Il Primo Maggio e il lavoro che non c’è

Ogni anno diventa sempre più difficile festeggiare il Primo Maggio. Sembra esserci poco da festeggiare in un momento in cui tante persone perdono il lavoro, in un momento in cui i più fortunati, quelli che il lavoro ce l’hanno, sono costretti a condizioni indegne, a ricatti continui, a lavorare a tempo pieno con contratti a part time, ad accettare contratti demansionati, a lavorare al nero, a lavorare gratis…

Ogni anno la ricorrenza della Festa del Lavoro sembra essere sempre di più uno scherzo di cattivo gusto per tutti quelli che il lavoro l’hanno perso. Ogni giorno l’elenco si allunga: l’ultimo drammatico caso che ci riguarda da vicino sono i 200 dipendenti dell’azienda Smith di Saline di Volterra, che la multinazionale Schlumberger vuole mandare a casa. La crisi sta colpendo duro, lo dicono tutti. Ma la crisi non è una catastrofe naturale, caduta dal cielo e contro cui non possiamo fare altro che abbassare il capo e cercare un rifugio sicuro. La crisi è frutto di precise scelte economiche fatte dalle multinazionali, dalle banche e dai governi che le appoggiano. Noi dobbiamo alzare la testa e dire che contro questa crisi pretendiamo una politica in grado di contrastarla, una politica che difenda prima di tutto il lavoro. Non a parole, ma con i fatti.

La mattina del Primo Maggio ho deciso di andare al corteo di Castelfranco con i lavoratori del comprensorio del cuoio, per marciare insieme in nome del lavoro, di quel lavoro degno di cui parla la Costituzione Italiana. Al lavoro deve corrispondere una retribuzione proporzionale alla sua quantità e qualità, in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa: questo c’è scritto nella Costituzione italiana. Sono parole di 70 anni fa, sono il frutto della Resistenza e della lotta di Liberazione. È il patrimonio comune più prezioso che abbia l’Italia e non possiamo gettarlo alle ortiche.

La Festa del Primo maggio oggi, in tempo di crisi, ha un senso ancora più forte: lottare perché quelle parole non siano vuota retorica, perché le persone che sono morte per quelle parole non siano morte invano. Perché quelle parole ci aiutano a lottare per un futuro degno, per un lavoro degno.

Il Jobs Act è il più pericoloso attacco alla Costituzione portato avanti dal Governo Renzi, è la negazione stessa del concetto di Repubblica democratica fondata sul lavoro. Non possiamo accettare che Enrico Rossi e il PD toscano vogliano fare della nostra regione il laboratorio del Jobs Act. Insieme alla lista di Tommaso Fattori diciamo Sì alla Costituzione Italiana e alla dignità del lavoro. Insieme ai lavoratori e a chi il lavoro non ce l’ha.

Dia Papa Demba

candidato alle elezioni regionali nella lista SI’-Toscana a sinistra (collegio elettorale di Pisa)

Condividi questo articolo

Lascia un commento