Il lavoro è al termine il 16% dei contratti solo per un giorno

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Il lavoro è al termine il 16% dei contratti solo per un giorno

Rapporto Ires-Cgil: in Toscana disoccupazione + 1 % Dilagano i tirocini “camuffati”, più 15% i licenziati

ECONOMIA che stagna, lavoro anche. E’ la preoccupante foto della Toscana nei primi sei mesi del 2014 scattata da Ires-Cgil. In sintonia con l’Italia che non scatta, ma non meglio. La disoccupazione tra giugno 2013 e giugno 2014 sale dell’1,1% fino al 9,7%: una percentuale inedita per la Toscana anche se migliore del peggiore record degli ultimi 20 anni, ovvero 1’11% del marzo scorso. Né è detto, teme Daniele Quiriconi della segreteria della Cgil toscana, che a fine anno il saldo negativo si impenni di nuovo, al netto degli stagionali primavera-estate che a giugno fanno salire il numero deglioccupati. Cresce del15%nel primo semestre 2014 il numero dei licenziamenti collettivi: fino a 13 mila licenziati in Toscana: «E’ ridicolo dire che bisogna rendere i licenziamenti più facili», dichiarano Giovagnoli e Quiriconi alludendo chiaramente all’articolo 18.
Crescono gli avviamenti al lavoro, ma molti, spiega l’Ires, dipendono dal fatto che, per via della crisi che non si placa, si danno da far per un qualsiasi ingaggio anche coloro che eranorimastifermirassegnati a nontrovare niente o chi era sempre stato a casa, vedi la crescita delle badanti locali rispetto alle straniere.
Soprattutto, i nuovi lavori sono al 90% precari. I contratti a tempo indeterminato scendono dalla già misera percentuale dell’ 11,8% di tutti i contratti all’11,2, e solo la metà sono a tempo pieno, ilresto apart time. Cresconovertiginosamenteitirocini: «Negli ultimi mesi sono triplicati-spiega Quiriconi-Il che ne denunzia l’uso improprio come sostitutivo del lavoro vero e proprio».
Deludono, denuncia l’Ires, i contratti a termine liberalizzati dal ministro Paoletti nel marzo scorso con l’eliminazione della causale. «Si era detto per facilitare l’entrata al lavoro e poi la stabilizzazione e per ridurre le forme di precariato peggiore», sottolinea Quiriconi. Invece i dati Ires rivelano che, mentre i contratti atermine si sono subito impennati fino a crescere del 13% tutte le altre forme peggiori di precarietà – lavoro a chiamata, lavoro interinale o a progetto – sono restate all’identico 35% di prima e le trasformazioni a tempo indeterminato non solo continuano a stare sotto il 15% ma sono calate del 17,6%. Minima la durata dei tempi determinati: il61 % è per meno di 3 mesi, ma il 16% arriva a una sola giornata, il 9% è tra 2 o 3 giorni e il resto tra 4 giorni e il mese.
percentuale della disoccupazione la crescita, come mai prima, della cassa integrazione (+4%), il 57% della quale straordinaria, ossia per crisi irreversibili. Si salvano dal ristagno generale, secondo l’indagine Ires, le piccole aziende innovative, le nicchie di qualità della nostra tradizione e l’export che tuttavia cresce meno (più 0,8%). «Ma non tiene la produzione in generale, crescono le aziende in crisi e per di più in settori strategici dell’economia regionale», spiegano il direttore e il presidente Ires, Fabio Giovagnoli e Emanuele Berretti. Continuano a diminuire i consumi (meno 3%) e tra giugno 2011 e luglio 2014 il credito erogato diminuisce di 14 miliardi. Mentre l’evasione fiscale resta così incontrastata da riversarsi persino sul calcolo Isee, che sembrava più equo. Eppure perfino lì iredditi dei lavoratori dip endenti risultano più alti di quelli di imprenditori e liberi professionisti.
Il rischio, secondo Quiriconi, è che «la situazione precipiti se il mercato non si muoverà e finiranno quegli ammortizzatori che frenano la disoccupazione vera e propria». Il quadro, secondo Ires e Cgil, dimostra tra l’altro che «cambiare le regole non serve a fare aumentare il lavoro. Le prime ricette di questo governo non sono servite neanche un po’ a rilanciare l’economia e creare lavoro stabile e duraturo, come dimostra la liberalizzazione dei contratti atermine, il primo passo verso ilJobs Act. E noi guardiamo ai fatti e non alle parole». Né funzioneranno adessoJobs Act e manovra. «Perché manca una politica economica, nonsi prevedono investimenti pubblici, per esempio di tutela dell’ambiente disastrato, che funzionerebbero da moltiplicatori. Al contrario, il governo trasferisce le risorse dal pubblico al privato, vedilrap e flessibilità senza regole del mercato del lavoro. Mentre le imprese private, specie quelle italiane per la loro dimensione economica – patrimoniale – finanziaria, non sono in grado di avviare un moltiplicatore coni propri investimenti che peraltro sono del tutto libere di rivolgere all’estero».
Così, forte anche di queste considerazioni, la Cgil toscana si prepara ad andare domani a Roma alla manifestazione di piazza San Giovanni contro il Jobs Act. Con 20 mila persone, di cui 5.000 da Firenze più le prenotazioni ancora non sistemate sugli 88 bus cittadini o il treno, come spiega il segretario della Cgil fiorentina Mauro Fuso. Mentre, per sistemare coloro che non riescono più a salire sui 360 pullmane il treno speciale prenotatima esauriti in tutta la Toscana, la Cgil sta organizzando l’andata a Roma anche via BlaBlaCar, il sistema per cui via internet ci si parla e si dice io vado lì, ci vado anch’io e si riempie l’auto insieme.

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