Bimbi schiavi di pc e telefonini: 6OmiIa non sanno scrivere a penna

mercoledì
25 aprile 2018
Testata:
LIBERO
Pagina:
16

La prima diagnosi in seconda elementare

I disgrafici, incapaci di comporre parole leggibili, cresciuti del 90% in tre anni Alcuni si trascinano il problema fino all’età adulta. Per loro percorsi su misura

MIRIAM ROMANO

Pare divederli seduti in classe, intenti a seguire la maestra mentre detta parole e lettere nuove in sequenza. La penna si inceppa sul foglio, le mani dalle dita non trovano la posizione giusta e faticano persino a tenere la biro ben salda. Si spazientiscono, rimangono indietro rispetto ai compagni e con il broncio gettano per terra la penna. Il quaderno è una cartina di parole scarabocchiate appena e i segni indecifrabili. «Sono sempre di più gli alunni che soffrono di disgrafia», racconta Alessandra Venturelli, grafoanalista e presidente dell’Associazione Italiana Disgrafie. Un disturbo che secondo la legge 170/2010 fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento tanto quanto la più nota dislessia. «Non si tratta di una patologia, ma più in generale di una difficoltà che presentano i bambini nei primi due annidi scuola primaria a impugnare in modo corretto la penna e quindi di conseguenza a scrivere in maniera leggibile», spiega Venturelli. Negli ultimi tre anni gli alunni affetti dalla disgrafia sono aumentati precipitosamente.

I NUMERI

Secondo i dati raccolti dal Miur, infatti, si parla di un incremento del 90,3% dal 2014 allo scorso anno scolastico. Tanto che oggi sono quasi sessantamila (57259 per esattezza) i ragazzini che in età scolare presentano difficoltà nella scrittura. «Già durante la scuola dell’infanzia si notano i primi segnali. Secondo quanto abbiamo rilevato come associazione, il 44% dei bambini che frequentano la scuola materna presentano accenni di disgrafia. E il 77% di questi le ha anche durante le elementari», continua Venturelli. La spiegazione non è una sola, le cause sono diverse, «ma senz’altro il motivo preponderante è che ai bambini non si insegna più a utilizzare la motricità fine», aggiunge. Le bimbe non giocano più a infilare le perline colorate in un filo sottile per comporre collane e bracciali. I maschietti hanno messo da parte le vecchie costruzioni che li obbligavano a impugnare tra le dita quei pezzi così piccoli e incastrarli tra di loro. «I bambini di oggi sono sono più avvezzi agli strumenti elettronici, ai videogiochi o cellulari che ad altro». E dunque in seconda elementare gli alunni che non hanno ancora imparato a impugnare la penna come si deve sono sempre di più in tutta Italia.

LA DIAGNOSI

«Proprio al secondo anno di scuola primaria viene effettuata la diagnosi dal distretto sanitario. Preso atto del disturbo del minore, l’Asl competente non può far altro che segnalarlo alla scuola e stabilire delle strategie compensative o dispensative», spiega Venturelli. In soldoni significa che il bambino verrà aiutato o attraverso delle scorciatoie, come ad esempio l’abbandono del corsivo per utilizzare solo il più semplice stampatello, o in alternativa come misura estrema consentendogli di scrivere con il computer. «Nulla di tutto questo aiuta però i bambini a migliorare», denuncia Alessandra Venturelli, secondo cui in Italia oggi esiste un grande vuoto in materia. «Gli insegnanti non vengono formati in questo senso. Per aiutare i disgrafici è necessario invece prevenire, già durante la scuola dell’infanzia. Rieducare quando il difetto è già in stato avanzato è molto più complicato e l’alunno rischia di portarsi le lacune per anni», continua. I disgrafici rimangono spesso indietro rispetto ai compagni. Non riescono a trascrivere le lettere, coprono il foglio col braccio, faticano persino a leggere i compiti sul diario. I problemi se li trascinano fino alle superiori, tanto che sono 20mila circa gli alunni con difficoltà nella scrittura nei licei e istituti tecnici. «Non esiste un albo di rieducatori, di esperti grafologi, così i genitori non san no a chi rivolgersi», sottolinea la Venturelli che a tal proposito ha ideato un master presso l’Università degli studi di Ferrara per formare i rieducatori.

LA SCHEDA

QUANTI SONO I DSA

Sono 254.614le alunne e gli alunni delle scuole italiane con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), pari al 2,9% degli studenti dell’anno 2016-2017. La percentuale più alta è nella scuola secondaria di I grado: sono il 5,40% dei frequentanti, contro il 4,03% della secondaria di Il grado e 1’1,95% della primaria. Gli alunni con DSA sono maggiormente presenti nel Nord-Ovest (4,5% degli studenti). Seguono il Centro (3,5%), il Nord-Est (3,3%) e il Sud (1,4%)

LA DISGRAFIA

Secondo il Miur sono 57259 gli alunni disgrafici nel 2017, il 90,3% in più rispetto al 2014, quando erano 30mila. Secondo PAssociazione Italiana Disgrafie: il 41 % dei bambini alla scuola dell’infanzia presenta difficoltà nella scrittura e il 77% di questi le presentano durante la scuola primaria

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