Anna Maria Rossi: la mia candidatura

Prima d’ora non sono mai stata candidata a consultazioni elettorali amministrative né politiche, ma quando mi sono presentata come candidata nella lista “Una città in comune”, qualcuno mi ha detto: “Ma io non sono estremista”.

Chi mi conosce sa che nemmeno io sono estremista ma anzi sono una pacifista convinta, radicalmente contraria alla violenza e confido che qualunque conflitto possa trovare nella mediazione pacifica e nel confronto una sua composizione, se non totale, almeno parziale.

Penso che l’attuale situazione di crisi sia molto preoccupante e che siano in gioco i principi stessi della democrazia, che se è sempre stata incompiuta nel nostro Paese è ora quanto mai fragile. La povertà e la disoccupazione alimentano il senso di disperazione e di solitudine di molti, con il rischio di radicalizzazione di principi falsamente identitari che possono portare a creare fazioni contrapposte per poi concludersi con le cosiddette “guerre tra poveri”. In questo quadro possono aumentare le tensioni sociali che possono poi sfociare in derive violente e anche al sovvertimento dell’ordine democratico.

Ma “cambiare si può”. La crisi può anche rappresentare un’opportunità di ritrovare valori come la solidarietà e la cooperazione sociale, sferrando un’offensiva contro i modelli liberisti-consumisti che ci sono stati imposti dalla cultura dominante.

Si può avviare un percorso virtuoso che intervenga a fianco di chi ha perso il lavoro o la casa o non l’ha mai avuti. Un buon governo della città deve farsi carico, del disagio personale e sociale dei giovani come degli anziani, deve offrire assistenza a chi ne ha bisogno. Riservando una maggiore attenzione alle fasce più disagiate si può aiutare queste persone a ritrovare fiducia nelle proprie capacità e speranza nel futuro.

Un investimento nel sociale che vada nella direzione di definire un ambito di accoglienza di ciascuno su un piano di uguaglianza quali che siano i suoi valori etici, il suo credo religioso o la sua appartenenza a comunità familiari, etniche, linguistiche o di qualsiasi altro tipo, è un investimento nella pacifica convivenza di tutti i cittadini.

Non si può lasciare spazio a nessuna forma di intolleranza, discriminazione, né razzismo, classismo, sessismo o omofobia, a nessuna forma di violenza dell’uomo sull’uomo, in particolare sulle donne e sui bambini, né sugli altri esseri viventi.

Se si può avviare un processo di inclusione sociale che vada in controtendenza rispetto alle scelte che sono state fatte negli ultimi anni in questa città e se questo processo sarà condiviso da tutte e tutti si potrà fare un grande cambiamento di rotta.

Anna Maria Rossi

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