La crisi aumenta le distanze ma Pisa si è difesa meglio

venerdì
22 giugno 2018
Testata:
TIRRENO PISA
Pagina:
XII

ACLI TOSCANA. LA RICERCA

Ricerca di Iref sulle realtà locali: l’economia regionale ha attutito i contraccolpi della recessione. Paolo Martinelli: il lavoro è uno dei fattori che più ha inciso

PISA

Si poteva anche immaginare che la crisi economica avesse aumentato la distanza tra ricchi e poveri. Anche a Pisa, certo, come in (quasi) tutta la Toscana e l’Italia, ma non era altrettanto scontato riscontrare che proprio nella nostra provincia quel divario fosse inferiore alla media delle altre province toscane, ed anche di quella nazionale.

Una sorpresa dunque, per molti aspetti, che fa emergere come la realtà territoriale di Pisa, sotto il profilo socio-economico, abbia retto meglio di altre realtà alle difficoltà che si sono affacciate negli ultimi anni.

A raccontarlo sono dei numeri precisi, quelli che sono stati elaborati da Iref e che sono stati presentati da Acli Toscana. La ricerca punta in particolare a misurare gli effetti della crisi economica sui nostri territori.

«Abbiamo constatato che l’economia toscana ha attutito i contraccolpi della recessione meglio di altre regioni spiega Paolo Martinelli, presidente delle Acli pisane – ma la depressione economica ha comunque causato un palese peggioramento delle condizioni sociali, con intensità che varia a seconda delle province».

Veniamo allora ai numeri della ricerca. Il divario tra benestanti (coloro che hanno redditi superiori a 120mila euro annui) e meno abbienti (coloro che hanno redditi inferiori a lOmila euro annui) tra il 2008 e il 2015 è aumentato del 2,9%, quasi quattro punti percentuali in meno rispetto alla media regionale (+6,7%) e 1,4% in meno rispetto a quella nazionale (+4,3%).

Le asimmetrie tra gli strati sociali della popolazione assumono infatti un peso diverso a seconda delle province di riferimento.

Le maglie nere in Toscana vanno alle province di Massa Carrara (+14,8%), Pistoia (+11,5%) e Lucca (+9,5%), dove il divario tra chi non riesce ad arrivare a fine mese e il ceto benestante è cresciuto a dismisura.

Significativa la crescita an che a Grosseto (7,4%) e Livorno (6,9%). Sono sotto la media regionale invece Prato (6,4%) e Firenze (5,3%) mentre sotto quella nazionale si trovano Arezzo (3,1 %O) ed appunto Pisa (2,9%).

In netta controtendenza invece il caso di Siena dove il divario si è attenuato (-0,1%)

Ma c’è anche un altro dato importante da sottolineare e che è strettamente correlato a quello sulle disuguaglianze di reddito.

In tutte le province toscane, ad un aumento del divario tra chi possiede redditi alti e coloro che invece si avvicinano alla soglia di povertà, corrisponde una diminuzione dei livelli relativi all’occupazione.

Nel caso di Pisa si è registrata una perdita di posti di lavoro pari al 7,6% contro una media regionale del 7,4%.

«Il lavoro è certamente uno dei fattori che ha inciso nella crescita del divario tra ceti benestanti e meno abbienti – dice Paolo Martinelli, presidente delle Acli pisane -. Però dai dati si registra il fatto che la realtà territoriale della Toscana ha risposto meglio di altre regioni alla crisi».

In particolare, se si guarda al tasso di occupazione, in Toscana nel 2016 era tornato ai livelli pre-crisi toccando la soglia del69,9%O, ben 8,3 punti sopra la media nazionale. Ad essere peggiorata però è la qualità del lavoro con un aumento dei lavoratori part-time passati dal 13,7% nel 2004 a 19,3% nel 2016, mentre per i lavoratori a tempo determinato si è passati dall’11,8% al 14%.

«La flessibilità – conclude il presidente Martinelli – ritenuta da molti la migliore risposta possibile ad un mercato del lavoro ingessato, risulta invece spesso strumento non in grado di assecondare la mobilità sociale dei lavoratori verso impieghi dignitosi, scivolando in una precarizzazione che colpisce soprattutto i giovani e le donne».

Condividi questo articolo

Lascia un commento