Comuni e soldi: il Pd rischia

domenica
10 giugno 2018
Testata:
LIBERO
Pagina:
9

II giorno più difficile

Alle amministrative il partito teme il tracollo quasi ovunque. E le casse sono vuote

RISCHIO FRANA

Le previsioni della vigilia, infatti, parlano di sconfitte in Toscana, in Sicilia, in Umbria e perfino in quella che un tempo era un’enclave rossa, Imola. Potrebbe andare meglio a Brescia, dove il Pd schiera il sindaco uscente, Emilio Del Bono. È vero che ha alla sua sinistra due candidati: Alberto Marino, per Potere al Popolo, e Lamberto Lombardi del Partito comunista italiano. Ma potrebbe spuntarla sul candidato del centrodestra, Paola Vilardi, che ha alla sua destra ben tre candidati (una di Forza Nuova, un ex missino e uno di CasaPound). O almeno andare al ballottaggio. A Vicenza il Pd punta su Otello Dalla Rosa, erede dei dieci anni di governo di Achille Variati e, secondo i rumors della vigilia, potrebbe spuntarla perfino al primo turno. Il suo competitor, nel centrodestra, è Francesco Ruocco. Mentre non c’è il M5S, perché non ha autorizzato al candidato l’uso del simbolo. Lo schema di Brescia, del resto, si ripete in tante altre città. Dove andrà al ballottaggio, quasi dappertutto il Pd si confronterà con il centrodestra. Tanto che al Nazareno sono convinti che il M5S calerà.

Una delle sfide più simboliche è Imola, non a caso il leader dei 5 stelle, Luigi Di Maio, è andato all’Autodromo intenzionato ad espugnare una roccaforte della sinistra. Importanti anche le tre città toscane, Pisa, Siena e Massa, che rischiano di passare al centrodestra. Ma è l’intero contesto a franare: nella (ex) regione rossa sono 20 i comuni al voto e dappertutto le previsioni sono pessime per il centrosinsitra. Così come in Umbria, dove i comuni al voto sono 8 e rischia di capitolare Terni, una delle ultime roccaforte rosse.

DIFFICOLTÀ ECONOMICHE

In Lazio le sfide principali sono Viterbo e Fiumicino. Nella prima il Pd si presenta spaccato, con due candidati. Unito, invece, è a Fiumicino, dove è il centrodestra diviso tra Lega da una parte e Forza Italia dall’altra. La Sicilia è la regione con più comuni al voto e quasi dappertutto le previsioni per i cinque capoluoghi sono di ballottaggi tra M5S e Lega o centrodestra, con il Pd in terza posizione, escluso dal secondo turno.

A tutto questo si aggiungono le difficoltà economiche. Il Pd trasloca dalla bellissima sede del Nazareno per mancanza di soldi? La notizia apparsa sul Corriere della Sera, è subito stata smentita dall’ufficio stampa del partito. «Destituita di ogni fondamento». E lo ha confermato poco dopo il tesoriere, Francesco Bonifazi. Vero è che le casse del Pd non versano in ottime condizioni. Non solo per l’abolizione del finanziamento ai partiti, ma anche perché il risultato elettorale del 4 marzo ha diminuito di molto i contributi che il Pd riceve attraverso i gruppi parlamentari e dagli stessi eletti, che sono tenuti a versare 2mila euro al partito. Meno voti, meno eletti, meno soldi. Tanto che tutti i dipendenti sono in Cassa integrazione e quasi la metà di chi lavorava ai gruppi è stato lasciato a casa.

La prima conseguenza dei risultati, sconfortanti, che arriveranno questa sera al Nazareno riguarda la data del congresso. Non c’è dubbio, infatti, che da domani, nel Pd, si riaccenderà il dibattito, sopito dalla nascita del governo, su quando, se, come e con chi fare il congresso. La sinistra interna chiederà di convocarlo il prima possibile, gli altri cercheranno di prendere tempo e di arrivare all’autunno. Nicola Zingaretti spera di essere il candidato unitario, ma anche Maurizio Martina sta pensando di candidarsi. Molti fanno pressing su Paolo Gentiloni, ma l’ex premier non vuole. Poi c’è Graziano Delrio, anche lui corteggiato, ma che resiste. Una giostra che, da lunedì, tornerà a girare.

Non ci sono molti dubbi, infatti, sul fatto che il responso sarà negativo per il Pd. Il rischio è di perdere quasi tutti i capoluoghi dove governava (15 su 20). L’ultimo filo di speranza è appeso a Brescia e a Vicenza. Sembra un paradosso, visto che al Nord la sinistra è ridotta al lumicino, eppure proprio queste due città, una lombarda, l’altra veneta, potrebbero consolare un Partito democratico che si preparare a vivere una delle domeniche peggiori della sua storia.

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