L’anticultura nel “tempio” della cultura: chiediamo una presa di posizione dai vertici del Teatro Verdi

Per celebrare il Giorno del Ricordo, previsto dalla legge per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe», è stata allestita nel foyer del Teatro Verdi, prestigiosa sede storica della cultura a Pisa, un’esposizione di alcune tavole di un fumetto dedicato a Norma Cossetto.

Il fumetto in questione si intitola Foiba rossa. Norma Cossetto, storia di un’italiana, ed è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Ferrogallico, vicina agli ambienti neofascisti. Il fumetto non è da meno, in primo luogo nell’intenzione di utilizzare senza alcun criterio storico la luttuosa vicenda di Norma Cossetto, una vittima della prima fase delle uccisioni nelle foibe, quella del settembre-ottobre 1943, di cui si hanno poche notizie certe. Norma Cossetto, figlia del segretario politico del partito fascista locale, e impegnata direttamente nel partito, è stata da subito un simbolo per la Repubblica di Salò e per le forze di occupazione naziste, uno strumento di battaglia ideologica. Una donna uccisa, quindi, la cui tragica fine è stata sottratta alla verità storica per farne un’arma retorica.

Il fumetto esibito nel foyer del Verdi racconta parti della vita di Norma Cossetto da un punto di vista filofascista, con delle invenzioni storiche grossolane. Viene raffigurata una riunione dei partigiani jugoslavi a Zagabria dell’estate 1943 in cui viene deciso di «cacciare i tedeschi e i fascisti» nonostante in Istria «siano praticamente tutti italiani», e un successivo ordine diretto di Tito del 10 settembre 1943 di «cacciare e liquidare» tutti gli italiani: sono entrambe falsità evidenti per chi conosca un minimo la storia di quel periodo e di quei luoghi, che è bene contestualizzare e mettere in relazione con gli anni del fascismo, in cui le autorità italiane proibivano agli sloveni di parlare la propria lingua infliggendo pesanti punizioni e umiliazioni anche ai bambini a scuola, saccheggiavano e incendiavano villaggi, compivano violenze di ogni tipo.

La tavola con la violenza sessuale su Norma Cossetto è poi un concentrato di violenza gratuita e cattivo gusto, con un’evidente soddisfazione nell’esibire particolari morbosi.

Di fronte a tanta volgarità filofascista, a questo esempio clamoroso di anticultura e mistificazione storica, pretendiamo dai vertici del Teatro Verdi una presa di posizione. Non sappiamo chi abbia deciso e autorizzato l’esposizione, immaginiamo sia stato l’Assessorato alla Cultura di Filippo Bedini con l’approvazione della Fondazione Teatro Verdi. Chiediamo quindi a Patrizia Paoletti Tangheroni se non giudichi inadeguato al luogo che rappresenta la mostra del fumetto neofascista.

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