« Direttori stranieri? Io li voglio bravi. Le Soprintendenze non si chiudono»

sabato
16 giugno 2018
Testata:
CORRIERE DELLA SERA
Pagina:
23

Bonisoli, ministro dei Beni culturali: pene dure per i reati contro il nostro patrimonio

L’intervista di Paolo Conti

Alberto Bonisoli, lei ha lavorato a lungo all’estero. Con questa ottica, che definizione propone di Bene culturale?
«E un concetto in costante trasformazione. Il Patrimonio storico-artistico ormai non si può non collegare alla moda, al costume, all’architettura, al design, ovviamente all’arte contemporanea. Terreni sui quali mi voglio concentrare».

Si definisce conservatore o progressista?
«Per radice sono un conservatore, ma sono un evolutore: porto avanti le mie idee con tenacia ma senza fratture. So ascoltare gli interlocutori. Metodo non sempre adottato in questo ministero».

Riforma Franceschini e direttori stranieri nei musei italiani. Favorevole o contrario?
«A me piace pensare che un direttore debba essere bravo. Per struttura mentale, vorrei attenzione per gli italiani. Ma ragionare in base al passaporto mi sembra desueto, così come trovo provinciale che la scelta di uno straniero, solo perché straniero, sia segnale certo di modernità. Se un direttore bravo non è italiano, perché no? Ma no alla nomina “solo” perché straniero…».

I due partiti di governo sono distanti: la Lega vorrebbe abolire le Soprintendenze, delegando tutto alle Regioni. Il M5S, al quale lei appartiene, è per un rafforzamento della tutela e del potere delle Soprintendenze. Come si fa?

«Abbiamo la fortuna di basare l’attività di governo su un contratto, metodo rivoluzionario e rispettoso dell’elettorato. Nel contratto non c’è l’abolizione delle Soprintendenze, c’è il rafforzamento della tutela e della valorizzazione. Ma penso che occorrerà analizzare bene quale sia oggi il lavoro delle Soprintendenze…».

Per riformarle, magari? «Voglio capire se è vero che oggi, poiché le risorse umane sono diminuite, i Soprintendenti davvero sono messi nelle condizioni di tralasciare la tutela perché, magari, non hanno l’auto per raggiungere i siti archeologici. Li convocherò per capire: se davvero è così, meglio qualche viaggio all’estero in meno del ministro e qualche auto in più per le Soprintendenze».

Si abolirà la Soprintendenza unica per tornare alla divisione di competenze?
«Tornare indietro e basta non è mai la soluzione giusta. Parlavo di ascolto: occorre capire, poi decidere».

Cosa intende per valorizzazione?
«Bisogna ragionare sul tipo di valore che può generare un bene culturale. Ciò che conta di più è la crescita dei valori nella società, soprattutto nelle nuove generazioni. Possediamo uno scrigno di ricchezze che va aperto a tutti ma occorrono risorse umane, economiche e una diversa progettualità, tenendo anche conto dell’importanza dei supporti digitali e multimediali. Poi c’è una dimensione economica che non va trascurata. Mi chiedo sempre cosa sarebbe di Pompei senza gli scavi che creano lavoro e ricchezza ma anche la possibilità di capire come vivevano gli antichi romani».

Il suo predecessore, Dario Franceschini, ha ottenuto molte più risorse che in passato. Qual è il suo giudizio? «Indubbiamente un fatto positivo. Ma in alcuni casi era meglio spendere diversamente i soldi. Penso alla i8 App, i 50o euro in buoni da far spendere ai diciottenni. Vale 200 milioni… Meglio far venire la fame di cultura ai giovani, facendoli rinunciare a un paio di scarpe».

Roma, Venezia, Firenze: tre città che attirano troppo turismo, incluse le meganavi davanti a San Marco. Che ne pensa?
«Le meganavi non mi piacciono: rispetto le competenze locali ma ricordo che il bene culturale non è replicabile, di piazza San Marco ce n’è una sola. Siamo il Paese dei mille campanili: senza soluzioni dirigiste centralistiche, con un’armonizzazione sovraregionale si possono distribuire meglio i flussi turistici e culturali su tutto il territorio».

Sostegno dei privati al Patrimonio: favorevole o contrario?
«Stupirò qualcuno, ma io sono per l’orgoglio del pubblico. Perché la pubblica amministrazione non può gestire bene una caffetteria, una libreria? In alcuni settori, il pubblico italiano va meglio del privato. In quanto all’Art Bonus e al mecenatismo, ben vengano: mi piacerebbe incentivare anche i contributi piccolissimi dei singoli cittadini».

Richiederà al Getty Museum l’Atleta di Lisippo confiscato dai giudici?
«Il lavoro del comando tutela patrimonio culturale dei carabinieri e della magistratura è stato straordinario. Auspico che anche in questo caso, come in passato, si possa arrivare con la diplomazia culturale a un accordo con il Getty Museum per riconoscere la proprietà italiana della statua e a prevederne il rientro in modi e termini reciprocamente vantaggiosi. Sto lavorando col ministro della Giustizia per un inasprimento delle pene per i reati contro il patrimonio culturale, annunciato ma mai realizzato».

In quanto al cinema? «Franceschini ha ottenuto risorse, ma vorrei riflettere su due aspetti. Primo: perché solo in Italia la stagione cinematografica è così corta e per quattro mesi non escono film? Secondo: l’Italia è ben strutturata per reggere alla concorrenza delle serie tv internazionali, sempre più seguite dal pubblico? Anche qui: occorrerà ascoltare per capire…».

Alberto Bonisoli (foto LaPresse), 56 anni, ministro ai Beni culturali, ha insegnato Innovation management alla Bocconi di Milano. È ex direttore della Nuova accademia delle Belle Arti sempre a Miano.

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