiedono l’estensione delle tutele

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L’Assemblea dei ricercatori non strutturati di Pisa lancia una petizione per chiedere di definire i provvedimenti necessari a tutela dei precari prima dell’entrata in vigore dei decreti attuativi del Jobs Act 2015
“Dopo il susseguirsi delle varie riforme universitarie – scrivono i ricercatori precari pisani riuniti dietro la sigla ADI – la crescente mancanza di risorse dedicate alla ricerca ha portato ad una progressiva precarizzazione del sistema universitario”.
“La mancanza di turn-over e la scomparsa di figure come il ricercatore a tempo indeterminato, hanno fatto si che attualmente l’organico accademico sia costituito prevalentemente da figure non strutturate come: titolari di borse di studio, dottorandi, assegnisti di ricerca e ricercatori a tempo determinato”, scrivono.
Per evidenziare quelle che considerano le carenze dei dispositivi previdenziali legati alla nuova normativa sul lavoro conosciuta come Jobs Act i ricercatori non strutturati lanciano una petizione che potrà essere sottoscritta fino al 14 aprile 2015 e che punta a consegnare le firme raccolte alla locale sede dell’INPS per discutere e definire i provvedimenti necessari a tutela degli assegnisti di ricerca prima dell’entrata in vigore dei decreti attuativi del Jobs Act 2015.
“Nell’Università italiana – si legge nel comunicato di ADI – gli assegnisti di ricerca sono circa 15.000, con un netto aumento rispetto agli ultimi anni. Questo fenomeno è legato al fatto che la natura del rapporto di lavoro stipulato per questa figura è conveniente dal punto di vista economico e non prevede alcuna garanzia nel prosieguo della carriera accademica. Si calcola che se l’attuale situazione persisterà, il 96,6% degli assegnisti verrà espulso dal sistema accademico, mentre solo il 3,4% sarà avviato alla carriera universitaria”.
“Gli assegnisti di ricerca – affermano i precari – inquadrati come lavoratori parasubordinati, hanno l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS pagando, dal 2015, un’aliquota contributiva del 30% del loro reddito annuo (già piuttosto esiguo). A fronte di questo obbligo contributivo, non corrisponde un adeguato riconoscimento in termini di diritti e tutele. In particolare, per gli assegnisti non è prevista dalla normativa attuale nessuna copertura assistenziale sotto forma di sussidio di disoccupazione che possa sostenere il ricercatore al termine dell’attività ed in attesa di accedere a un percorso lavorativo successivo”.
Da qui la richiesta di “un’estensione anche per gli assegnisti del diritto di ricevere, al termine della propria attività, il sussidio di disoccupazione Dis Coll in vigore da 1 maggio 2015, come accade per i lavoratori collaboratori coordinati e continuativi e a progetto” oltre a quella di un adeguamento delle misure di welfare sociale con incremento delle tutele e dei diritti durante il periodo di attività, dalle indennità di malattia agli infortuni fino al congedo parentale”.

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