Comune di Pisa: assegnazione lavori pubblici, il 77% senza alcuna evidenza pubblica

“Tra il 2011 e il 2014 il 70% degli affidamenti di lavori pubblici sono avvenuti tramite affidamento diretto: 454 su 653. E se a questo si sommano gli affidamenti in somma urgenza e le varianti in corso d’opera la percentuale arriva al 77% rispetto al numero totale di affidamenti”.

Non sono parole nostre: sono i numeri sconcertanti e preoccupanti che emergono dal Report del Segretario generale del Comune di Pisa relativo “agli affidamenti dei lavori pubblici nel periodo 2011-2014”, e che denotano come si legge nello stesso documento: “un non soddisfacente grado di trasparenza nelle procedure di affidamento di lavori pubblici, in quanto la maggior parte delle procedure non ha un adeguato livello di pubblicità nei confronti dei potenziali offerenti”.

Dalla stessa Relazione emerge un ulteriore fenomeno: gli affidamenti diretti si concentrano spesso sulle solite ditte. Nel periodo 2011-2014 sono stati affidati lavori ad un totale di 210 ditte per importi pari a 48 milioni, e 900 mila euro. Il 71% degli affidamenti è però concentrato su 50 ditte, che hanno ottenuto circa il 58% dell’importo totale stanziato dal Comune: circa 28 milioni. E’ questa un’altra cattiva prassi amministrativa che viene definita “affezione” e che implica, come si legge ancora nel documento, un “grado di rotazione dei soggetti economici non soddisfacente”.

Tutto ciò porta a pesanti distorsioni evidenziate dallo stesso Segretario generale: c’è il caso di una ditta che, pur non avendo partecipato a nessuna procedura aperta, si è aggiudicata appalti per un importo pari a 1 milione e 200 mila euro in 4 anni, con 45 affidamenti diretti (il 10% degli affidamenti totali fatti dal Comune!). Questo non è purtroppo un fatto isolato: nel rapporto si legge di altre imprese che hanno avuto, nello stesso arco di tempo, 30 affidamenti diretti (per un importo pari a 458 mila euro) e 20 affidamenti diretti (per 502 mila euro).

Ancora: l’81% degli affidamenti diretti sono stati a favore di ditte con sede in Provincia di Pisa; una tendenza che si inverte, invece, nel caso delle procedure aperte, dove le imprese con sede in Provincia di Pisa sono il 33%.

Dalla lettura congiunta di questi due fenomeni – l’elevato indice di “regionalizzazione” e l’alto grado di “affezione” – emerge un grave problema all’interno del Comune di Pisa come evidenziato nella Relazione, ovvero: “il rischio di un restringimento del mercato a un numero di soggetti limitato, che possono porsi in un rapporto preferenziale con l’amministrazione”.

Tutto ciò accade perché l’amministrazione Filippeschi non è in grado o non vuole pianificare una programmazione sistematica degli interventi, mentre questo sarebbe il principale e più importante antidoto contro il frequentissimo ricorso alla procedura negoziata e all’affidamenti diretto.

Senza contare che queste modalità d’agire hanno pesanti effetti sulle casse comunali: infatti, quando sistematicamente non c’è programmazione è molto difficile esercitare economie di scala che invece permetterebbero di agevolare l’economicità dell’azione amministrativa. Al contrario, così, si determinano incrementi di spesa anche notevoli con spreco di denaro pubblico, rendendo per di più difficile, se non impossibile, qualsiasi forma di controllo pubblico sulla miriade di atti e provvedimenti ad hoc che vengono prodotti.  Con questo sistema regna la discrezionalità, vista l’assenza di qualsiasi standard e procedura con cui si definiscono e si limitano con chiarezza i casi in cui è possibile ricorrere alla procedura negoziata o all’affidamento diretto.

Occorre ricordare che nelle Relazioni sul controllo di regolarità amministrativa del 2013 e del 2014 erano già state messe in luce queste stesse distorsioni: “il ricorso sistematico alla procedura negoziata quale modalità di scelta del contraente, il problema dei criteri di selezione delle imprese, lo scarso grado di rotazione degli operatori economici”, evidenziando come questi comportamenti non avessero “un carattere occasionale ma fossero vere e proprie abitudini”.

 

Una città in comune
Partito della Rifondazione Comunista

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