Accoglienza migranti: sì in centro città, no agli appalti al massimo ribasso

Davvero l’arrivo di qualche decina di richiedenti asilo può mettere in ginocchio la città, o addirittura compromettere la stagione turistica? Questo lascerebbero pensare le dichiarazioni del consigliere della Lega Edoardo Ziello, e quelle del Sindaco Michele Conti. La verità è che, ancora una volta, il tema «migranti» viene agitato come specchietto per le allodole per coprire l’insipienza di questa Giunta.

Ripercorriamo brevemente i fatti. Da mesi si sono intensificati gli «sbarchi» sulle coste della Sicilia: era un fenomeno prevedibile – e difatti era stato previsto dalle Ong e dagli osservatori più attenti – che poteva e doveva essere gestito in modo razionale. Si trattava in fin dei conti di organizzare il soccorso e l’accoglienza dei nuovi arrivati: nulla di straordinario, per un Paese che ormai da più di trent’anni è meta di consistenti flussi migratori. Continuare a parlare di emergenza, quando assistiamo a un fenomeno strutturale, è un insulto alla razionalità e al buon senso: eppure, il governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di fare la voce grossa, ha proclamato «l’emergenza sbarchi», ha invocato rimpatri ed espulsioni impraticabili. Risultato: il sistema di accoglienza è finito nel caos, e i migranti sono stati trasferiti nei territori senza alcun piano, come se fossero pacchi ingombranti di cui disfarsi.

In questo clima di confusione, le Prefetture cercano oggi luoghi dove accogliere i richiedenti asilo. A Pisa viene individuato un edificio non lontano dalla Torre Pendente: ma qualcuno – nello specifico il consigliere Ziello – si erge a difensore degli operatori turistici, e chiede che i migranti siano tenuti lontani dalla Piazza dei Miracoli. Nella visione di chi governa questa città, il centro storico deve diventare un parco giochi per turisti ricchi, ed è bene che tutti gli altri ne siano esclusi. Ziello dice di difendere i «cittadini italiani», ma qui il punto non è la nazionalità: per questa amministrazione, sono «intrusi» non solo i migranti, ma anche gli italianissimi lavoratori che chiedono un alloggio popolare, o che vivono in affitto (quanto costa affittare un appartamento nell’area della ztl? e quante case popolari sono state assegnate in questi anni nel centro storico?).

Di per sé, ospitare i richiedenti asilo in una zona centrale della città sarebbe un fatto positivo, coerente con gli standard nazionali e internazionali dell’accoglienza. Gli alloggi usati oggi per i migranti potrebbero essere messi a disposizione, domani, per altri bisogni, ad esempio per le famiglie che si trovano in condizioni di emergenza abitativa, o per i nuclei iscritti nelle graduatorie Erp. A Pisa la vera “emergenza” è la consolidata incapacità delle amministrazioni che si sono susseguite di creare meccanismi virtuosi, efficaci e efficienti di accoglienza: questa incapacità grava sulla vita quotidiana dei richiedenti asilo, che, arrivati già stremati da giorni/anni di viaggi, sono sistematicamente ostacolati nel loro inserimento sociale.

Nel frattempo, la Cgil denuncia la riduzione del salario dei lavoratori dell’accoglienza, a seguito del cambio di gestione nel centro per migranti di San Jacopo. Il sindacato fa così emergere una questione che viene sempre sottovalutata, quella degli operatori/operatrici sociali che non sono messi in grado di fare il proprio lavoro: l’accoglienza richiede personale qualificato e esperto, non appalti al massimo ribasso e contenimento dei costi.

Come si esce da questa situazione? In primo luogo, il Comune di Pisa dovrebbe rientrare nella «rete Sai», cioè nel sistema nazionale di accoglienza diffusa da cui la Giunta ha deciso di uscire nel 2019 (rinunciando in questo modo anche a cospicui finanziamenti ministeriali). In secondo luogo, debbono essere ripensati i bandi dei centri per richiedenti asilo, in particolare quelli gestiti dalle Prefetture che in questi anni hanno visto un taglio rilevante dei fondi e il ricorso sistematico al massimo ribasso. Infine, la questione dell’accoglienza va ripensata a partire dal più ampio diritto a un’abitazione dignitosa: un diritto che non riguarda solo i rifugiati, ma che tocca ampie fasce del tessuto sociale. E che investe anche l’idea che abbiamo della nostra città: che per noi non è una «vetrina» per turisti, ma un luogo di vita, di lavoro, di socialità e di scambio.

Condividi questo articolo

Lascia un commento