Le potenziali implicazioni agro-ambientali della nuova base militare a Coltano

Il progetto di realizzare una nuova cittadella militare di 73 ettari nel bel mezzo della Tenuta di Coltano è semplicemente folle, infatti causerebbe un danno enorme praticamente da tutti i punti di vista da cui si voglia guardare.

Parlando di un territorio all’interno di un parco è naturale concentrarsi in prima battuta sugli aspetti ambientali, e non sono pochi, ma trattandosi si una Tenuta a vocazione prettamente agricola è fondamentale concentrarsi anche su questo tema. A seconda di come l’agricoltura viene praticata, infatti, può svolgere diverse funzioni importanti per un territorio: oltre all’essenziale produzione di cibo, può essere funzionale alla gestione delle vulnerabilità ambientali, al mantenimento e miglioramento della biodiversità e alla produzione di un paesaggio ricco e attraente,

Il caso di Coltano è esemplare: le Tenute agricole del Parco di San Rossore sono tra gli ambienti più caratteristici del Parco e, oltre ad essere un importante filtro a difesa della biodiversità delle riserve integrali, rappresentano un potente fattore di sviluppo proprio di quel tipo di agricoltura che, essendo attenta all’ambiente, alla sovranità alimentare, al turismo di qualità, sarebbe necessaria al nostro territorio. Su tutto questo il progetto di base stenderebbe una coltre di asfalto e cemento.

Coltano ha da sempre un rapporto delicato con le acque: trattandosi di terre di bonifica, un tempo paludose è naturale, e se ben gestito può rappresentare un punto di forza. Ma cosa succederà quando saranno impermeabilizzati 70 ettari? Probabilmente quei terreni non avranno problemi perché sono tra quelli più alti, ma i terreni circostanti che si troveranno a dover sopportare anche tutte le acque di scorrimento derivanti dalla base? Il complesso sistema dei canali di bonifica è già in sofferenza e difficilmente potrà sopportare questo aggravio.

Non solo, una base di 70 ettari sarà frequentata quotidianamente da mezzi di tutti i tipi: da quelli civili del personale, a quelli militari, a quelli della logistica. Tutto questo produce un inquinamento acustico e atmosferico che potrebbe risultare fatale per l’ambiente, per le strade, e per il turismo di qualità che si sta sviluppando. Immaginiamo la famiglia in vacanza che, mentre si muove in bicicletta per le strade della bonifica, si vede passare accanto una colonna di mezzi militari! Per non parlare del deterioramento delle strade che già oggi sono al limite della percorribilità: ai problemi annosi della subsidenza dei terreni si sommerà il devastante impatto di centinaia di mezzi pesanti, che già che ci sono inquineranno l’aria e arrecheranno disturbo a tutta la piccola fauna selvatica che mantiene in equilibrio l’ecosistema naturale!

L’area perderebbe così il suo importante ruolo di filtro, di difesa alle aree naturalisticamente più preziose del parco. Ma ancor più grave, si perderebbe la possibilità di realizzare a Coltano un grande laboratorio di agricoltura, ambiente, turismo, che potrebbe rappresentare un vero gioiello per l’economia del nostro territorio.

I terreni di cui si parla, tra l’altro, sono terreni agricoli di ottima qualità, e biologici da decine di anni. Rappresentano bene la nostra migliore agricoltura, che dovremmo cercare di diffondere, espandere e rafforzare. Produzione di cereali biologici per il territorio, proprio quei cereali che improvvisamente ci siamo accorti di non produrre e per i quali dipendiamo così tanto dall’estero. Bene, 70 ettari in rotazione possono produrre anche 100 tonnellate all’anno di cereale biologico, di qualità, di filiera corta. Cereale che può diventare pane, pasta, cibo per tutte e tutti noi e lavoro per le aziende agricole e della filiera agroalimentare del territorio.

Guardando a tutto questo nel suo insieme possiamo comprendere come la nuova base rappresenterebbe un disastro che va molto oltre a quei 70 ettari. Un disastro che cancellerebbe quell’idea di futuro che a Coltano sta iniziando ad affermarsi, per la quale il suolo non costituisce semplicemente qualcosa su cui realizzare quello che ci interessa al momento, ma costituisce parte viva dell’ambiente, un alleato che ci può regalare servizi ecosistemici, cibo di qualità, lavoro, economia, salute. A patto di rispettarlo.

Una città in comune

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