Bando sulla vigilanza armata: il Comune rispetta le norme sulla sicurezza sul lavoro?

Abbiamo già spiegato l’inganno ai pisani contenuto nel bando sulla vigilanza privata. Ma dalla lettura del capitolato di appalto predisposto dall’amministrazione comunale emergono numerose e gravi criticità per quanto riguarda il rispetto delle norme di sicurezza poste a tutela dei lavoratori.

All’articolo 4 del capitolato, infatti, a proposito del documento unico di valutazione dei rischi (cosiddetto DUVRI), il Comune scrive che “ dato che trattasi di mero servizio, non si rilevano rischi inferenti al fine di adottare le relative misure di sicurezza, per cui non è necessario redigere il DUVRI e non sussistono, di conseguenza, costi della sicurezza”.

Abbiamo così posto un quesito al Segretario generale e al Dirigente responsabile sulla sicurezza del Comune di Pisa, informando anche Questore e Prefetto, sulla legittimità stessa del bando chiedendo di giustificare e spiegar le motivazioni per cui, a detta dell’amministrazione, non sarebbe necessaria la valutazione delle misure di sicurezza per i lavoratori. L’articolo 26, comma 3bis, del decreto legislativo n. 81/2008 (testo unico sulla sicurezza del lavoro), infatti, dispone che non vi sia obbligo di elaborazione del DUVRI per i soli “ servizi di natura intellettuale” (per esempio, quelle resi da commercialisti o avvocati), non certamente per tutte le tipologie di servizi. È pur vero che l’uso delle armi, che l’amministrazione comunale intende sempre più diffondere a Pisa, richiede che gli operatori siano dotati di equilibrio comportamentale e psichico, ma definire la vigilanza armata un mero “servizio di natura intellettuale” ci pare oltremodo fuorviante.

Non solo. E’ proprio il testo unico sulla sicurezza del lavoro che, opportunamente, per garantire la sicurezza dei lavoratori, obbliga i committenti a redigere il DUVRI “ che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze”, ogniqualvolta vi sia appunto un rischio da interferenza. Rischio che si verifica quando sullo stesso luogo di lavoro vi possano essere contatti tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. In sostanza il personale della ditta appaltatrice, anche qualora operi autonomamente nell’ambito del luogo di lavoro della ditta appaltante, deve esser messo in condizione di conoscere preventivamente, a cura dell’appaltante, i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro.

È evidente che nel servizio che il Comune intende appaltare vi siano rischi di interferenza: innanzitutto tra gli operatori armati della vigilanza privata e quelli della polizia municipale a cui i vigilantes dovranno necessariamente riferirsi. È un’integrazione, quindi, che può verificarsi in tutte le attività previste dal bando, nei giorni e negli orari del capitolato di appalto in cui ci risulta che possano lavorare anche gli agenti della polizia municipale.

Ancora, alle guardie private viene data la possibilità di effettuare vigilanza fissa, apertura e/o chiusura di porte, cancelli, passi carrabili o sbarre e garantire interventi per evitare presenze o intrusioni di estranei: tra gli estranei che possono trovarsi all’interno degli immobili affidati in appalto, il Comune intende anche i lavoratori delle portinerie, dei servizi di pulizia o degli impiegati comunali chiamati a sostenere servizi straordinari per esigenze improvvise ed inderogabili? Ecco, se vi fosse una sola ipotetica evenienza di presenza di tali lavoratori – come è evidente che ci sia – è obbligatorio che il Comune rediga il documento di valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro.

E, si badi bene, considerato che, come anche statuito dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la potenziale interferenza non è da intendersi per i soli lavoratori, ma per tutti i casi in cui in un medesimo contesto vi sia coesistenza di distinte organizzazioni, con questo capitolato neppure il sindaco, né l’assessora alla sicurezza potrebbero recarsi a palazzo Gambacorti per straordinarie riunioni sulla sicurezza o su importanti questioni riguardanti la città.

Appare ancora più evidente, quindi, che questo bando non serve per la sicurezza sui quartieri, ma soltanto per dare soldi a una ditta privata e fare falsa propaganda sulla sicurezza, infischiandosene della vera sicurezza che a noi interessa, ossia quella dei lavoratori e dei cittadini

Per tutti questi motivi abbiamo segnalato ai soggetti competenti queste violazioni e chiediamo il ritiro del bando.

Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile

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