La città femminista: da Una città in comune una mappa di risorse, sogni, luoghi delle donne

Una Città in Comune è con l3 compagn3 e l3 amiche che oggi saranno ad Ancona, alla manifestazione indetta da Non una di Meno per l’Interruzione Volontaria di Patriarcato. Oggi sfileranno per denunciare le politiche di questo Governo e di Regioni come quella delle Marche, un vero e proprio laboratorio di attacco alla Legge 194, con un tasso di obiezione medica all’aborto all’80 % e con una politica oscurantista di limitazione dell’accesso all’aborto farmacologico.

Le Marche non sono un caso isolato: ricordiamo che la nostra Toscana nel 2018 ha elargito 195.000 € in rate triennali per le attività consultoriali del Forum Toscano delle associazioni per i diritti della famiglia.
E’ urgente costruire spazi di resistenza contro tutti i luoghi di negazione della salute e della libera scelta delle donne. Vogliamo tessere un filo di lotta con l3 comoagn3 che sono ad Ancona: per questo oggi, alle 18.30 al Circolo Arci Caracol costruiremo la nostra mappa dei diritti e degli spazi, anche quelli negati, delle donne, e con un aperitivo musicale con la dj Debra parleremo di proposte concrete.

La nostra Città femminista parte da qui: vogliamo che i consultori siano meno poliambulatori e più luoghi di promozione della salute e di autodeterminazione delle donne. Il primo punto è: fuori i medici obiettori dal servizio pubblico del territorio. Da noi, nel 2023, nella Asl abbiamo la percentuale più alta di obiettori delle aree vaste toscane, il 36%. Invece, per chi decide di interrompere una gravidanza, vuole la pillola del giorno dopo e la RU486 i consultori devono essere un punto di riferimento sicuro, garantito e protetto. Si deve rigettare il modello centrato sulla famiglia e sulla donna nella sua mera funzione riproduttiva.
Vogliamo più consultori, perché i servizi effettivi sono soltanto la metà dei livelli essenziali previsti, e li vogliamo accessibili e proattivi verso la comunità.

La pandemia ha generato violenza: ce lo dicono i dati della Casa della Donna. Sono 436 le donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza di Pisa e, di queste, 294 hanno intrapreso il percorso di uscita. Numeri inediti, in costante aumento: il 75% sono donne italiane, il 70% dei maltrattanti sono “insospettabili”.
Una città femminista si costruisce così: vanno aumentate le risorse al Centro antiviolenza che da 20 anni è il servizio di riferimento della comunità.

Ma i dati diffusi dicono ancora altro: il 50% delle vittime sono donne che non hanno autonomia finanziaria, sono disoccupate o hanno un lavoro precario. Le disuguaglianze sono anche qui: il rischio è che chi non si può permettere la scelta di denunciare e uscire dalla spirale, continui a subire violenza.
E allora noi proponiamo che in un Tavolo Interistituzionale, oltre alla diffusione della sensibilizzazione e della formazione continua, si definiscano con certezza i percorsi di autonomia e si dia loro sostanza. Casa e Lavoro devono essere diritti garantiti e non possono essere di ostacolo a percorsi di uscita dalla violenza. Sulle politiche abitative il comune ha un potere immediato e diretto di intervento, sia con la modifica dei regolamenti sull’emergenza abitativa, che nella stesura dei bandi per l’assegnazione degli alloggi popolari: le donne che affrontano un percorso di liberazione dalla violenza domestica dovranno trovare una particolare protezione che valorizzi nei punteggi e nei canali di assegnazione la loro situazione di partenza, in un processo di rimozione effettiva degli ostacoli.

Infine, noi vogliamo un Comune di parte. Vogliamo un assessorato per le politiche di genere e contro il patriarcato, vogliamo un Consiglio Cittadino che smetta di funzionare solo per assegnare il premio Pisa Donna. Vogliamo che sia uno spazio di ricerca, di confronto e di partecipazione delle donne, che valorizzi i luoghi di autorganizzazione schierandosi contro la repressione dei movimenti e che metta al centro la rimozione degli ostacoli ai percorsi di liberazione delle donne.

Una città in comune

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