«La fabbrica è come nostra» Pisa dice no allo sgombero

TIRRENO, pagina 8 (di Pietro Barghigiani)
Il colorificio abbandonato, occupato un anno fa, ospita laboratori d’arte, cinema, biblioteca, spazi per bambini. II giudice ha ordinato la riconsegna alla proprietà
Al posto delle vernici ci sono i colori. Prima erano un prodotto. Ora fanno da quinta con murales e graffiti a una nuova esistenza per uno stabilimento rianimato dopo la chiusura del 2009.1120 ottobre sarà un anno. Dodici mesi di occupazione di un immobile vuoto e inutilizzato, quello dell’ex Colorificio, di cui il Tribunale di Pisa ha disposto il sequestro accogliendo il ricorso della Procura su istanza della proprietà, la JColors di Lainate. Mala prima candelina potrebbe non essere spenta dal Municipio dei Beni Comuni, l’organismo che raccoglie una pluralità di associazioni pisane, con Rebeldia in testa, che hanno eletto a domicilio gran parte di una superficie di 14mila metriquadrati.
È un’occupazione che va oltre il possesso di uno spazio. Questione antica e mai risolta quella dei fabbricati in abbandono “recuperati” motu proprio da chi reclama luoghi di incontro e di socialità. A Pisa, però, l’ex Colorificio Toscano, poi battezzato “Liberato”, è diventato un fenomeno che è andato oltre l’ideologia che un retaggio sessantottino potrebbe ricondurre allo spauracchio del padronato, quello degli espropri proletari. Per natura e prospettiva è qualcosa di più e di diverso. Ecco perché il fermento che dà linfa vitale agli inquilini di via Montelungo non ha avuto solo un avallo di principio filosofico su chi, a prescindere, è contro rendite di posizione e palazzinari. È accademica e diffusa una copertura giuridica sull’operazione che promuove il caso oltre i confini nazionali come un laboratorio sul concetto di proprietà. Il Consiglio d’Europa ha scelto l’ex Colorificio come esperienza di buone pratiche per promuovere la condivisione e il riuso delle risorse ambientali, sociali e culturali. Decine di docenti universitari dai nomi illustri che vanno da Salvatore Setti s, ex direttore della Normale a Paolo Maddalena, già al vertice della Corte Costituzionale e a Stefano Rodotà, ex garante della privacy si sono arruolati sul fronte a difesa dell’occupazione. Dino Pagliari, ex giocatore pensante e allergico a ogni conformismo, ora tecnico del Pisa, ha dato il suo endorsement alla causa: «Quell’ esperienza va tutelata e replicata». Il rovello legale approderà in Cassazione. La sentenza del Tribunale sarà impugnata. Il quesito è semplice: un immobile privato dismesso può essere occupato a servizio e nell’interesse della comunità? I giudici della Suprema Corte dovranno stabilire se la proprietà privata può diventare, a fin di bene, collettiva. Esistono gli espropri per pubblica utilità per costruire strade e parcheggi con il privato che riceve un indennizzo. Per un’occupazione del genere chi si accolla il risarcimento? «Quel fondo è iscritto a bilancio per 6 milioni di euro – afferma il consigliere delegato della J Colors, James Junghanns – Ci paghiamo l’Imu e abbiamo presentato una richiesta di cambio di destinazione in parte a residenziale». I sostenitori dell’occupazione citano la Costituzione con i giuristi che «ritengono prevalente l’azione di valorizzazione dell’immobile rispetto allo stato di abbandono e di degrado cui esso stesso è sottoposto, di per sé idoneo a configurare un’ipotesi di abuso del diritto di proprietà». Gli appelli degli occupanti non hanno scaldato troppo l’amministrazione di centrosinistra. Piovono critiche all’indirizzo del sindaco Marco Filippeschi (Pd) e dell’assessore alla Cultura, Dario Danti (Sei). La colpa? Non essersi mai schierati con forza contro lo sgombero ormai imminente. Una diaspora a sinistra che trova il suo ring naturale nella gestione dell’ex Colorificio Liberato.
Negli ampi stanzoni vive una cittadella. Non proprio una “Comune”, malo spirito è quello di condividere e aprirsi al confronto. Fausto Pascali andrà a Strasburgo al Consiglio d’Europa a raccontare il caso Pisa. «Almeno un centinaio di persone ogni giorno usufruiscono dei servizi che sono stati allestiti in modo spontaneo – spiega -. È capitato che per dibattiti e concerti siano arrivati anche in 2mila». Dove un tempo c’erano uffici e macchinari ora si trovano laboratori artigianali per fare sculture, abiti e ceranuche, una palestra, una sala per le proiezioni di film. Ma anche uno spazio per i bimbi, uno dove fare mostre, insegnare l’arabo. Si salgono scale e si scoprono nuovi ambienti. Una cucina, una biblioteca e un capannone per il teatro, ma anche una sala di registrazione e una web radio. «Poco alla volta abbiamo ripulito e recuperato stanze – aggiunge Pascali -. L’ex Colorificio è aperto a tutti. Abbiamo dimostrato che la città aveva bisogno di spazi. Non è stata un’occupazione fine a se stessa. È un sogno che si concretizza. Ci fanno svegliare, ma resisteremo». Su una parete istoriata di graffiti si legge: “La libertà comincia dove finisce l’ignoranza”.

SALVATORE SETTIS, EX DIRETTORE DELLA NORMALE
E’ un delitto contro la cittadinanza
Perde i diritti chi lascia all’incuria e non rispetta il luogo che possiede

«Vogliamo far prevalere un astratto diritto alla proprietà invece di sostenere un gruppo di cittadini che ha restituito alla città uno spazio del genere?»
Salvatore Settis, ex direttore della Normale di Pisa, storico dell’arte e archeologo, fustigatore instancabile del vezzo italiano di non tutelare a dovere il patrimonio paesaggistico e culturale della penisola, è da sempre schierato a favore dell’occupazione dell’ex Colorificio Toscano.
La sentenza dà ragione alla proprietà.
«Non sono un tecnico del diritto e su questo non mni pronuncio. Però, vorrei raccontare la mia esperienza sulla vicenda».
Prego.
«Intanto, le pratiche messe in atto all’ex Colorificio Liberato si collegano ad un’idea di cittadinanza che recupera ciò che è lasciato a colpevole incuria. Abbandonare uno stabile così grande a due passi dal Duomo è un delitto contro la cittadinanza. Detto questo posso dire di essere stato almeno tre volte nello stabilimento».
Visite che hanno rafforzato la sua idea di una occupazione giusta?
«Si tratta di persone che si sono date da fare in varie attività. Ho visto iniziative culturali e artigianali. C’è un impegno civile e interessante. Vorrei invitare tutti gli amministratori locali a visitare quel luogo».
Cosa l’ha colpita di più di quell’esperienza?
«Cito un esempio. La proprietà se ne è andata abbandonando gli archivi personali degli operai. Li ha lasciati in una stanza. I ragazzi, invece, hanno recuperato e sistemato quelle pratiche. Allora mi domando. Chi non rispetta il luogo che possiede come può pretendere di voler esercitare il diritto di proprietà?» (p.b.)

JAMES JUNGHANNS, CONSIGLIERE DELLA J COLORS
Su quell’area voghamo costruire
«Non ci sono margini di trattativa. E le sentenze si rispettano»
Non ci sono margini per un accordo. Il proprietario Carlo Junghanns (nella foto) è deciso a rientrare nel pieno possesso del bene e commenta con soddisfazione l’esito della sentenza del Tribunale che accoglie il ricorso della Procura. Ne abbiamo parlato con il figlio, James Junghanns, consigliere delegato della j Colors Spa.
Ora sarete contenti dello sgombero…
«Le sentenze non si commentano, si rispettano. Ovviamente siamo soddisfatti del giudizio. Dal 20 ottobre 2012 ci veniva impedito di disporre di un bene di nostra proprietà. Tale impedimento e sottrazione è un reato previsto dall’articolo 633 del codice penale. Essendo questa vicenda nata da un reato e da una sottrazione perpetrata a nostro danno ci risulta difficile concedere alle pretese degli occupanti legittimazione alcuna. Si è a più riprese parlato di abbandono, abbiamo ampiamente documentato alle competenti autorità che ciò non corrispondeva al vero e poiché non è ammissibile che ad un particolare soggetto giuridico vengano sottratti i suoi diritti reali da altri soggetti privati ancorché riuniti in associazione. Solo lo Stato può esercitare questa costrizione attraverso l’esproprio e questo non è avvenuto».
Una possibilità di intesa con gli occupanti esiste?
«Non esistono margini di trattative. Non ci è stato chiesto il permesso per entrare in quella area e non abbiamo intenzione di chiedere scusa per esserne rientrati in possesso».
Come intendete utilizzare lo stabilimento?
«A luglio abbiamo presentato una richiesta di cambio di destinazione d’uso. Al di là delle accuse di voler speculare che ci vengono mosse, la nostra richiesta è di adibire uno spazio per residenze collettive riservate a studenti e anziani. Non sono attività sociali, ma comunque utili per la situazione di disagio abitativo studentesco pisano». (p.b.)

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