Sosteniamo la mobilitazione dei lavoratori del Teatro di Cascina. La lettera del lavoratore licenziato.

Una città in comune sostiene la battaglia dei lavoratori del Teatro di Cascina che in questi giorni hanno scioperato per chiedere di  “Evitare i licenziamenti e aprire un confronto costruttivo con i lavoratori”.

Invitiamo tutti a firmare l’appello di sostegno ai lavoratori del teatro che si può trovare a questo link:
https://www.change.org/p/sostieni-ilavoratoridellacittadelteatro-di-cascina-per-evitare-i-licenziamenti-e-aprire-un-confronto-costruttivo

Riteniamo inaccettabili gli attacchi piovuti sui lavoratori da parte del sindaco di Cascina e da tanta parte della stampa locale a seguito dello sciopero dei giorni scorsi.
Questi attacchi, oltre a svilire il diritto costituzionale allo sciopero, non entrano minimamente nel merito delle questioni poste dai lavoratori.

Da mesi la Fondazione Sipario Toscana, che gestisce il teatro,  ha avviato una operazione di riduzione del personale,
adducendo necessità di “risanamento di Bilancio” e lo ha fatto rifiutando ogni confronto con i lavoratori e con i sindacati.

Senza alcuno confronto con i lavoratori, il 6 febbraio scorso la Fondazione ha licenziato Giuliano De Martini, direttore tecnico che lavorava in quel teatro da 25 anni.
In seguito, dopo aver rimandato più volte gli incontri programmati con i sindacati e liquidato le proposte dei lavoratori come “irrisorie” il c.d.a. della Fondazione ha deciso di non presentarsi al tavolo di trattative programmato per il 5 marzo scorso.
Da qui la “dolorosa” decisione dei lavoratori di entrare in sciopero.

Pubblichiamo qui di seguito la lettera che Giuliano De Martini ha inviato alla stampa.

Intervengo per la prima volta in merito ad alcune questioni apparse negli ultimi mesi sui quotidiani che riguardano la mia persona e la soppressione del mio posto di lavoro che non ha altra motivazione che un ipotetico risanamento di bilancio della Fondazione Sipario Toscana.
La prima cosa che ho da dire è che sono stato licenziato. Non è un’ipotesi (per fine marzo) come si continua a scrivere. Dopo 25 anni di lavoro, ho ricevuto la lettera datata 6 febbraio. Senza un confronto, senza, come si continua a scrivere, “offerte di collaborazioni a giornata” né niente di simile. Dell’intenzione sono stato informato dai giornali e della decisione da una raccomandata.

Fine.

Se la dirigenza avesse voluto incontrarmi, magari, avrei potuto ricordare che sono una persona, che ho 38 anni di esperienza di teatro che ho cominciato a lavorare da bambino, collaborando con tanti, anche con Eduardo -per dire- ma chi se lo ricorda più Eduardo?
Avrei dichiarato la mia disponibilità a rinunciare all’indennità legata alla funzione di direzione tecnica, convinto come sono che la possibilità che il teatro sopravviva e che la salute mia e dei miei cari valga molto di più di quella cifra.
Ma mi è parso chiaro dalla lettera di licenziamento e dall’ultima dichiarazione del sig. sindaco (il quale pare reputare un privilegio l’avere un posto di lavoro) che dichiara lapidario “non me ne frega niente”, che aprire spazi per un confronto non interessi.
Tengo a precisare che il mio “costo azienda” (quella è la cifra apparsa sui giornali) è quello stabilito dal Contratto Nazionale del Lavoro, niente di diverso. Timbravo il cartellino di quel posto da un quarto di secolo, perciò fare paragoni (com’è stato scritto) con chi collabora senza obblighi di presenza è capzioso e sleale. Il bilancio alleggerito del mio costo, rimedierà un deficit pesantissimo?
Nonostante tutto mi augurerei di sì. Come mi auguro che si sia tenuto conto dei costi di chi sarà chiamato a svolgere le miei mansioni.
In questi tanti anni, assieme ai miei colleghi, abbiamo cercato di contribuire ad un progetto culturale. Abbiamo vissuto tante vicissitudini per decisioni non nostre. Atteso i nostri stipendi anche per mesi. Ma per noi il bene del teatro è sempre stato al primo posto.
Ricordando questo, mi permetto di commentare i giudizi espressi su una cosa che non mi riguarda più – col licenziamento ho perso anche questo diritto – lo sciopero di questi giorni. Mi pare evidente che sia stata una scelta estrema di fronte a una situazione estrema. Liquidare l’esercizio di un diritto facendo la contabilità dei danni, dimenticando i danni, incomparabilmente più gravi, che nel corso del tempo sono stati fatti da coloro che hanno avuto le responsabilità politiche che ci hanno portato fin qui, mi pare francamente una grave mistificazione.
Detto quel che avevo da dire, d’ora in poi, chiederei che il mio nome restasse fuori dalle pagine dei
giornali, non sono uno abituato a stare sotto i riflettori, ma dietro.

Saluti,

Giuliano De Martini

 

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