“Io sono Marta il tuo contrario”

REPUBBLICA FIRENZE Pagina: I

“Io sono Marta il tuo contrario”

CiAO Matteo io sono Marta e testimonio una storia contraria a quella che racconti te: sono uscita dal precariato e ho un posto stabile solo perché la Cgil mi ha sostenuto», manda a dire da piazza San Giovanni a Renzi una postina di Grosseto bruna e mingherlina che ogni giorno fa 80 chilometri, per andare e tornare dall’Amiata.

DallaToscana in piazza con Camusso. Sul palco la postina dell’Amiata: “Ciao Matteo, io sono il contrario di quello che dici tu: se ho un posto fisso lo devo al sindacato”.

MARIA, 36 anni, non ha paura delle strade ghiacciate e nevose l’inverno, ma di parlare a più di un milione di persone sì. «Eppure ci volevo essere e ci sono», confessa prima di aprire gli interventi ieri sul palco romano di piazza San Giovanni per la manifestazione nazionale Cgil contro la politica del lavoro del governo, sotto una nuvola di palloncioni rossi nel cielo azzurro. Marta, il nome inventato da Renzi per l’ipotetica prec ari a di cui si diceva preoccupato accusando la Cgil di non lottare contro il precariato, ora è una persona vera ma va contro verso al premier. Susanna Camusso la prende a simbolo quando esce in maglietta con la scritta «Io sono Marta». Toscano anche Paolo Hendel, l’autore del comico «cinegiornale inepocaRenzi» che va in onda in piazza. D’altra parte dalla Toscana arrivano in 40 mila: «Ne siamo orgogliosi.I1 governo ci deve una risposta», dice il segretarioGramolati. E «che Renzi ci rispetti», aggiunge l’ordacheèpartita alle 4 del mattino in 360 pullman ingorgati per ore sull’autostrada, treni speciali che ci mettono 4 ore e mezzo, le auto del BlaBlaCar, i treni normali. Nessuno dei due cortei con dentro i toscani riuscirà a entrare in piazza San Giovanni, dove Mirko L ami e i suoi compagni operai della Lucchini appendono lo striscione «Piombino non deve chiudere»: E’ piena zeppa quando ci arrivano alle una dopo essersi formati alle 9, tanta è la folla. Solo i «maledetti toscani», come sta scritto sulla pettorina rossa con vignetta di Staino, che si sfilano dai cortei e sgomitanodasolientranoe, perviadiquel maledetti, spiccano tra tutto l’altro rosso: bandiere, cappellini, zaini, distintivi.
Partono alleo del mattini 500 fiorentini in treno. Con i giubbotti, gli zaini, i panini, il loro sonno. «Non mi sarei catapultata dal letto se non ci credessi», dice Barba «poter cambiare lavoro quando volessi ecifosse, manonc’è, el’articolo 18 non lo ho ma lo difendo perché è un principio di dignità». Non le piace invece il governo dei suoi coetanei: «Mi vengono i brividi quando Boschi dice che alla Leopolda c’è un’altra Italia». Dignità sarà scritto a caratteri cubitali sullo striscione Fiom. «Ci credo», èlaparolachiave.«Anchefosse per un giorno, crederci di questi tempi è molto», dicono tutti. E quando in piazza un gruppo di licenziatidell’OperadiRomacanta «Nessun Dorma», i «maledetti tosc ani» sognano all’ alba del giorno dopo di vincere anche loro come Calef. Per risvegliarsi furibondi appena giunge eco del match San Giovanni-Leopolda. Applausi scroscianti aCamusso che risponde perle rime sul finanziere Serra chevuole limitare il diritto di sciopero, approvazione per Gramolati che replica aunatvpertelefono: «Qui sono venuti tutti in libertà». «E bisognava davvero crederci per partire di notte e viaggiare 4 ore e mezzo per venire e altrettante per tornare», dicono.
Ci crede Enrico, 28 anni, che legge Luther Blisset accanto a un altro Enrico ventenne che dentro ilcappucciodellafelpalegge«I fiori blu» di Queneau e, al contrario, dice: «Non ho fiducia in niente». Eppure è venuto. L’Enrico più grande ha sulle spalle «tre annidi apprendistato che rischiano divanificarsi se, senza articolo 18, mi assumono e rni licenziano». Ci crede Costanza che ha 30 anni e «un lavoro che non esiste: finta pratica di due anni in uno studio di avvocato dopo 5 annidi università e ora altri due per l’esame». Ci è «tornato a credere» anche Guido Del Re, ricercatore medico alla Menarini: «Non abbiamo difeso molto negli ultimi tempi MontiFornero. Ma si sente che questa volta la Cgil ci crede e poi si comincia a capire che è ora di muoversi. Tanto il Pd, anche chi buba, poi in parlamento vota quello che nonvogliamo». Già, riflette in corteo Enrico, trentenne ferroviere di Massa: «E’ la prima volta che la Cgil va in piazza senza un partito amico. Un po’ mi dispiace di non avere una sponda politica, ma sono contento di fare con le nostre forze e esserci in tanti. Renzi non mi piace, è diverso, autoritario». Accanto c’è Nicola che lavora alla Cermec, l’azienda della raccolta differenziata di Massa: «Sono della Uil, ma reggo la bandiera Cgil: sul lavoro siamo tutti uguali».
In treno si parla del contratto a tutelecrescentidi Renzi «chequali tutele siano non si è ancora capitoe poisaràsoloil47°tipo dicontratto oltre ai 46 già esistenti». Del Tfrc he «sano sol di nost ri e non un regalo e poi già ce li tassano del 23%in busta e ce li ritasserebbero ancora se li prendessimo». Antonio e Alessia sono fidanzati, neolaureati e «senza prospettive. «Si dice che i giovani se ne freganodi tuttoedell’articolo 18. Guardi quanti siamo qui». Alessia pensa «che è giusto non tutelare chi non lavora. Ma organizzando meglio il lavoro, noncancellandoildiritto che le persone hanno a non venirelicenziatesenzaunagiusta causa». Ora «basta», sono arrabbiati i due Giuseppe, Francesco e Maurizio, operai de «La Calenzano Asfalti», una ditta di edilizia stradale «che fa anche la tramvia». Basta con «chi vuole azzerare l’articolo 18 e come facciamo poi noi a andare a chiedere il rinnovo del contratto? Ci buttano subito fuori». Basta con «Renzi che fa troppe chiacchiere». Giovanni ha 42 anni ed è precario da 11, «lo so conosco bene il precariato e il Jobs Act precarizza tutto il lavoro». All’altezza di Monterotondo si distribuiscono pettorine e bandiere. Siamo a Roma.

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