Distretto 42: privatizzazione e speculazione a favore della rendita

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum cita un noto aforisma in latino che crediamo sia calzante riguardo all’atto approvato in questi giorni dalla giunta comunale sul piano di recupero dell’ex distretto militare di via Giordano Bruno.

A suo tempo dicemmo con chiarezza che la giunta Filippeschi aveva delineato un quadro capestro di riqualificazione del centro storico in cui l’ex distretto militare veniva destinato al social housing senza una verifica delle reali necessità della città, ma oggi la situazione diventa ancor più grave per le modalità con cui si intende realizzare il piano che trasformerà in peggio il quartiere di San Martino.

A nulla sono servite le richieste di aprire un confronto ampio e partecipato con la parte di cittadinanza che abita il quartiere. Completamente derubricate, come se il dialogo democratico fosse un fastidioso orpello, tutte le osservazioni al progetto che abbiamo presentato al solo fine di tutelare l’interesse pubblico e il benessere collettivo della città.

Con la delibera di ieri 12mila metri quadri di patrimonio pubblico, di cui oltre un terzo di preziosissimo verde, vengono definitivamente consegnati alla rendita privata senza che il Comune si riservi la possibilità di qualsiasi tipo di controllo in futuro.

E’ una speculazione bella e buona, che non tutela in alcun modo il bene comune e le funzioni pubbliche e sociali di questa area strategica per la città e per di più è fatta su quello che fino a pochi anni fa era un bene pubblico.

Housing sociale, per dare casa a chi non ha redditi abbasta alti? Un’altra finta: per abitare negli edifici ristrutturati e in quello nuovo si dovranno pagare prezzi di mercato. Senza parlare dell’impossibilità di accedere se si sono avuti problemi a pagare l’affitto, magari perché si è perso il lavoro, o se si è discriminati perché non residenti in Toscana da almeno 5 anni.Spazi sociali per la comunità e servizi per il vicinato? Praticamente inesistenti.

73 appartamenti, 110 posti auto, un edificio di nuova costruzione, ma non c’è lo spazio per tutto questo. Dov’è la sostenibilità ambientale e l’utilità sociale di questa operazione? Ve lo immaginate il traffico in via Giordano Bruno? Per non parlare dell’aggravio su tutti i servizi, come la rete fognaria o la raccolta dei rifiuti.

La ciliegina sulla torta? Chi costruisce ha pagato l’area ad un costo molto inferiore al suo valore, paga oneri di urbanizzazione ridotti, avrà l’esenzione sulle tasse comunali, ma se si scopre che non ci sarà un ritorno economico per il fondo privato di investimenti che l’ha acquisito per “valorizzarlo”, si può cambiare tutto e magicamente l’housing sociale diventerà residenziale per ricchi, che potranno chiudersi nella loro area privata.

Tutto questo proprio nei giorni in cui la stampa riferisce di un report della Direzione Emergenza alloggiativa del Comune di Roma da cui si evince come il social housing, lasciato nella gestione in mano ai costruttori, diventa una truffa sociale. Le Cooperative e le imprese di costruzioni ringrazino la giunta Conti che ha aperto anche a Pisa “la possibilità di realizzare una cementificazione del territorio, con risorse pubbliche, quindi molto housing e poco social, senza che le famiglie in disagio abitativo, destinatarie di questi alloggi, ne risultino le effettive beneficiarie.”

Una città in comune

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