Contro impoverimento servono misure strutturali. I buoni spesa devono raggiungere i più vulnerabili, senza distinzioni

In questi giorni i Comuni sono impegnati nella distribuzione dei buoni spesa finanziati con i 400 milioni di euro stanziati dal Governo: ogni amministrazione locale ha agito in maniera discrezionale e disomogenea. I criteri di accesso sono stati definiti in maniera spesso selettiva, modificando profondamente la platea dei beneficiari e riducendo l’universalismo della misura, come è avvenuto anche nella situazione pisana.

Noi chiediamo che questa misura, insufficiente anche in termini di risorse rispetto ai bisogni reali, sia connessa e vada in parallelo con strategie radicali di contrasto alle nuove e vecchie povertà, venendo inserita in un quadro di interventi strutturali per l’integrazione e la giustizia sociale, ad oggi completamente assente.

Serve inoltre un lavoro di monitoraggio e rilevazione della composizione sociale della comunità e dei suoi bisogni, che né il Comune né la Società della Salute stanno svolgendo. Senza tale monitoraggio è impossibile raggiungere gli ultimi, che sono spesso anche più invisibili: i lavoratori a nero, i fruitori di pasti alle mense per i poveri, i senza fissa dimora, le persone senza carta d’identità, i rom, i migranti senza permesso di soggiorno. Serve una strategia per raggiungere questi soggetti (che in molti casi non hanno accesso al computer e allo smartphone) e organizzare risposte strutturali, come la costruzione e il coordinamento con le reti sociali. Altrimenti gli stessi servizi sociali, già largamente sotto-finanziati e ridotti all’osso, non sapranno neanche a chi rivolgere i loro interventi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte affermato che le politiche per la salute che raggiungono tutti i cittadini e cittadine, senza lasciare indietro nessuno, sono quelle che costano meno e sono, soprattutto, le uniche efficaci. L’equità nell’accesso, la riduzione delle disuguaglianze e l’economicità vanno di pari passo.

Per questo stiamo lavorando, in questi giorni, a diffondere le informazioni per accedere ai buoni spesa, mettendoci in rete con tante altre esperienze che, come nel caso di Rebeldìa e Africa Insieme, hanno provveduto alla traduzione delle istruzioni nelle principali lingue parlate nel territorio (cosa a cui avrebbe dovuto pensare il Comune). Ma stiamo anche avviando un monitoraggio dei bisogni e delle vulnerabilità, in modo da raggiungere quanti sono privi dei più elementari mezzi di sussistenza ma non sono mai stati negli elenchi dei servizi sociali, secondo i nuovi profili che emergono dal recente rapporto Caritas. Chiediamo che questa attività di monitoraggio, accompagnata da misure di sburocratizzazione ed ulteriore semplificazione nella presentazione delle domande di aiuto, venga svolta dall’amministrazione comunale. Solo sulla base di una vera mappa dei fabbisogni sociali della città sarà possibile agire contro le vecchie e nuove povertà.

Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile

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