Bando per le associazioni culturali: sbagliato e discriminatorio. Va ritirato

A fronte della gravissima crisi che a causa del Covid sta colpendo da mesi il tessuto dell’associazionismo culturale cittadino l’assessore Magnani riesce a partorire un bando per la concessione di contributi ordinari capace di mettere insieme approssimazione tecnica, mancanza di visione sistemica e bizzarre – o almeno apparentemente bizzarre – discriminazioni.

Un bando anzitutto oscuro e tecnicamente sballato, che mette sul piatto 8.000 euro e poi prevede contributi fino a 10.000 euro per singolo progetto aggiungendo, come se non bastasse, che i progetti sono da realizzare nel corso del 2020, entro il 31 dicembre. L’assessore promette poi – in modo palesemente anomalo e solo a voce – lo stanziamento di altri 80.000 euro entro fine anno ma non si sa bene quando e sulla base di quali criteri. In ogni caso una miseria, come sottolineavamo già nel mese di luglio.

Il criterio che tuttavia colpisce di più è un altro.

La città sta ancora ancora commentando la disfatta annunciata della candidatura di Pisa a Capitale italiana della cultura 2022, candidatura che suonava assurda in partenza visto che da anni ormai si sta sprofondando in un inarrestabile degrado culturale. Quel progetto, in effetti velleitario e astratto, era stato peraltro partorito grazie a una sinergia tra le tre università, Soprintendenza e Direzione regionale Musei, Fondazione Pisa, Fondazione Teatro Pisa (la stessa a cui sono stati tagliati radicalmente i fondi), Fondazione Sistema Toscana, Arcidiocesi e Comunità Ebraica, Opera della Primaziale, Ente Parco Regionale Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, la Biblioteca Universitaria, nonché alcune associazioni culturali e poi istituzioni come il Centro Pecci di Prato e altre realtà private.

A dispetto di questo impressionante spiegamento di forze, il 16 novembre il Ministero gli ha preferito altri nove progetti, tra cui quello di Volterra.

Come se niente fosse, quattro giorni dopo il Comune pubblica un bando nel quale il criterio discriminante è aver partecipato alla fallimentare impresa. Condizione di fatto imprescindibile per poter concorrere è infatti “aver aderito al progetto Pisa Capitale della Cultura 2022”: ciò vale 25 punti ai fini della graduatoria, mentre “quantità e qualità delle attività e delle iniziative programmate” dà “massimo 5 punti”, così come il “grado di rilevanza territoriale dell’attività, grado di impatto sul tessuto cittadino e ricaduta territoriale della proposta” o l’“accessibilità alle persone diversamente abili”. Ecco cosa conta sopra ogni altra cosa: una ricompensa per chi ha voluto condividere quel viaggio senza senso. E tutti gli altri a casa: molte associazioni impegnate da anni in importanti attività sul territorio rischiano infatti – in questo modo – di restare quest’anno senza contributi, dal momento che la fetta più sostanziosa della torta (per il momento delle dimensioni di un bigné) viene assegnata in base a criteri che premiano l’appoggio alla linea politica della giunta anziché i meriti per l’attività svolta.

È necessaria a questo punto un’operazione di trasparenza, di correttezza e di dignità: il bando deve essere immediatamente ritirato e riproposto con l’importo complessivo che si intende stanziare, privato di qualsiasi criterio discriminatorio, con scadenze ragionevoli.

Altrimenti si dimostra ancora una volta di voler proseguire sulla strada dell’impoverimento del tessuto culturale cittadino e del suo progressivo degrado. Come del resto è stato fatto finora.

Una città in comune

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