Cosa ne è del sistema museale pisano dopo l’apertura del Museo delle Navi romane?

Pisa, 8 agosto 2019

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Il 16 giugno scorso è stato inaugurato il Museo delle Navi romane, dopo ventuno anni dalla scoperta dei primi relitti nel cantiere ferroviario di Pisa San Rossore e circa venti milioni di euro investiti nel progetto.

Gli Arsenali Medicei sono diventati così il più grande museo cittadino con 4700 metri quadri di superficie espositiva: sette imbarcazioni databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C. e circa 8000 reperti sono distribuiti in 47 sezioni divise in otto aree tematiche, funzionali per i percorsi didattici. Insomma, un signor museo per conoscere la conformazione del territorio nell’antichità e le sue trasformazioni successive, gli insediamenti etruschi, romani, longobardi, i loro modi di vivere, il commercio, i manufatti, naturalmente le imbarcazioni e le tecniche di navigazione, ma anche il mestiere dell’archeologo e le tecniche di scavo. Non da ultimo, il museo racconta, con alcune trovate espositive ad effetto, un millennio di rotte da una parte all’altra del Mediterraneo e quindi persino di naufragi e di leggi del mare. Una visita da fare e magari da ripetere, perché gli spunti sono davvero tanti. (Si attende tuttavia l’apertura del parco adiacente, un grande spazio verde che giunge sino a via Nicola Pisano, finora usato impropriamente come parcheggio dai dipendenti della Finanza e della Soprintendenza).

Purtroppo il Museo delle Navi romane – che un’associazione locale ha proposto, in nome di identità e tradizione, di ribattezzare “delle Antiche Navi di Pisa” – è aperto al pubblico tre giorni e mezzo alla settimana (mercoledì 14:30-18:30, venerdì 10:30-18:30, venerdì e sabato 10:30-20:30). Ciò va a completare un quadro cittadino desolante, che vede il Museo nazionale di San Matteo, anch’esso a capo del nostro Ministero per i Beni e le Attività Culturali, aprire quasi esclusivamente su prenotazione, per carenza di personale. I pochi visitatori sono ulteriormente calati. Di contro, l’Opera della Primaziale Pisana ha annunciato la riapertura in autunno del Museo dell’Opera del Duomo e, in questo caso, non c’è da temere orari ristretti di apertura. Questi tre musei – per non parlar degli altri, a cominciare da Palazzo Blu con le sue mostre – camminano su binari assai distanti e nessuno prova a costruire scambi, coincidenze o a mettere le rispettive istituzioni attorno a un tavolo per dialogare. Non lo fa il Soprintendente al Polo Museale né quello al territorio, tantomeno il sindaco con il suo assessore alla cultura.

La nostra idea di una Carta dei Musei, che da decenni caratterizza molte città e regioni italiane, a Pisa rimane un tabù, anche quando l’affluenza turistica è sempre più importante (quest’anno si raggiungeranno i 4 milioni di visitatori in piazza del Duomo). Su questo tema l’amministrazione locale, come la precedente, è del tutto assente: presenzia alle inaugurazioni, concede a privati spazi pubblici per organizzarvi eventi e, in nome di tradizione e identità, fa di Pisa una succursale di Pietrasanta, città tanto cara alla giunta. Dal comune versiliese sta adesso arrivando una mostra all’aria aperta dell’artista boema Anna Chromy e le nostre piazze diventeranno una location per le sue opere.

Una città in comune

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