Il No alla base né a Coltano né altrove è un Sì alla difesa della terra, dell’agricoltura e ad un diverso modello di economia

Non un centimetro quadro di terra va sprecato, perché la sua parte viva, il suolo, dà la vita e la protegge. È un fatto, ma quante e quanti si sono accorti che l’assemblea generale delle Nazioni Unite aveva dichiarato il 2015 “Anno internazionale del suolo”, per aumentare la consapevolezza circa la sua vitale importanza per la salute delle persone e del pianeta e la comprensione dei numerosi ruoli che questa risorsa ricopre? Sicuramente nelle amministrazioni di centro sinistra e centro destra, così come nei governi regionali e nazionali nulla è cambiato: la speculazione edilizia è andata avanti come sempre se non, più di prima.
La provincia di Pisa, ad esempio, ha un livello di cementificazione superiore alla media italiana e per il Comune di Pisa ogni occasione è buona per pianificare nuove colate di cemento e asfalto. Da sempre. A tutto questo è stato aggiunto l’impressionante progetto di una base militare a Coltano che investe 73 ettari di terreni agricoli.

Grazie al suolo si producono cibo, combustibili, fibre e prodotti medici, si assorbono le piogge riducendo i rischi di alluvione e conservando e filtrando l’acqua, si regolano le temperature, si permette la vita di tantissimi organismi diversi e utili. Purtroppo, il suolo non è rinnovabile e quindi occorre una grandissima attenzione nell’utilizzare questa risorsa, a partire dall’adozione di pratiche agricole sostenibili.

I terreni di pianura sono i più fertili e facili da coltivare, ma è proprio in pianura che si cementifica e asfalta di più. E ormai è rimasto così poco terreno agricolo, che non basta a produrre il cibo necessario a garantite l’autosufficienza alimentare dei territori. Il cibo a chilometro zero non deve essere un lusso ma la normalità.

C’è chi per opportunismo si straccia le vesti per la base in area parco, quando pochi anni fa ha fatto passare sotto silenzio la devastazione causata dal potenziamento di Camp Darby, sempre in area protetta: l’abbattimento di centinaia di alberi è ancora in corso in queste settimane. A loro diciamo chiaramente che lo spostamento della base militare fuori dal parco, ad esempio a Ospedaletto, non cambia quella logica di cementificazione e militarizzazione. Vecchie previsioni, sbagliate già negli anni passati ma oggi totalmente fuori dal tempo e dalla storia: la verità è che a Pisa non si può e non si deve più costruire un solo centimetro quadro!

A fronte di questo c’è chi propone uno spezzettamento del progetto, utilizzando aree già cementificate. Davvero si crede che così ogni pezzo vada al suo posto? Noi non lo pensiamo: sottolineiamo che 190 milioni di euro vengono sottratti ai veri investimenti necessari.

Ci si rende conto di quanta ricerca è necessaria, ad esempio, per rendere sempre più sostenibile e a chilometro zero la produzione agricola? Ci si rende conto di quanti investimenti – oltre a quelli già previsti dai Piani di Sviluppo Rurale – siano necessari perché un’agricoltura locale e davvero sostenibile diventi l’unico modo di produrre cibo? Oltre alla ricerca, infatti, è necessario che ci sia chi coltiva e alleva. Ci si rende conto che chi coltiva e alleva può svolgere un ruolo fondamentale, oltre che per produrre cibo, anche per salvaguardare i paesaggi, la biodiversità, gestire il territorio contro i rischi di alluvione, lottare contro il cambiamento climatico? E che quindi sono necessari investimenti anche in questa direzione? E’ il caso di togliere anche solo 1 milione di euro a questi tipi di investimenti? Che ci potrebbero dare un’altra economia, sostenibile e resiliente, che consegni a chi verrà dopo di noi la garanzia di una vita in salute e dignitosa?
Crediamo davvero che spendere le risorse pubbliche per mandare i giovani e le giovani in guerra sia preparare un buon futuro per loro?

No, il futuro sta da un’altra parte: tutto il territorio deve essere gestito avendo come modello di riferimento quello di un parco! Non è infatti un caso che in area parco si stessero sviluppando le basi di quella diversa economia che noi auspichiamo. Questa deve essere la sfida, per questo vanno usate le risorse pubbliche.

Una città in comune

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