Ennesima occasione mancata per il Sistema museale pisano

Giovedì 7 ottobre Comune di Pisa, Direzione Regionale Musei della Toscana, Fondazione Pisa, Opera della Primaziale, Soprintendenza e Sistema Museale d’Ateneo hanno approvato il Protocollo d’intesa per la costituzione della rete “PPM – Pisa Percorsi Museali”. Lo abbiamo letto e siamo rimasti increduli di fronte a questa ennesima pagliacciata.

Questi i propositi generali: “promuovere e valorizzare il patrimonio culturale, anche immateriale, della Città di Pisa; qualificare l’offerta museale; sviluppare politiche volte alla realizzazione di progetti condivisi per il raggiungimento e il miglioramento della qualità dell’offerta museale; promuovere progetti e attività rete con particolare attenzione alla diffusione della conoscenza attraverso le forme digitali”. Il pensiero corre al Museo nazionale di San Matteo, una delle glorie cittadine e da anni una nostra ossessione: per carenza di personale è fruibile solo su prenotazione (15 visitatori alla volta) dal martedì al sabato alle ore 9.00, 11.30, 15.30, 17.30; domenica e festivi alle 9.00 e 11.30. Dunque non più di 60 visitatori al giorno nei feriali, la metà nei festivi. Stessa cosa per il Museo di Palazzo Reale che, come il San Matteo, dipende dalla Direzione Regionale, frutto della sciagurata riforma del ministro Franceschini. Non se la passa meglio il Museo delle Navi romane, dipendente dalla Soprintendenza: chi lo vuol visitare può farlo solo venerdì pomeriggio e sabato e domenica. Diversa la situazione di monumenti musei della Piazza del Duomo e di Palazzo Blu, dove a breve inaugurerà la mostra dedicata a Keith Haring. Centinaia i visitatori ogni giorno, aperture garantite, come in ogni altro museo o esposizione al mondo.

Simili discrepanze purtroppo sono endemiche, ma da decenni la politica interviene con la creazione di un sistema museale o al limite di un biglietto integrato o una carta dei musei. A Pisa no, tanto abbiamo la Torre. Viste le ottimali condizioni di partenza, giovedì scorso si è pensato a un protocollo d’intesa per “trasformare la piattaforma di Pisa2022 – il cantiere virtuale della famigerata candidatura a Pisa Capitale della cultura – in un aggregatore di contenuti che sfrutti il web come contenitore al quale si possa accedere sia da remoto che da apposite postazioni multimediali”. Tutto chiaro, no? Nello specifico il protocollo d’intesa s’impegna a “promuovere progetti e attività rete con particolare attenzione alla diffusione della conoscenza attraverso le forme digitali: presentazioni Web interattive di modelli 3D ad alta risoluzione di luoghi o monumenti; digitalizzazioni di opere ma anche di reperti archeologici o scientifici saranno disponibili agli utenti con costanti aggiornamenti dei contenuti. Cittadini, city user e turisti potranno visitare in anteprima i musei, osservarne virtualmente gli oggetti e le sale d’esposizione, scoprire la diversità dell’offerta culturale della città in termini di raccolte d’arte o raccolte scientifiche o naturalistiche come l’Orto Botanico che si trova nelle vicinanze della Torre”.Ci sarebbe da ridere per non piangere, tanto più che si tratta di prodotti costosissimi (e assai poco remunerativi per chi quei contenuti deve scriverli).

Il Museo di San Matteo soffriva già di carenza di fondi e personale quando la giunta precedente decise di sperperare € 1.700.000 per la realizzazione della app Walking in the City e per la disseminazione di quegli ingombranti totem multimediali. Siamo sempre lì. Da vent’anni a questa parte la politica nostrana propone un’unica ridicola ricetta per il patrimonio culturale (modelli in 3D, percorsi virtuali, presentazioni interattive), anziché provare a realizzare un vero e proprio sistema museale che riequilibri le differenze, non fosse altro per garantire orari di apertura degni di un paese civile. A Pisa evidentemente non interessa.

Una città in comune

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