Nessun racket, solo persone che cercano di lavorare

Un video con il quale diamo voce ai ragazzi che in questi giorni sono finiti loro malgrado al centro di un caso.

Non esiste nessun racket dei parcheggiatori abusivi, esistono solo persone colpite dalla crisi come tante altre, persone che cercano di fare un lavoro onesto per poter sopravvivere.

 

Ecco il comunicato di Africa Insieme e Progetto Rebeldia

 

«Parcheggiatori», «abusivi», «clandestini». Con queste parole, agitate come armi, si descrivono le vite di poche decine di migranti senegalesi, che chiedono qualche spicciolo ai lati delle strade. Li incontriamo nelle piazze del centro cittadino ormai da anni, e i passanti sono abituati alla loro presenza: c’è chi si ferma a parlare con loro, chi li conosce e li chiama per nome, chi invece li evita e passa oltre. In ogni caso, nessuno si stupisce di trovarli lì, al parcheggio, a chiedere un po’ di soldi per vivere.

Eppure, a sentire la politica locale, questa presenza è diventata fastidiosa, insopportabile, addirittura violenta e prevaricatrice. Si fantastica di un “racket dei parcheggiatori”, senza alcuna evidenza investigativa che supporti un’ipotesi così grave: e nel frattempo – invece di proteggere le vittime di questo presunto “racket” – si fanno retate e “raid” proprio contro di loro.

Nessuno, tra gli attori della politica cittadina, si è mai fermato a parlare con questi migranti senegalesi. Eppure le loro storie hanno molto da raccontare, e molto da dirci. Alcuni abitano a Pisa da decenni, altri da pochi anni. Hanno spesso lavorato nelle fabbriche, a Santa Croce ma anche nel Nord Italia, facendo lavori pesanti e pericolosi: poi la crisi ha avuto un effetto devastante sulle vite di tutti, e anche sulle loro. Molti sono stati licenziati, e la vita è cambiata: se sei straniero e disoccupato, è più difficile rinnovare il soggiorno, e c’è il rischio di finire nell’irregolarità.

Eppure questi ragazzi non si sono persi d’animo, e hanno fatto quel che era possibile: hanno aperto una partita IVA e una piccola attività di ambulante, e hanno deciso di vendere piccoli oggetti ai passanti, nei parcheggi o ai mercati. Certo non è un lavoro vero e proprio, ma – dicono spesso i ragazzi senegalesi – è un’attività che ti consente di sopravvivere senza rubare, senza borseggiare, senza far del male a nessuno. Non chiedono soldi per parcheggiare l’auto – a quello ci pensano già le salate tariffe della Pisano – ma ti mostrano lo loro merce (accendini, fazzolettini, braccialettini, elastici per capelli…) e chiedono se vuoi qualcosa. Non ci sono prezzi, sostanzialmente si decide se e quanto pagare. Peraltro la loro presenza è anche un presidio di sicurezza, soprattutto la sera, quando i parcheggi sono bui e desolati.

Le grida un po’ isteriche che si sono rincorse in queste settimane – dall’amministrazione comunale che ventila “task force anti parcheggiatori”, alla Prefettura che vorrebbe multare i cittadini quando fanno “un’offerta” ai venditori ambulanti – non vanno al cuore della questione, e anzi aggravano i problemi. Se vi sono stati singoli casi di violenza o di attività illecite, si individuino i colpevoli, ma non si criminalizzi un’intera categoria: non serve a nessuno, nemmeno alla “sicurezza” così spesso evocata, e a sproposito. In questo panorama, infatti, la Lega Nord si è sentita legittimata, nel corso di una iniziativa al mercato Paparelli, ad inveire contro dei ragazzi migranti fino a farli allontanare.

La strada per affrontare questi temi è, come sempre, quella di interpellare le persone che subiscono, oltre alla precarietà abitativa, lavorativa e di soggiorno, anche allontanamenti coatti quotidiani, da quello che è per loro “il posto di lavoro”.

Le azioni promosse a livello istituzionale, mentre solleticano la “pancia” dell’opinione pubblica alla ricerca affannosa di consensi, si guardano bene dal proporre politiche serie che tengano in considerazione ogni attore. E questo contribuisce a diffondere intolleranza, fino a “normalizzarla” nel senso comune.
È tempo di cambiare strada, e di aprire un tavolo di ascolto e di confronto con i diretti interessati.

 

Associazione Africa Insieme
Progetto Rebeldia

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