Una sfida per il futuro sindaco: il gioco d’azzardo, ovvero il cavallo di Troia della criminalità organizzata nel tessuto della società civile
Uno spettro si aggira per l’Italia e per la nostra città, e forse siamo troppo distratti per accorgercene, o, peggio ancora, talvolta compiacenti e coinvolti noi stessi a farlo crescere a dismisura: e intanto su di esso prospera la criminalità organizzata.
Sto parlando del gioco d’azzardo, un fenomeno che ha assunto dimensioni preoccupanti, come dimostrano anche recenti fatti di cronaca, e su cui dobbiamo richiamare l’attenzione di tutti, perché è ormai dimostrato che la penetrazione delle mafie anche in territori che sono al di fuori del loro immediato controllo passa tra l’altro attraverso questo canale. Una questione senza dubbio spinosa per il futuro sindaco e dunque credo sia utile porre ora il problema.
L’Italia è il paese dove si spendono circa 1.260 euro procapite, neonati compresi, tra videopoker, slot-machine, gratta e vinci, sale bingo. E dove si stimano 800mila persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio. Un fatturato legale di 76,1 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere, secondo stime recenti, i dieci miliardi di quello illegale. Dieci sono le concessionarie accreditate in questo momento, ma le mafie costituiscono l’undicesimo concessionario occulto del Monopolio: un mondo oscuro, fatto di interessi ambigui, intrecci tra pubblico e privato, tra Stato e criminalità organizzata.
“Il settore in cui maggiormente si concentra la criminalità organizzata – ha spiegato recentemente Diana De Martino, della Direzione nazionale antimafia – e’ quello delle macchinette, da cui peraltro deriva il 50% dei guadagni. I clan intervengono scollegando le macchinette dalla rete telematica che consente il controllo da parte dello Stato, svincolandole di fatto dal pagamento del 12% di tasse e facendo così impennare i guadagni. Queste macchinette vengono poi imposte ai gestori degli esercizi commerciali e sottoposte al controllo dei clan”.
I “giochi delle mafie” coinvolgono almeno 41 clan: membri dei Casalesi e dei Mallardo, dei Santapaola e dei Condello, dei Mancuso e dei Cava, dei Lo Piccolo e degli Schiavone, per citare solo alcuni esempi.
E purtroppo cresce al ritmo del 13% l’anno la diffusione del gioco nei più giovani che sono anche i più fragili e i più esposti a diventare giocatori accaniti e patologici.
La legislazione al riguardo è del tutto insufficiente: norme troppo blande, che prevedono sanzioni irrisorie, che non sono certo in grado di scoraggiare le infiltrazioni delle organizzazioni criminali. Per giunta alcune sentenze dei Tar hanno negato la possibilità di tutelare il territorio e la salute dei cittadini a quei comuni che si erano impegnati nel contrasto del gioco d’azzardo e avevano limitato, ad esempio, l’apertura di sale giochi e scommesse in prossimità di scuole e altri edifici sensibili.
Che cosa può fare allora un sindaco, che, sia pure in presenza di una situazione così contraddittoria e disarmante, è pur sempre responsabile della salute pubblica nel territorio di sua competenza?
Ciccio Auletta diceva in un recente incontro che gli amministratori non devono aver paura di imparare: e c’è molto da imparare in materia, affidandosi a quelle associazioni che da tempo si occupano del problema, in primis Libera e CNCA che hanno promosso, con altre organizzazioni, la campagna “Mettiamoci in gioco” contro i rischi del gioco d’azzardo.
Ma c’è anche da pensare con un po’ di creatività a possibili azioni di contrasto: ad esempio, istituire un marchio di qualità per i locali pubblici che rinunceranno a installare nei propri spazi le slot machine dando in tal modo un segnale forte contro la diffusione del gioco e l’infiltrazione dei poteri criminali. C’è da sostenere una efficace legge nazionale, e da incentivare le iniziative di cura rivolte a coloro che già soffrono di ludopatia e alle loro famiglie.
E c’è sicuramente da rimettere al centro il problema educativo con progetti nelle scuole, ma soprattutto con la creazione di una vasta e articolata comunità educante che sia in grado di trasmettere il valore dell’impegno, dello studio, delle relazioni e del sano divertimento, in contrapposizione all’illusione del facile guadagno, della vincita a buon mercato, che si dimostra niente altro che un tragico inganno.
Cristiana Vettori, candidata di ‘una città in comune’ per Ciccio Auletta sindaco