Gli “orizzonti” culturali della giunta leghista: dal “Museo della città” alla “diffusione di tradizioni e leggende locali nelle scuole”

Una città che fa valere il criterio di storicità di residenza per le graduatorie di assegnazione dei posti negli asili nido è una comunità che tende a rinchiudersi entro i propri confini. Ma, appunto, di quali confini si tratta?

Vale la pena leggere i brevissimi paragrafi dedicati alla cultura nel Documento Unico di Programmazione della giunta leghista per capire che l’identità rivendicata è puramente immaginaria e che quei confini sono farlocchi. “Abbiamo l’obbligo” – si scrive – “di seguire l’intrinseca vocazione estetica della Città” – attenzione alle maiuscole – “che è un anelito alla Bellezza”. Definizione alquanto vaga, per non dire assolutamente inconsistente, che viene declinata in “storia, tradizione marinara, arte, tradizioni, folklore, illustri concittadini e ospiti famosi, perfino leggende”.
Tradizioni e leggende la fanno da padrone, nel mezzo ci stanno “illustri concittadini e ospiti famosi”, e poi le statue di Fibonacci e Galileo (non le loro vicende, che sarebbero troppo scomode), per finire col fascista Giuseppe Niccolai, cui si sta per intitolare una rotonda.

I cittadini vanno convinti di un’altra storia, semplice, evocativa, fatta di simboli e leggende e bisogna cominciare ad indottrinarli fin da piccoli: oggi è spuntato un atto d’indirizzo del sindaco per la “diffusione delle tradizioni storiche e dell’identità della città di Pisa nelle scuole cittadine”. Non una lira per la didattica museale, che nel passato ha fatto scoprire a migliaia di bambini pisani i “nostri” bacini ceramici (islamici), le Croci dipinte (bizantine), invece si investe nella diffusione di un’altra storia, completamente inventata.

Non a caso, il primo punto in programma nel DUP è la realizzazione di un Museo della Città, “un’esigenza non più rimandabile”. Non importa se simili esperimenti in altre città italiane sono miseramente falliti o se comunque sono molto costosi, non importa nemmeno che il sistema museale cittadino sia fortemente in crisi. Anzi, gli altri musei non vengono proprio citati perché raccontano la storia vera, ricca e complessa piena di contraddizioni, inconciliabile con la propaganda politica: là dentro s’incontrano opere di maestranze islamiche che lavorarono per la Cattedrale, di maestranze bizantine che scolpirono il portale della chiesa di San Michele degli Scalzi e forse quello principale del Battistero, capolavori in marmo e in legno di artisti francesi, opere che ancora oggi non sappiamo se eseguite da pisani o da forestieri.

Basti pensare che di Buscheto, primo architetto della Cattedrale, non si conoscono le origini ed una parte della critica ipotizza che fosse armeno. E Biduino era pisano doc? Di Siena era Simone Martini, da Firenze provenivano Masaccio, Buffalmacco e la quasi totalità dei pittori che affrescò le pareti del Camposanto. Lo stesso Nicola Pisano, si sa, veniva dalla Puglia e, se fosse vissuto ai tempi della Lega, suo figlio Giovanni non verrebbe considerato “residente storico” e non potrebbe frequentare l’asilo. Stessa sorte sarebbe toccata a Nino e Tommaso, figli di Andrea da Pontedera, e a quasi tutti i cittadini, illustri e no, che qui hanno vissuto. Celebri o meno, tutti ospiti di questa terra.

E’ notizia di questi giorni, infine, la presentazione della candidatura di Pisa a capitale italiana della cultura per il 2021: considerate le premesse, questo è davvero un maldestro tentativo di ottenere finanziamenti e visibilità senza garantire alcun progetto di crescita culturale. Sarebbe un ulteriore danno per la nostra città, già schiacciata dai pacchetti turistici mordi e fuggi che sviliscono, anziché esaltare, la ricchezza di un patrimonio culturale appiattito ormai su stereotipi e luoghi comuni.

Una città in comune

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