Ex Colorificio, per i civatiani serve il coraggio del dialogo

TIRRENO (POLTRONE PISANE di Luca Daddi)
Il Comitato “Pisa per Civati” chiede al Comune un atto di coraggio per trovare una soluzione alla vicenda dell’ex Colorificio Liberato. E invita il Partito Democratico a non evitare il confronto sui temi che gli occupanti della fabbrica dismessa hanno posto, a partire da quello della socialità diffusa fino a quello dei beni comuni.

L’intervento che Stefano Fabbri (nella foto), uno dei leader dei civatiani, ha inviato ai giornali si intitola “Il coraggio del dialogo”. E’ lungo per gli standard giornalistici, ma merita leggerlo tutto.

«La vicenda dell’ex-Colorificio (nella foto in basso) occupato pone a nostro avviso alcune questioni di estrema rilevanza per la città. Infatti non ci pare che la vicenda stessa – come spesso accade per problemi di carattere sociale – sia riconducibile esclusivamente ad una dinamica legata al rispetto della legalità o all’ordine pubblico. La città sembra infatti faticare ad affrontare il problema della socialità diffusa e quindi degli spazi di aggregazione non istituzionali (problema che investe anche gli spazi per attività sportive e culturali). Investimenti sono sicuramente stati operati in strutture la cui fruibilità è però spesso oggettivamente limitata dal loro aspetto – appunto – istituzionale, il che si traduce in burocratizzazione, limitazioni alla fruibilità, contrapposizione tra cultura ufficiale (”alta”) ed espressione di una cultura autenticamente popolare. Se poi si pensa allo sport si deve riconoscere che gli spazi a libera fruizione sono pochi, e l’impiantistica esistente versa in uno stato di degrado pesantemente accentuato dal generale stato di crisi che impone ristrettezze anche nei semplici interventi di manutenzione».
«Nello specifico – sottolinea il Comitato “Pisa per Civati” – la realtà dell’ex-Colorificio rappresenta un’esperienza sicuramente importante in città, a fronte della quale è necessaria, in primo luogo, una oggettiva e cosciente presa d’atto. Servono quindi risposte coraggiose ed una capacità di ascolto, riconoscimento ed accoglienza reciproca tra promotori (in primo luogo Rebeldia) ed amministrazione comunale: siamo infatti di fronte ad una situazione che rischia di degenerare in un aspro conflitto di ordine politico, ma prima ancora sociale, di cui poi le prime vittime sarebbero i giovani e i bambini che hanno trovato nell’ex-Colorificio un punto di riferimento e di aggregazione. Non si può poi negare che il problema del riconoscimento della realtà dell’ex-Colorificio si innesta nella più generale situazione di difficoltà che vive l’associazionismo in città: Pisa è stata, e continua ad essere, un laboratorio di partecipazione di base ed associativa tra i più brillanti ed importanti in Italia».

«A fronte di questa situazione – che rappresenta per la città un enorme valore aggiunto in termini sociali e culturali – sarebbe necessaria una politica di più ampio respiro in cui sia garantita a tutte le associazioni pari dignità e spazi di aggregazione, senza prevaricazioni ma anche senza veti o ostracismi. In questo senso sarebbe importante anche un ripensamento delle scelte sul territorio aprendo spazi di vivibilità e socialità in aree che oggi versano in una situazione di degrado, oppure coniugando scelte urbanistiche con una valutazione della dimensione sociale di tali scelte. Ad esempio – una tra le varie proposte già in campo – perché non ripensare all’area degli impianti sportivi (palazzetto dello sport, campo scuola, piscina) come ad un possibile polmone verde con spazi a disposizione per associazioni (con la possibile costruzione anche del nuovo stadio che libererebbe un’area centralissima per una enorme parco cittadino). Oppure perché non partire dalla vicenda legale legata all’ex-Colorificio per una scelta coraggiosa da parte dell’amministrazione comunale (sulla scia di scelte analoghe effettuate da altri comuni toscani) con cui si vincolino le aree dismesse e senza più appetibilità di ordine industriale, ad una destinazione d’uso per spazi sociali ed aggregativi? Questo senza voler necessariamente dare una valenza ideologica alle scelte, e quindi anche a contrapposizioni che spesso appaiono venate da strumentalità politica, ma mirando ad un reale riconoscimento della socialità come valore fondante la comunità, quand’anche essa si esprima in forme autogestite o dal basso e non necessariamente istituzionalizzate».
«In questo senso – concludono i civatiani – va un nostro appello al Partito Democratico che si appresta a celebrare un congresso importante anche a livello locale: un partito che teme il confronto, anche aspro e dialettico, su questi temi, è un partito che non ha futuro. Questi temi, infatti, come molti altri figli della crisi non solo economica ma anche morale e culturale che stiamo vivendo, sono quelli su cui giocheremo il futuro stesso dell’idea di sinistra in Italia. Quindi chiediamo il coraggio del confronto, la fatica dell’ascolto, l’umiltà della mediazione come elementi fondanti l’esperienza stessa del partito che esprime il governo della città e quindi ha su di sé il peso e la responsabilità delle scelte presenti e future per la crescita della città come comunità coesa, solidale, come polis».

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