Aeroporto Galilei: uno sviluppo sostenibile è possibile?

Il Consiglio si è giustamente occupato molte volte dei problemi dell’aeroporto cittadino.

Elemento economico occupazionale, di prestigio, di collegamento col mondo, di servizio alle attività economiche culturali e scientifiche, una comodità per i cittadini.

Abbiamo parlato dei piani di sviluppo, il master plan, gli obiettivi di crescita dei volumi, messi a rischio dalla fusione con Firenze. E ancora delle responsabilità politiche, delle scelte della Regione Toscana.

Tutto questo, sensato e doveroso, è avvenuto con una grande e ingiustificabile assenza: l’attenzione all’ambiente e alla salute dei cittadini, in particolare quelli che vivono più vicini all’aeroporto e che pagano direttamente sulla propria pelle le cosiddette “esternalità negative” dello sviluppo. Ovvero, in questo caso, inquinamento acustico e atmosferico.

Le domande che non abbiamo mai sentito fare, forse proprio per paura delle risposte, sono semplici:

– la realtà attuale e a maggior ragione gli obiettivi di sviluppo sono compatibili con la tutela salute?

– è accettabile sottoporre una parte importante della cittadinanza a condizioni ritenute non compatibili con il benessere in nome della crescita economica? (noi ovviamente pensiamo di no!) e comunque, fino a che punto, fino a che soglia?

La questione da risolvere allora diventa se e come sia possibile coniugare la crescita, ma anche solo il mantenimento dei volumi di traffico attuale, con il miglioramento degli impatti fino a riportarli entro la soglia di accettabilità (perché purtroppo in questo caso l’impatto zero non esiste…).

Negli anni passati l’unico vero intervento risolutivo è stata la dislocazione delle case di via Cariola e via Carrareccia, che praticamente si trovavano in mezzo al piazzale: troppo poco.

I cittadini sono stati tranquillizzati nel tempo con l’annuncio di una serie di misure che avrebbero dovuto mitigare in maniera sostanziale gli impatti, di cui due in particolare più rilevanti e al centro delle aspettative:

– il collegamento in posizione più arretrata tra le due piste (AA), che avrebbe dovuto consentire di allontanare dalla città il punto di decollo (atteso 325, riscontrato 110 m)

– la procedura di decollo ICAO-A, per un innalzamento più rapido nella prima fase della partenza.

Entrambi gli interventi erano quindi finalizzati ad avere un’altezza maggiore al momento del sorvolo sulla città, riducendo così l’impatto acustico.

Purtroppo ad oggi l’efficacia, misure alla mano, è stata molto limitata.

Secondo quanto dicono gli studi sull’impatto acustico dell’aeroporto di Pisa pubblicati e ancora in corso questo sarebbe dovuto alla non corretta applicazione di entrambe le procedure, che se invece fossero bene attuate darebbero risultati significativi.

Ma nel fare questi calcoli si tiene in conto il previsto aumento di passeggeri e quindi di voli?

In ogni caso questa considerazione ci apre un altro elemento di riflessione decisivo: quali strumenti abbiamo, ora che il pubblico è socio di minoranza, per imporre al soggetto gestore dell’aeroporto e alle compagnie aeree una corretta attuazione delle misure antirumore. Come ci sottraiamo al ricatto, drammaticamente esemplificato nei giorni scorsi dal AD di Ryanair sulle questioni sindacali, implicito o esplicito di depotenziamento dello scalo nel caso di imposizione di misure più rigide?

Siamo disposti, come amministratori, a mettere in discussione gli obiettivi economici laddove non fossero compatibili con la tutela della salute?

Come consiglio comunale non possiamo non dare delle risposte chiare a quei cittadini che da anni lamentano forti disagi, fino ad arrivare, in conseguenza all’aggravio della situazione, alla recente presentazione di esposti in Procura.

Dobbiamo dire cosa è possibile fare per tutelare la loro salute e come verificheremo che questo sia realmente fatto.

 

 

Gruppo Consiliare Una città in comune – Rifondazione Comunista

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