«Hanno tolto acqua e luce sperando di mandarci via»

TIRRENO PISA Pagina: III

«Hanno tolto acqua e luce sperando di mandarci via»

Viaggio nel campo rom della Bigattiera dove il capo spirituale è un sufi «Molti lavorano, altri fanno cose che non dovrebbero, ci sono buoni e cattivi»
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di Danllo Renzullo

«Siamo gente senza sole». Cinque sedie di plastica disposte in cerchio sul terreno sabbioso. Una cucina a legna che serve anche per riscaldare. I grandi pini marittimi impediscono ai raggi del sole di filtrare. Intorno baracche, roulotte e abitazioni di fortuna. I fuochi accesi, qualche cumulo di rifiuti, altri di vari materiali e oggetti, la carcassa dell’anteriore di un’auto, due bambini che scorrazzano su una bicicletta trovata chissà dove. Entrare in un campo rom come quello della Bigattiera significa innanzitutto abbattere la barriera dei pregiudizi.
È mezzogiorno. Al campo rom della Bigattiera, uno dei tanti insediamenti presenti sul territorio comunale, la vita è frenetica, ma non troppo. Per tutti è un giorno festivo, Ognissanti, per gli oltre 120 abitanti del campo un giorno come tanti. E quasi ora di pranzo. Le donne si ingegnano per cucinare. Non basta avere del cibo. Bisogna procurarsi la legna e accendere un fuoco in una sorta di vecchia cucina da campo. Tre uomini ci fanno accomodare in una sorta di salottino improvvisato all’aperto. Cinque sedie di plastica disposte in cerchio sotto gli ombrosi pini marittimi.
«Qui c’è poca luce», esclama uno dei presenti. «Gente senza sole», aggiunge un altro. Siamo al centro di quella che si può definire una sorta di piazza, circondata da baracche, cumuli di legna, di materiale vario e, più distante, di rifiuti. C’è un silenzio quasi surreale. Tante persone in così poco spazio, ma nessun rumore. La vita sembra essersi rallentata. Una ragazza sembra meditare seduta accanto ad un fuoco. Una donna è impegnata ad infornare quello che sembra un pezzo di pane. Altre sono intente a pulire. Manca il sole alla Bigattiera, ma anche l’acqua e la corrente elettrica. «L’hanno tolta pensando di mandarci via», dice Kamil Selatin, 56 anni, teologo e capo spirituale sufi, corrente mistica dell’Islam. «Ma noi siamo abituati ormai, viviamo come gli italiani di cento anni fa». L’arrangiarsi non è solo un’arte, ma una necessità. «Guarda che sistema ho costruito per far arrivare l’acqua nella mia “casa”».
Kamil Elmaz ci mostra con un misto di orgoglio e rabbia la rete di tubi collegata ad un grande contenitore in plastica che raccoglie l’acqua quando c’è un minimo di pressione e la immette nella sua abitazione. «L’acqua è inquinata, non la possiamo bere». Le dimensioni e le caratteristiche delle case dipendono dalle capacità “edili” dei capifamiglia. «La tuia assomiglia più ad un ripostiglio», dice Elmaz. Un piccolo spazio, una sorta di monolocale costruito con pannelli di legno. Come soffitto un rivestimento di sughero, ottimo isolante, e come pavimento vecchi tappeti usati. Un tavolino, due vecchi divani-letto, una stufa-cucina a legna è il rifugio di Elmaz, sua moglie e suo figlio. Sono i pochi fortunati ad avere un hagno interno. La corrente viene prodotta con generatori. «Paghiamo più di benzina (che occorre per far funzionare i generatori) che per una normale bolletta». Le abitazioni sembrano costruite a caso. Mala disposizione ha una sua logica. Le case delle famiglie imparentate sono disposte a cerchio, le altre su una linea retta ai lati del campo. Quella di Selatin è invece in una posizione centrale.1 la più stanze ed è arredata quasi come una normale casa. Elmaz è dipendente di un’ azienda di spedizioni, Selatin aveva una ditta di commercio. «Quasi il 70% degli abitan ti del campo lavora», dice Elmaz. «Qualcuno – ammette fa cose che non dovrebbe fare: ci sono i buoni e i cattivi». Solo 5-6 famiglie delle 22 che abitano alla Bigattiera hanno il permesso di soggiorno. Ulna vita estrema, condotta tra discriminazione, emarginazione e abbandono. Per l’ennesima volta il campo è sotto sgombero. Il provvedimento dovrebbe essere eseguito nel giro di poche settimane. «I roni – conclude Selatin – sono come gli uccelli: quando li allontani lanciando un sasso, fanno un giro e poi tornano».

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