Non perdiamo nulla se chiude Rebeldìa

TIRRENO PISA, pagina VII
Eminenti personalità si scandalizzano perla sentenza che riconsegna alla proprietà l’ex colorificio occupato da Rebeldìa (ribattezzatasi Municipio dei beni comuni) e accusano l’amministrazione comunale di non aver difeso l’occupazione abusiva, recando danno alla cultura e alla cittadinanza. Eppure la stragrande maggioranza dei cittadini pisani non ha mai sentito la necessità di fruire delle iniziative di Rebeldìa, anzi chi ha avuto la ventura di averle sottocasa (a portata d’occhio e orecchie) se ne è doluto. Ma i sostenitori si chiedono con retorica demagogia: «Dove sarebbero oggi adulti e bambini,che lo frequentano, se non fossero nel l’ex colorificio?». Ogni cittadino obiettivo sa che potrebbero essere, legalmente, negli spazi comunali di viaToscano. Ma Rebeldia rifiutò di concorrere al l’assegnazione perché, appunto, sono ribelli, il “laboratorio delle disobbedienze”, i nemici del potere. Questo è il fatto chea alcuni sfugge. Al di là di laboratori come sartoria, artigianato, riparazione di cicli e altre comunissime attività, svolte da decine di associazioni in tutta la città, che possono destare “sorpresa” solo in chi, probabilmente, non si è mai messo un toppino alla bici, la vera attività ricreativo culturale che Rebeldìa ama svolgere è giocare alla disobbedienza, all’antagonismo, peratteggiarsi a discriminataeperseguitata paladina difensore delle “socialità”. Quindi giù attacchi e critiche al l’amministrazione comunale che non si è recata in loco avedere le loro attività. Forse anche perché le conosce già, per essere state ospitate, per anni, in locali pubbl ici, gratis e con nocumento perla cittadinanza e i contribuenti. Si cerca di dare dignità politica a questo “giocoso” ribellismo citando la Costituzione circa l’utilità sociale che giustamente deve avere la proprietà privata. lo stesso richiamai gli articoli 41,42 e 43 sulla stampa, nel 2011, per chiedere ai nostri politici l’esproprio della Fiat per preminente interesse sociale quando Marchionne minacciava la fuga, mavi fu solo il riscontro di Confindustria Toscana che riportò la lettera nella sua rassegna stampa. La questione è ancor più pregnante oggi per casi come l’Ilva o molte delocalizzazioni che recano danno alla libertà e dignità umana. Sollevarla pergarantire il diritto, di minoritarie frange giovanili residenti in città,aproseguire in serate di sbali i con musicafracassona, birra e quant’altro però la sminuisce, la ridicolizza e avvilisce più del l’indifferenza di troppi verso la tutela di diritti fondamentali come il lavoro. Infine, tornando all’ex Colorificio, credo che Pisa e i pisani non perderebbero assolutamente niente se certe attività “cultura) V’ venissero a mancare.

Claudio Benedettini

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