I profughi “esiliati” dalla città. Va superata l’ottica dell’emergenza

Siamo andati oggi a visitare una struttura in cui sono ospitati 20 profughi arrivati nelle ultime settimane. Tale struttura, di proprietà dell’Università di Pisa,e requisita dal Prefetto si trova in zona Tombolo, ed è gestita dalla cooperativa Arnèra.

Si tratta di una vecchia casa colonica, in condizioni che non garantiscono un’adeguata abitabilità: camere con 5 letti, due bagni e un solo boiler, che non basta a scaldare l’acqua per tutti. Una sala-cucina con equipaggiamento vecchio e comunque non adeguato: 4 fuochi per cucinare e una lavatrice. Per 20 persone!

Questo è già un chiaro indice dell’incapacità di affrontare seriamente da parte delle istituzioni una situazione che non può essere considerata semplicemente emergenziale, ma quello che soprattutto ci ha colpito è la distanza della struttura dalla città e il fatto che così non si dia modo ai profughi di capire in che realtà si trovano e a interagire con il mondo che li circonda.

La distanza dalla città è sufficiente a tenerli isolati, dimenticati e invisibili in una struttura fatiscente, in attesa di un intervento sociale ad oggi inesistente. In questa situazione è impossibile qualunque forma d’integrazione con la città e le sue reti sociali.

Operatori che svolgono il loro compito con solerzia e attenzione, e magari anche al di là della paga che ricevono, non possono supplire a mancanze strutturali e di coordinamento la cui responsabilità è degli enti preposti a gestire la situazione.

Dov’è il coordinamento dei soggetti istituzionali interessati? Comune e Provincia di Pisa non riescono a definire obiettivi comuni, modalità d’intervento e possibili percorsi d’accoglienza. In che modo sta assolvendo al proprio ruolo la Società della Salute? Non si può considerare sufficiente l’intervento della Prefettura di Pisa, che ha un’ottica prettamente emergenziale e interviene su fenomeni sociali che non sono di sua pertinenza. Per quanto tempo questa struttura resterà aperta? Sono domande a cui vogliamo delle risposte per uscire dall’ottica dell’emergenza.

Ribadiamo ancora per noi il primo obiettivo è rimettere al centro le persone e che per questo serve una progettualità capace di integrare gli interventi già esistenti ed evitare i soliti conflitti tra le istituzioni: è quindi necessario un serio confronto che coinvolga attivamente anche tutte le associazioni che in città lavorano con i migranti. Solo così si potranno avviare reali politiche di accoglienza e di integrazione, utilizzando al meglio le risorse a disposizione.

(foto: paginaQ)

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