Don Bosco: un’emergenza che da tempo denunciamo e troppo spesso ignorata

Ha fatto bene il Garante a intervenire sulla stampa cittadina e a definire la situazione del Don Bosco come “infelice”: è evidente come le carenze strutturali e la vetustà degli ambienti incidano pesantemente sulla libertà e la dignità delle persone detenute.

Lo abbiamo visto con i nostri occhi nel maggio scorso, in una visita alla Casa Circondariale, condotta da Una Città in Comune e Rifondazione Comunista assieme ai consiglieri regionali di Sì-Toscana a Sinistra, Tommaso Fattori e Paolo Sarti. Il primo impatto è stato molto duro, e i Consiglieri Regionali hanno fatto i conti con una struttura che non garantisce condizioni adeguate a nessuno: detenuti, detenute e personale.

Nulla da aggiungere a quanto denunciato dal garante: non a caso, la Magistratura di Sorveglianza a causa delle gravi condizioni degli ambienti, ha riconosciuto il trattamento inumano a chi vi ha fatto ricorso e ha disposto il risarcimento.

Ma non c’è in discussione solo la struttura fisica: il Garante si spinge oltre e punta il dito sulla relazione tra carenze strutturali e attività riabilitative, tanto che l’Istituto è stato sollecitato a garantire maggiori opportunità di socializzazione e di accesso ai percorsi di formazione, anche con il supporto del volontariato.

Quello che nella visita di maggio è stato evidente, che avevamo sottolineato e che il Garante scrive chiaramente è quanto il carcere sia stabilmente l’istituzione chiusa che custodisce la marginalità generata dagli effetti della crisi del welfare: in quella occasione, la direzione e gli stessi agenti hanno dichiarato che tra i detenuti, molti sono soggetti entrati in carcere a causa dell’assenza di opportunità esterne e di interventi di contrasto alla povertà.

Questo aspetto deve chiamare in causa le istituzioni territoriali e la comunità locale: il Comune di Pisa deve essere sollecitato a dare risposte anche a quella parte della cittadinanza.

Il Garante, nella relazione, denuncia la scarsità di strutture di accoglienza, soprattutto per detenuti incompatibili con la detenzione per grossi problemi sanitari, punta il dito sulla scarsità di opportunità di accesso al lavoro che rendono impossibile l’accesso alle misure alternative, richiama alla necessità di una presa in carico dei servizi dopo l’uscita dal carcere.

E’ dal settembre 2014 che, con un ordine del giorno approvato a larga maggioranza, il Consiglio Comunale aveva sollecitato il Sindaco ad attuare una serie di misure (tutte a costo zero) che avrebbero contribuito a rendere meno grave il quadro denunciato dal Garante.

Gli impegni però sono rimasti lettera morta e l’amministrazione non ha attuato alcun intervento organico volto a scongiurare nuovi ingressi impropri in carcere e a potenziare le opportunità di accesso alle misure alternative.

Il nostro auspicio è che i componenti della commissione comunale, seguendo con la prossima vista al Don Bosco  le nostre orme, si rendano conto e acquistino piena consapevolezza delle denunce contenute nella relazione del Garante affinché la Giunta Filippeschi non si sottragga dagli impegni di sua competenza già assunti per attivare ad interventi concreti ed efficaci che diano risposta ai diritti della popolazione carceraria e del personale dipendente.

Una città in comune, Partito della Rifondazione comunista

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