Chi vuole lo sgombero del Distretto 42?

Da poco più di un mese l’ex distretto militare di via Giordano Bruno a Pisa è stato occupato dagli attivisti del Municipio dei Beni Comuni, dopo vent’anni di abbandono dello stabile e degli 8000 mq di verde compresi nella struttura. L’area è stata ora ripulita e riconsegnata alla fruizione pubblica degli abitanti del quartiere e di tutti i cittadini pisani. Molti sono i progetti che singoli e associazioni provano a sperimentare e a mettere in cantiere in questo enorme spazio.

Il problema però è il probabile sgombero poliziesco del Distretto 42, come se le attività che vi si svolgono e i suoi occupanti fossero un problema di ordine pubblico. Eppure, da quando gli spazi dell’ex distretto militare sono stati riaperti ai cittadini dagli attivisti del Municipio, non c’è stato nessun problema di questo tipo né all’interno del Distretto 42, né fuori. Anzi, gli abitanti del quartiere si sono spontaneamente attivati per sostenere questa esperienza sociale, presentando al Sindaco Marco Filippeschi una petizione di 600 firme (fra cui nomi prestigiosi come quelli di Adriano Prosperi e Salvatore Settis).

Le strutture dell’ex distretto militare appartengono al Demanio che sta per cederlo al Comune di Pisa su sua esplicita richiesta, nell’ambito del Decreto Legge sul Federalismo Demaniale. L’idea originaria del Comune era di vendere questa caserma, insieme alle altre due dismesse o in via di dismissione a Pisa, per poi ricostruirne un’altra a Ospedaletto che potesse riunire le residue attività di queste strutture militari in un’unica area fuori dal centro cittadino (il cd. “Progetto Caserme”). Nel frattempo però la crisi economica e immobiliare ha cambiato questo scenario: il “Progetto Caserme” appare ora totalmente superato dagli eventi.

La prospettiva attuale sembra essere quella di sgomberare gli attivisti del Distretto 42 per poi richiudere quegli spazi di socialità e di nuova progettualità per altri 10 anni o anche di più. Esattamente come sta accadendo con gli appartamenti della Mattonaia, occupata anch’essa e riaperta ai cittadini del quartiere di San Francesco dal Municipio dei Beni Comuni per un breve periodo nell’autunno dell’anno scorso e richiusa, dopo l’occupazione, per chissà quanti anni ancora.

Ma tutto ciò ha senso? Anche ragionando in termini puramente economici, e prescindendo dal fatto che, trattandosi di beni del Comune o demaniali si sta parlando di beni che appartengono a tutti i cittadini, dove sta il vantaggio per il Comune e gli eventuali soggetti privati interessati alla loro valorizzazione?

Il Ministero della Difesa ha recentemente impresso un’accelerazione alla dismissione di 385 caserme e presidi di pertinenza del demanio militare, come previsto nell’ambito del federalismo fiscale. Il Ministro Pinotti ha dichiarato in audizione alle Commissioni Difesa di Camera e Senato che “è difficilissimo ma è indispensabile” mettere a disposizione del pubblico il patrimonio immobiliare militare. Il Decreto Legislativo sul Federalismo Demaniale prevede che gli enti territoriali garantiscano la massima valorizzazione funzionale del bene, ma tale valore non deve essere necessariamente finanziario. “Da una parte” – dichiara Martina Pignatti, della onlus Un ponte per, che aderisce al progetto del Distretto 42 – “vediamo il rischio che significative porzioni del nostro territorio finiscano in mano a progetti di mero interesse privatistico, portando a edificazione selvaggia e cementificazione, in nome della necessità di fare cassa per i bilanci degli enti pubblici locali. Dall’altra riteniamo che si apra invece una sfida senza precedenti per la riprogettazione e riconversione a fini civili e di interesse pubblico di spazi precedentemente dedicati ad attività militari”.

“Anche a Roma” – dichiara Riccardo Troisi, Presidente di Reorient – “è stata lanciata una campagna di mobilitazione popolare per il riutilizzo degli spazi in dismissione o abbandonati, tra cui molte caserme. In questo periodo di crisi abbiamo bisogno di luoghi a fruizione gratuita, spazi per la riprogettazione e la rigenerazione urbana ecologica e sociale, dove forme di economia solidale possano sperimentare un nuovo mutualismo di vicinato. Anche questo significa costruire un’economia di pace”.

Si moltiplicano le voci contrarie allo sgombero forzoso del Distretto 42. Nei giorni scorsi gli attivisti del Municipio dei Beni Comuni, già ricevuti nelle scorse settimane dai funzionari centrali del Demanio a Roma, hanno consegnato copia delle chiavi del Distretto 42 al Demanio stesso, quattro parlamentari hanno prodotto un’interpellanza in Commissione Difesa sull’operazione di recupero e di riapertura del parco (il “Parco Don Gallo”) alla cittadinanza, i legali del Municipio dei Beni Comuni hanno presentato una memoria spontanea al Pubblico Ministero in cui vengono esposti gli argomenti giuridici che negano la necessità e l’urgenza dello sgombero, infine, gli attivisti hanno presentato una richiesta ufficiale di concessione gratuita della struttura al Demanio e hanno anche incontrato nei giorni scorsi il Sindaco chiedendogli di prendere una posizione pubblica sull’intera vicenda.

Sgombero e blitz sono inaccettabili sotto tutti i punti di vista.

Qual è la causa di questa fretta di azzerare l’esperienza politica, sociale e culturale del Distretto 42? Quale beneficio ha avuto la città negli ultimi 20 anni in cui questa struttura è rimasta abbandonata e utilizzata negli ultimi anni solo da alcuni privati come parcheggio per le proprie automobili? A chi giova lo sgombero del Distretto 42?

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