Brutte notizie dal dossier di Pisa Capitale della Cultura 2022

Abbiamo criticato fin dalla sua istituzione la lotteria della Capitale della Cultura italiana. Alla fine potrebbe essere anche una buona occasione per apportare miglioramenti, soprattutto se il progetto iniziale è frutto di una reale sinergia tra le principali realtà del territorio. Nel nostro caso concorrono l’Università, la Normale, il Sant’Anna, la Soprintendenza, la Direzione regionale Musei, il Centro Pecci – Fondazione per le arti contemporanee, la Comunità Ebraica, la Fondazione Pisa, la Fondazione Teatro Pisa, la Fondazione Sistema Toscana, l’Arcidiocesi, l’Opera Primaziale Pisana, l’Ente Parco Regionale Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, Confcommercio, Federalberghi… Sarebbe impossibile nominare tutti i componenti del Comitato promotore, perché nel lunghissimo elenco non manca davvero nessuno. Anzi, forse c’è pure qualcuno di troppo: Navicelli srl, Pisamo srl, Porto di Pisa, Vodafone Italia spa, INWIT S.p.a. Infine rattrista trovarvi la Biblioteca Universitaria di Pisa, che da otto anni è chiusa ed il cui patrimonio librario è in deposito a Lucca.

Il dossier Pisa 2022 era stato presentato alla stampa circa due mesi fa, ma non era stato reso pubblico. Il coordinatore della candidatura, Dario Matteoni (Direttore dell’Accademia privata di Belle Arti di Pisa – Alma Artis, anch’essa nel Comitato promotore) ha spiegato che si voleva creare suspence. Peccato che in due mesi nessuno abbia chiesto il progetto, tranne noi che siamo ossessionati dal tema. In ogni caso, finalmente abbiamo letto le cinquantanove pagine del dossier, coscienti che di solito sono progetti eccessivamente ambiziosi o sfacciatamente vuoti, oppure entrambe le cose. Quello presentato dal Comune di Pisa è del terzo tipo, a partire dal sottotitolo: L’equilibrio delle contraddizioni. Quali? La città reale e quella virtuale “che si confrontano e si integrano”. Le biblioteche chiuse, per dirne una, sono da anni una città molto, troppo reale. Forse s’intende riaprile virtualmente? Proprio così, ma andiamo con ordine.

Il dossier ruota attorno a quattro concetti chiave: “creatività generatrice”, “memoria collettiva”, “connessioni” e “geografie variabili”. Si spendono i nomi di Fibonacci, di Galilei e delle più recenti ricerche scientifiche e, tra una citazione e l’altra da Le città invisibili di Italo Calvino, si annuncia che “Pisa ha scelto di costruire il nuovo ecosistema umano sulle fondamenta di una combinazione creativa tra la cultura e la tecnologia, per agire su diversi settori e ambiti della vita quotidiana e cittadina, in un dialogo costante tra il piano materiale e quello immateriale”. Visto che la città reale è un disastro, si preferisce investire su quella virtuale con una serie di cantieri definiti “virtuali”, il principale dei quali vede la partecipazione di VODAFONE e INWIT, Infrastrutture Wireless Italiane ed il contributo del CNIT. Grazie a questi partner si vorrebbe potenziare la rete 4G e iniziare la sperimentazione sul 5G all’interno della città “per permettere a cittadini e turisti di accedere a contenuti informativi in realtà aumentata e realtà virtuale, fruire ed essere accompagnati alle iniziative di Pisa2022 tramite i personal device portatili”. Affari e ben poca cultura. Al contempo, si dice di voler dotare i luoghi della cultura di un sistema di ibridazione fibra/wifi che permetta di portare un’efficace connettività “anche all’interno dei palazzi storici”. Idea innovativa, che più o meno tutte le città europee già hanno applicato o su cui stanno lavorando da tempo. E così pure “la creazione di una cartina e un contenitore di percorsi e itinerari tematici e personalizzabili per il territorio pisano, per promuovere un’immagine e una conoscenza di Pisa più ricca e articolata rispetto a quella presente”: dopo l’esperimento fallito dei totem multimediali e dei tanti percorsi turistici, lanciati anche in rete, eccoci di nuovo allo stesso punto!

Dopo i “cantieri virtuali” arrivano i “cantieri fisici”, prosecuzione in piccolo dei vecchi Piuss, senza dubbio la parte più interessante del dossier: il completamento del recupero delle Mura Urbane (Bastione Parlascio, Torre di Sant’Agnese e porzione adiacente al Giardino Scotto), l’implementazione delle infrastrutture volte a far vivere il fiume e renderlo un percorso museale attraverso approdi al Museo delle Navi Antiche, al Museo di San Matteo e al Museo della Grafica, nonché il completamento della “Cittadella Galileiana” presso i Vecchi Macelli (Science Center). Visto che il Complesso museale dei Lungarni non ha mai funzionato, perché è sempre stato solo un nome, si cerca di rilancialo attraverso il fiume ed il battello (ecco perché Navicelli srl è nel Comitato promotore). Anche questa un’idea piuttosto debole. Ma poi arriva il bello: si parla di ristrutturazione della Biblioteca Universitaria “al fine di restituire alla collettività l’accesso e la fruizione di questa parte importante del patrimonio cittadino”. Dunque se vinciamo il premio verrà riaperta la Biblioteca, e fino ad allora? E se non dovessimo vincere? Questo non si dice, ma la risposta è chiara. Tuttavia si promette ancora, sempre in caso di vittoria, di destinare “uno spazio aggiunto necessario al ricollocamento del patrimonio bibliografico eccedente, valutabili in circa 2500 mq”. Si pensa a un magazzino prefabbricato in Piazza Dante? Nessuna ulteriore spiegazione e intanto è chiaro che fino al 2022 la città, quella reale – fatta di studenti, professori, studiosi – si potrà scordare della Biblioteca Universitaria.

Tra i cantieri fisici se ne propone uno, quello del Complesso monumentale di Piazza del Duomo, che è già attivo da almeno vent’anni: interventi di conservazione e restauro di Cattedrale, Campanile, Battistero e Camposanto procedono senza tregua dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso e così pure i “cantieri scuola” con l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, che vengono annunciati come progetti futuri, sono già attivi. Si vende fumo, così come si fanno passare per grandi novità alcune delle manifestazioni di maggior successo degli ultimi anni (Internet Festival, Pisa Book Festival, etc.). Il pensiero va a qualche mese fa, quando il Comune non voleva rinnovare il finanziamento al Pisa Book Festival. Si racconta ancora di voler “favorire le connessioni sociali, umane ed urbane” e vengono in mente le ordinanze che chiudono le piazze, proibiscono di sedersi e mangiare sulle panchine, di bere alle fontane. Si parla molto di “sostenibilità ambientale” ed il pensiero corre ai progetti di questa giunta di riapertura al traffico della Ztl e di creazione di nuovi parcheggi in centro, persino alla Cittadella e al Bastione Sangallo (ma come, non si vogliono recuperare tutte le mura urbane?). La città reale è chiusa, ignorante ed inquinata, quella virtuale solo un pochettino meno. Fa sorridere, a questo proposito, il riferimento ai giovani, fin qui disprezzati dalla giunta: “Le iniziative delle nuove generazioni diventeranno elemento centrale delle attività cittadine, verranno investite di un ruolo chiave per l’attivazione di un meccanismo di sviluppo a base culturale capace di attivare concrete politiche di innovazione, crescita sociale ed economica per il territorio. Progetti, iniziative, strategie condivise tra town e gown consentiranno di definire una nuova dimensione universitaria maggiormente calata nelle dinamiche di sviluppo locale, più capace di trasformare la conoscenza prodotta in conoscenza utile a fini produttivi, di attivare relazioni con il mondo delle imprese”. Giovani come forza lavoro.

Il dossier non può che orientarsi sulle nuove tecnologie “come strumento di accesso alla cultura”, visto il vuoto pneumatico delle politiche culturali di questi ultimi anni. Affermazione che viene spiegata con queste parole: “conservare, anche nella virtualità del nostro vivere, la convinzione di aderire con consapevolezza a una comunità di riferimento”. Tutto chiaro, no? Quando si dice la concretezza! Pisa non si aggiudicherà mai il titolo di Capitale della Cultura italiana nel 2022, anche perché il dossier con cui si presenta è una presa d’atto del fallimento totale della Pisa reale. Dobbiamo tutti essere molto dispiaciuti di questo perché, tra slogan e frasi immaginifiche, progetti deboli e cantieri avviati da tempo e spacciati per nuovi, si mette nero su bianco che musei, biblioteche e patrimonio culturale in genere rimarranno in stato d’abbandono e ci si occuperà di loro marginalmente solo e soltanto se ci si aggiudicherà il montepremi tanto ambito. La situazione reale è disastrosa, ma quella virtuale non è da meno.

Una città in comune

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