Case popolari con par condicio

venerdì
25 maggio 2018
Testata:
ITALIA OGGI
Pagina:
36

Illegittimo aumentare gli anni di residenza per gli stranieri

DI FRANCESCO BARRESI

Illegittimo aumentare gli anni di residenza in Italia di un cittadino immigrato che permettono il godimento di un alloggio popolare. Lo spiega la Corte Costituzionale, nella sentenza 106/2018 depositata ieri, che ha deliberato sulla durata temporale in cui scatta il diritto per gli stranieri ad entrare in un alloggio civico. Lo scorso agosto l’Avvocatura dello Stato, su richiesta del presidente del Consiglio dei ministri, sollevò una questione di legittimità costituzionale su una variante inserita dalla regione Liguria dell’articolo 4, comma 1, della legge del 6 giugno 2017, la quale modificava le norme per l’assegnazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica contenute nella legge regionale del 29 giugno 2004. Il motivo caustico del ricorso consisteva nella modifica del requisito temporale che concedeva, con almeno 5 anni di residenza, una casa a cittadini di paesi extracomunitari. In particolare «la norma dichiarata incostituzionale aveva come unico contenuto la sostituzione testuale di alcune parole». Ma la modifica introdotta dalla Liguria raddoppiava gli anni, da 5 a 10. Troppi secondo l’allora premier italiano che chiamò in causa gli alti giudici. La «revisione» incriminata consisteva nella sostituzione dei criteri da adottare nei confronti degli immigrati, da «stranieri titolari di carta di soggiorno o di stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale, che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo» a «regolarmente residenti da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale in regola con la normativa statale in materia di immigrazione». Richiamando in causa la violazione dell’art.117 della Costituzione e degli artt. 4 e 11 della direttiva 2003/109/Ce del Consiglio Ue, dove quest’ultimo specificava che l’alloggio «può essere acquisito dal cittadino di paese terzo a partire, al più tardi, da 5 anni e 8 giorni dal suo ingresso regolare nello Stato». Pertanto si apriva un vulnus, in cui gli stranieri avrebbero aspettato il doppio per una casa. La regione Liguria si è difesa citando l’art.9 del decreto legislativo 286/1998, che conteneva una riserva di disporre diversamente i termini per la consegna degli alloggi Erp, basandosi sul radicamento territoriale. Ma i giudici della Corte Costituzionale, bacchettando in sordina le modifiche intercorse dalla regione Liguria, spiega che la riserva di modifica non deve avvenire «entro limiti non arbitrari e irragionevoli», perché «una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi)», giudicando «costituzionalmente illegittimo» la variazione, e ribadendo che «il precetto in tale disposizione espresso rimane in vigore nel testo originario», ripristinando la vecchia norma dei cinque anni di aspettativa per i cittadini stranieri in Italia.
«E’ un atto grave che non ci ferma», ha commentato il governatore della Liguria, Giovanni Toti. «Invece di occuparsi dei veri bisogni dei cittadini, il passato governo di centrosinistra ha ben pensato di intervenire su una nostra legge, che dava a liguri e italiani la priorità sulle case popolari e che ora è stata bloccata».

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