La gente non si fa giustizia da sola perché ci pensa lo Stato. Ma se non lo fa?

venerdì
8 giugno 2018
Testata:
ITALIA OGGI
Pagina:
1

di PIERLUIGI MAGNASCHI

I politici dei partiti storici che sono stati massacrati nelle urne (e che sembra non abbiamo ancora capito che cosa è successo e soprattutto perché) continuano a trastullarsi nei loro patetici bisticci da ballatoio, come se fossero delle comari di altri tempi nelle case popolari di ringhiera con il cortile in terra battuta. Esponenti di riguardo del Pd, ad esempio, nel corso del dibattito alla Camera sul discorso programmatico del premier Conte, si sono stracciati le vesti perché quest’ultimo, riferendosi a Piersanti Mattarella, assassinato dalla Mafia negli anni Ottanta, lo aveva indicato come «il fratello del presidente della Repubblica» anziché con il suo nome e cognome.

In quelle stesse ore, a Pisa, due carabinieri che avevano sequestrato 160 borse con false griffe a dei venditori abusivi, a due passi dalla Torre di Pisa, sono stati aggrediti da decine di venditori. Un grande giornale racconta: «Un carabiniere viene aggredito e colpito da un pugno in pieno volto: ha il naso fratturato, ma non reagisce e con freddezza preferisce andare via». Questa prosa è allucinante anche perché, essendo involontaria ed automatica, esprime una rassegnazione disperante. Il carabiniere infatti non viene lodato perché, dopo essere stato colpito da un energumeno con un violento pugno al naso, si è dato da fare per far arrestare l’aggressore (cosa che probabilmente ha fatto, anche se le cronache non ne parlano) ma «non reagisce e con freddezza preferisce andare via».

Insomma, se le parole hanno ancora un significato, il carabiniere malmenato è un eroe (o quasi) perché ha battuto in ritirata o, forse, se l’è data a gambe. E questo è avvenuto, non perché sia un vigliacco, ma perché il sentiment ambientale (alimentato dai media mainstream e da una legislazione lassista) lo spinge a usare la «sua freddezza» per «andarsene via» con l’apprezzamento implicito ma anche inequivocabile del grande giornalone che non ho citato per esteso perché non si può dare la croce addosso ad uno quando sono tutti uguali, a questo proposito.

Un partito di sinistra riformista avrebbe invece dovuto esprimere la sua solidarietà al carabiniere e la sua indignazione per l’accaduto. Non avendolo fatto, la sinistra riformista ha consentito a esponenti di destra di farlo da soli. Ma, comportandosi in questo modo, la sinistra riformista ha fatto sì che il gravissimo episodio (l’aggressione, da parte di facinorosi, di due carabinieri che stavano semplicemente facendo il loro dovere) venisse declassato da reato pesante a un episodio di razzismo anche se, in questo caso, il razzismo non c’entra per niente.

In questo episodio infatti vale solo la legalità che interessa tutti i cittadini, indipendentemente dal colore della loro pelle e dal loro luogo di nascita. Questa latitanza della sinistra riformista dall’assunzione di responsabilità in episodi di questo tipo diffonde la sensazione, nella gente comune, che essa sia tutelata solo dai partiti estremisti o anti-sistema quando invece dovrebbero essere quelli moderati e riformisti che dovrebbero dare loro assicurazioni di legalità. Non avendolo fatto (e continuando a non farlo) questi partiti, come dimostrano i risultati delle ultime elezioni del 3 marzo scorso, si sono alienati le simpatie dell’elettorato economicamente marginale che una volta era il suo e che, non sentendosi tutelato dalla legge, non si sente tutelato da nessuno.

Lo stesso giorno (e la logica è sempre la stessa) a Como, l’autista di un bus della linea 6 dell’Asf, Pietro Lombardi, 46 anni, è stato aggredito alle 20.30 da un gruppo di una ventina immigrati che non volevano pagare il biglietto. Costoro, gridando, lo hanno spinto, gettato per terra e gli hanno strappato di mano il cellulare mentre gli altri passeggeri, terrorizzati, fuggivano. Il suo collega Massimo Bornino, che è intervenuto in sua difesa, è stato colpito così duramente che è uscito dall’ospedale con il collare. Dei quattro energumeni fermati, uno era già stato destinatario di un provvedimento di espulsione, oltre che essere già stato arrestato nello scorso febbraio per comportamenti simili, e gli altri tre erano richiedenti asilo. Se l’energumeno era stato espulso, che ci faceva in Italia? Se questa, per un leader di sinistra riformista, è una domanda di destra, allora si capisce perché lo votino sempre in meno? Chiedere che il provvedimento diventi esecutivo è una scelta di destra o un intervento per attuare la legalità a vantaggio di tutte le persone per bene e fra queste, le più indifese.

E che sensazione prova un cittadino moderato e legalista quando apprende che la vicenda di un passeggero che non possedeva il biglietto su un treno in Lombardia e che aveva aggredito il capotreno urlandogli di andare a cagare e che se non l’avesse smessa di importunarlo gli avrebbe spaccato la faccia, provocando la reazione di quest’ultimo che l’ha invitato a tornare a casa sua, in Africa, con contorni ugualmente stercorari? Lesito di questa vicenda è stato allucinante. Il capotreno infatti non è stato ammonito, magari anche duramente, ma è stato addirittura licenziato, mettendo così sul lastrico un padre di famiglia che, comunque, per pochi euro, alle sei di mattina stava già facendo il suo dovere. Qual è il messaggio che l’autorità diffonde con queste sue decisioni? E poi ci si meraviglia che il grosso della popolazione (non razzista) si indigna e reagisce contro la classe dirigente malmenandola con il voto, unico strumento che ha a disposizione? Sperando, incrociamo le dita, che non ne individui altri?

Solo un imbecille può pensare che questi episodi di lassismo (di cui la sinistra riformista si disinteressa completamente, diventando così, nei fatti, con essi connivente) non possano indurre i facinorosi a ripetere e a ingigantire le loro intimidazioni. Non a caso anche gli autisti dei bus della società Line di Lodi hanno mandato una lettera al prefetto per protestare contro alcune delle migranti ospiti del centro di accoglienza di Meleti nella quale si lamentano di «minacce, insulti, intimidazioni» citando anche, circostanziatamente, un episodio di aggressione fisica quando una migrante ha preso per il collo un autista.

La prima conseguenza di questo lassismo, inaccettabile perché illegale, in aggiunta alla perniciosa polarizzazione elettorale sui partiti anti-sistema, me l’ha già spiegata un capotreno dicendomi: «Se contesto l’assenza di biglietto a un immigrato, rischio di prenderle. Se reagisco, vengo licenziato. Se faccio finta di non vedere che è sprovvisto del biglietto, suscito l’indignazione dei passeggeri che, pur non essendo degli Onassis, pagano regolarmente il biglietto. Ho perciò deciso: starò rintanato nella cabina di guida e non verificherò più i biglietti. In tal modo io salvo la pelle e tutti fanno quello che vogliono. Alla fine, tutti saranno felici». O no?

Pierluigi Magnaschi

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