Le promesse giallo-verdi potrebbero azzerare il Pd

domenica
10 giugno 2018
Testata:
TIRRENO
Pagina:
5

Gli elettori tentati dal voto per M55 e Lega, forze di governo

di Mario Neri

LIVORNO

Sudori freddi, dermatiti atopiche, un fifa quasi atipica si diffonde in queste ore fra i toscani di piazza e di governo. Perché chi finora è stato nel palazzo rischia di ritrovarsi, misero e abbacchiato, per lunghi inverni a gridargli contro all’addiaccio, orbato del potere. Chi invece al potere ci arriverà dalla piazza, nel palazzo potrebbe smarrirsi. E il ritratto della Toscana che oggi andrà alle urne in 20 Comuni grandi e piccoli, una regione e una storia che si sente l’estate (e gli occhi) dell’Italia addosso. Perché, certo, si vota in tutta lo stivale, ma è qui – fra Pisa, Massa, Siena e qualche altra città piccola e grande – che è racchiuso il senso di queste amministrative, con tutta probabilità destinate a chiudersi il 24 giugno con i ballottaggi. Non è un caso che Luigi Di Maio abbia lanciato ufficialmente l’era dei sindaci “amici” di Roma: «Decideranno i cittadini, ma questa volta i 5 Stelle avranno il governo dalla loro parte», ha detto il vicepremier al (tele)comando invitando, democristianamente, gli italiani a salire sul carro giallo-verde.

Proprio l’opportunismo governista è ciò che in Toscana fa tremare gli ultimi scampoli di sinistra. Se cadessero anche i capoluoghi verrebbe sancita la fine delle “regioni rosse”. E da regione “contendibile”, la Toscana potrebbe diventare l’ultima frontiera dei conquistador grilloleghisti. La posta in gioco, per il Pd, è altissima. Il renzismo, già infeltrito nel recinto della Toscana centrale, rischierebbe di trasformarsi in riserva indiana, rinsecchito nei confini fiorentini a un anno dalle elezioni in cui Dario Nardella (?) si giocherà la riconferma. La crepa è già lì e si è allargata a suon di sconfitte implacabili: Livorno, Arezzo, Grosseto, Carrara, Pistoia. Referen dum e 4 marzo hanno fatto il resto, confinando i dem al 29,6% (dopo anni al 40), facendo schizzare la Lega al 17,4% e assicuran do al M5S un quarto dell’elettorato. E il voto pentastellato, orfano di rappresentanza in molti Comuni, per paradosso, è quello a cui i dem danno la caccia per sopravvivere. Il Pd rischia di perdere i suoi ultimi fortini simbolo. A cinquant’anni dal ’68, Pisa potrebbe cadere, venir travolta all’onda sovranista incarnata da Michele Conti, il candidato con cui la sindaca Susanna Ceccardi vuole allargare l’effetto Cascina e lanciare la sfida del Carroccio alle prossime regionali 2020.

Sotto la Torre, c’è la convinzione che la battaglia si giocherà sul vecchio schema bipolare: destra-sinistra. In fondo il centrodestra, proprio il 4 marzo, ha conquistato il collegio grazie all’exploit della Lega. Andrea Serfogli, il candidato del Pd che il Pd renziano non voleva, deve confidare nella “sinistra” 5 Stelle, delusa da un candidatura quella di Gabriele Amore – arrivata tardi e dopo guerre fratricide fra meetup diventati tribù nemiche. «I nostri elettori sono liberi di decidere», ripetono i pentastellati, «valuteremo programmi e candidati». Convinti di una natura “rossa” dei grillini, i dem credono che, messo di fronte a un bivio, il 7% dell’elettorato fuggito torni all’ovile. Previsioni volatili, però, visto che a Pisa il mitologico staff ha rilasciato il simbolo al gruppo dei fedeli a Dibba, non ai seguaci di Fico. Casaleggio, invece, ha fatto infuriare i suoi a Siena, negan do il bollino e i galloni stellati al candidato scelto dal meetup. Così, anche qui il groviglio armonioso che governa la città del Babbo Monte da anni potrebbe venir spezzato dal centrodestra dell’avvocato Luigi De Mossi. Per farlo vincere, in fondo, la “ditta” s’è messa d’impegno. Prima provando a sfiduciare l’uscente Bruno Valentini, poi con una scissione senese guidata dall’ex presidente del consiglio regionale Alberto Monaci, artefice di una lista guidata dal figlio della moglie Alessandro Pinciani e, infine, con la candidatura dell’ex sindaco Pierluigi Piccini. Tanto che Valentini negli ultimi giorni ha ritoccato il programma per renderlo grillo-compatibile.

L’onda gialla monta solo a Massa, dove Luana Mencarelli insidia il Pd di Alessandro Volpi forte del 30% raccolto dal Movimento alle politiche. In fondo, Apuania è la terra a più alto tasso di grillitudine in Toscana e un’affermazione certificherebbe anche la nascita di una fortezza con la gemella Carrara. In ballo però non c’è solo la tenuta o la caduta dei capoluoghi. Certo, al Pd basterebbe perderne un altro per finire in minoranza con evidenti riflessi sulle regionali e le prossime amministrative. A Pescia, i moti antisistema potrebbero venir incarnati da Oreste Giurlani. Il sindaco dimesso dal Pd ha trasformato l’inchiesta che gli costò l’arresto per peculato nel segno della persecuzione dell’establishment e ora corre da solo proponendosi come il portavoce della volontà popolare tradita. Unico Comune in cui la Toscana “rossa” sogni un riscatto è uno spicchio mai dominato, Pietrasanta. Nella cittadinaversiliese è dovuto ri-scendere in campo il senatore forzista Massimo Mallegni (sarà assessore se il centrodestra prevalesse) per placare le divisioni e contrastare Ettore Neri, un dem ma della vecchia ditta giaguara, e i grillini di Nicola Briganti, volati al 29% alle politiche. Per il renzismo sarebbe uno smacco anche la riconferma di Emiliano Fossi a Campi Bisenzio, dato che con il Giglio Magico ha tagliato i ponti. Insomma, il Pd rischia di finire i popcorn ed estinguersi per inedia politica. Ma queste comunali apriranno pure un doppio fondo giallo-verde. Se si affermasse, l’onda governista M5S dovrà misurarsi già il prossimo anno con il primo test per la riconferma nelle comunali a Livorno. Ecco perché l’ansia da palazzo non attanaglia solo i dem.

Alle urne 20 Comuni In 6 città è possibile il ballottaggio
Dovevano essere 21 ma saranno 20 i Comuni che dalle 7 alle 23 saranno chiamati al voto. Slittano, a causa della morte di uno dei candidati in corsa, le elzioni nel Comune di Pergine e Laterina. Uno spicchio da circa 370 mila abitanti dovrà scegliere il nuovo sindaco. Sono sei le città sopra i 15 mila abitanti per le quali le elezioni potrebbero chiudersi il 24 giugno, ad estate appena iniziata, con i ballottaggi. Oltre ai capoluoghi, Pisa, Massa e Siena, anche Pescia, Campi Bisenzio e Pietrasanta. In quest’ultimo comune si voterà dopo che il precedente sindaco – il forzista Massimo Mallegni – si è dimesso per potersi candidare al Senato alle ultime elezioni politiche (e dove è stato eletto). In due comuni si voterà invece perla prima volta in assoluto perchè frutto di fusioni territoriali. Si tratta di Laterina Pergine Valdarno (Arezzo) nato dall’unione di Laterina e Pergine Valdarno, e di Rio, il nuovo comune dell’Isola d’Elba in cui si sono fusi Rio Marina e Rio nell’Elba.

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