Fornero: «La riforma? Lo ammetto, ora la cambierei»

giovedì
24 maggio 2018
Testata:
TIRRENO
Pagina:
4

IL NODO PENSIONI»

INTERVISTA A ELSA FORNERO

di Mario Neri

PISA

L’ha intitolato Chi ha paura delle riforme. Ma è chiaro che racconti soprattutto di “una” riforma. Quella che porta il suo nome. Una specie di destino, di fato. «L la prima volta che parlo del mio libro. Ho impiegato molti anni per scriverlo. E ogni tanto mi dico: speriamo che nessuno lo veda. Ho paura delle cattiverie», dice Elsa Fornero di fronte ai santannini, agli studenti della Bocconi e dell’università di Tori no che hanno organizzato l’incontro Sant’Anna di Pisa. Nell’aula magna ci sono solo loro, una cinquantina. Il rettore Pierdomenico Perata l’ha salutata in mattinata, e non s’è fatto vivo nessun altro. E si vede, si sente sola, l’Elsa di una spada che ha dovuto lasciare ferite «necessarie» all’Italia, l’impugnatura di un governo che ha «guardato al lungo periodo», «un tecnico usato cinicamente e vigliaccamente e poi buttato via e accusato». Per questo «non invidio Giuseppe Conte». L’ex ministra del lavoro e prof di economia – fra poco in pensione senza che le siano applicate le sue regole crede che sarà premier di un «contratto ambiguo». Perché superare la sua riforma con la quota 100 (mandare in pensione chi raggiunge 100 anni sommando età e anni di contributi) «vuol dire far fare un passo indietro al Paese». Abolirla addirittura «comporterebbe costi esorbitanti» che «metterebbero a rischio l’Italia e il suo equilibrio finanziario raggiunto con i sacrifici degli italiani e non con alchimie finanziarie».

Perché la quota 100 sarebbe un passo indietro?
«Intanto non si parla più di abolizione. Le parole contano. Ma anche la quota 100 non va. Torneremmo alle pensioni di anzianità. E per vent’ anni i giornali

«La riforma?
Lo ammetto, ora la la la cambierei»

L’ex ministra: io usata e buttata vigliaccamente Salvini indegno, Lega e M5S faranno male al Paese ci hanno raccontato che la prima cosa da fare era la riforma delle pensioni. Si tradirebbe il contratto fra le generazioni, il patto sociale che prevede che chi fa sacrifici ora si impegna a garantire la pensione a chi ancora non è nato. Infrangerlo vuol dire prendere decisioni politiche basandosi solo sulle convenienze elettorali del momento».

Ma lei correggerebbe qualcosa della sua rifonna? «Introdurrei an cora più flessibilità in uscita. La strada intrapresa da Gentiloni con l’Ape social (Anticipo della pensione) e volontaria è quella giusta. Bisogna individuare le categorie di lavoratori che fanno più fatica garantendogli un’uscita anticipata. Questo non si poteva fare subito perché vivevamo una situazione drammatica, avevamo il problema di trovare i soldi per pensioni, stipendi pubblici e interessi sul debito. Monti non mi chiese di fare la riforma in 15 giorni per fare il Super Mario, ma perché era necessario a salvare il Paese. Queste cose però si potevano fare 5 anni fa, ma si sono usati per alimentare il risentimento sociale». La ferisce?
«Sì, sono stata molto ferita. C’è chi ha avvelenato la vita nel Paese. Senza quel risentimento nella politica e nella società, per il quale non si può riconoscere che chi è arrivato prima di te ha fatto bene, perfino grillini e Lega potrebbero superare la riforma intelligentemente e migliorarla».

Invece? «Invece si è detto arrivo io che sono “amico del popolo” o rottamatore e cancello tutto. Si sventolano bandiere. L il marchio di fabbrica di Salvini, che dice “voglio la Fornero al rogo”, intesa come riforma e forse anche come persona, ma questo lo rende indegno delle istituzioni e di ricoprire la carica di ministro»

Si sente un capro espiatorio?
«Ho avuto la fortuna di poter contare sulla mia coscienza ed è la migliore salvaguardia contro le cattiverie altrui».

Però la metà degli elettori ha detto no alla sua riforma. Quando cammina per strada scruta negli occhi delle persone quel risentimento?
«Sì. Mai capri espiatori possono essere creati artificialmente. Io però non ho mai rifiutato il dialogo. Ho incontrato esodati, lavoratori. E quando la riforma viene spiegata le persone non sono contente, certo, ma ne comprendono l’importanza. C’è una differenza fra capire la necessità di certe cose e pensare che i problemi propri siano attribuibili a una sola persona, questa è la via facile e vigliacca di alcuni, un modo di farsi belli agli occhi degli elettori, ma è un gioco al massacro».

Lo spread si impenna, l’Europa manda segnali di allarme. «No, non incolpo nessuno. Con tutta la mancanza di rispetto che posso avere per il capo della Lega, credo che il Paese abbia bisogno di un governo. E se va al governo auspico che possa fare bene».

Conosce Conte?
«No, quindi non mi esprimo. Ma se si entra da tecnici in politi ca, si entra subito in un tritacarne, è successo anche a me».

Secondo alcuni studi la sua riforma ha prodotto il 60% della disoccupazione giovanile. I 25enni di oggi avranno la pensione?
«I giovani andranno in pensione se ci preoccupiamo di procurare loro opportunità di lavoro e reddito. E quegli studi li contesto, presumono che il mercato del lavoro abbia un numero di posti oltre il quale non si va. E dunque se non esci tu non entro io. Non è così. La sfida è proprio riformare le politiche attive per il lavoro, cambiare i centri per l’impiego».

Lega e M5S evocano il governo Monti alludendo a un complotto.
«Non fu un complotto. La verità è che nessun partito voleva le elezioni. C’era un ri schio finanziario drammatico. Gli italiani sono convinti di aver preso una medicina amara, impartita dalla Germania per salvare le sue banche. Dice tutto dell’opportunismo dei politici una frase di Juncker. “Sappiamo cosa deve essere fatto, ma non sappiamo come farci rieleggere una volta che l’abbiamo fatto”».

Io e Giovanni siamo amici da una vita. Ci siamo visti e abbracciati. Il fatto che abbiamo opinioni diverse sulla riforma non mina la nostra amicizia. Io credo che lui non conosca bene il sistema pensionistico, e io so di sapere meno di lui sui sistemi complessi. E normale dialettica».

Sì perché ieri Elsa Fornero, arrivando al Sant’Anna non è approdata in un ateneo qualunque. Qui insegna Giovanni Dosi, che proprio ieri ha criticato la riforma dell’ex ministro, sostenendone l’abolizione, in un’intervista al Sole24Ore. Uno dei suoi allievi e colleghi, Andrea Roventini, era addirittura stato indicato da Di Maio come possibile ministro dell’Economia. Egli «eretici keynesiani», seppur critici sulla flat tax, sono ispiratori del programma economico M5s. Eppure molti degli studenti sembrano più in sintonia con l’ex ministra che con i loro docenti. «La Fornero? Dolorosa ma inevitabile. Abolirla ci costerebbe venti miliardi all’anno», dicono tutti.

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