I dolori dei giovani bancari toscani

martedì
19 giugno 2018
Testata:
REPUBBLICA FIRENZE
Pagina:
IV

La ricerca

Addio all’antica tranquillità: per La Sapienza sono stressati, preoccupati per il posto, senza un partito politico

Sotto stress perché pressati a vendere prodotti. Preoccupati per il posto di lavoro. Politicamente “di sinistra” ma senza partito. Sono i giovani bancari toscani sondati da una ricerca dell’Università La Sapienza di Roma commissionata dalla Fisac Cgil. «Altri rischi per i lavoratori arrivano dalla digitalizzazione, in una regione che ha già ha pagato un caro prezzo alla crisi, con 10.000 lavoratori in meno negli ultimi dieci anni, 250 filiali chiuse solo nell’ultimo biennio, una riorganizzazione che è andata a svantaggio dei territori più deboli e fragili», commenta Daniele Quiriconi, segretario regionale di Fisac Cgil.

Con il coordinamento dei professori Mimmo Carrieri e Luisa de Vita, i ricercatori de La Sapienza hanno realizzato l’indagine tra il febbraio e l’aprile 2018 attraverso la somministrazione (prevalentemente online) di 400 questionari anonimi contenenti oltre 50 domande per indagare il rapporto dei giovani bancari con il lavoro, la società e la politica. Età media degli intervistati sotto i 35 anni, in modo da profilare il “sentiment” di dipendenti che per percorso professionale e realtà anagrafica non possono immaginare di usufruire di opportunità legate ai fondi di prepensionamento, a modifiche della legge sulle pensioni e di particolari “accordi difensivi”. Il campione (composto al 50% da uomini e al 50% da donne, toscani) vede per oltre il 60% lavoratori laureati che ritengono di avere scarse o nulle possibilità di carriera 75%) e che al 95% lamentano una partecipazione alle scelte aziendali pressoché nulla. Nel 60% dei casi si segnala un eccessivo autoritarismo dei superiori e nel 70% dei casi denunciano ansia per il raggiungimento dei budget assegnati. Il 75% dichiara che nel proprio lavoro lo stress è la prima causa di sofferenza. Il 67% lamenta pressioni eccessive per gli obiettivi di budget e le conseguenti pressioni commerciali e oltre il 70% è preoccupato per le riorganizzazioni aziendali. Il 52% ritiene che la propria condizione di lavoro sia peggiorata negli ultimi anni (dato significativo se si considera la scarsa anzianità dei rispondenti). E la grande maggioranza teme per il mantenimento del posto e di riflesso per il tenore di vita, ponendo questa come preoccupazione maggiore. Insoddisfazione anche per la sempre maggiore richiesta di mobilità da territorio a territorio.

Sulle innovazioni contrattuali delle ultime stagioni, dallo smart working al contratto “ibrido” (metà Partita Iva metà lavoro dipendente), emergono diffidenze e consapevolezza sui vantaggi per le aziende e invece incertezza rispetto alla condizione di lavoro. I160% boccia come negativo l’attuale regime pensionistico derivante dalla legge Fornero. «Anche questo – commenta il sindacato – è un dato interessante in relazione al fatto che gli intervistati sono giovani e che il settore gode di particolari ammortizzatori».

Il Jobs act e le misure di precarietà recentemente introdotte sono bocciate da circa il 60% del campione. Residuale, invece, il numero di coloro che chiedono un’uscita dall’Euro o addirittura un”Italexit”, mentre largamente maggioritario risulta il dato di chi chiede di rafforzare l’Europa nella propria dimensione sociale e politica. «Infine – annota Quiriconi – è interessante evidenziare che se oltre il 68% dichiara che gli immigrati vanno accolti e integrati, ad una successiva domanda se questi costituiscano un pericolo per la sicurezza, il 43,5% dichiari di essere molto o abbastanza d’accordo. E questa è l’ulteriore dimostrazione della delicatezza e della controversia di questo delicato ed epocale problema».

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