Leggende pisane

lunedì
14 maggio 2018
Testata:
TIRRENO PISA
Pagina:
15

Tirrenia, gioiello appassito

Da capitale del cinema a località balneare senza identità né decoro

Da un antico fortino all’idea di una città giardino. Da capitale del cinema italiano ad una località balneare senza identità né decoro. Con in mezzo la guerra e gli americani di Camp Darby. Queste, in estrema sintesi, le vicende legate a Tirrenia.

Una storia breve e intensa in cui gli aspetti negativi prevalgono rispetto alle utopie e ai sogni della nascita, avvenuta il 3 novembre 1932. Prima di quella data, di Tirrenia esisteva solo la spiaggia, la pineta e l’aspetto era del tutto simile a quello attuale del parco di San Rossore. La zona era denominata Mezzapiaggia e le uniche tracce umane erano costituite da un fortino e da alcuni viottoli sterrati che dalla costa penetravano in pineta ed erano utilizzati prevalentemente dai cacciatori. Il Fortino di Mezzapiaggia, oggi restaurato e utilizzato come sede della Guardia Costiera, faceva parte di un sistema di fortificazioni granducali che servivano alla difesa della costa. La fase di sviluppo di Boccadarno non toccò questo tratto di litorale pisan o fino alla seconda metà degli anni Venti, quando il regime, nelle persone di Guido Buffarini Guidi (Podestà di Pisa) e Costanzo Cian o (Podestà di Livorno), mise gli occhi su questa terra affacciata sul mare, a metà strada trai due capoluoghi. Si narra che fu Mussolini in persona a promuovere lo sviluppo di Tirrenia, per motivi propagandistici (il cinema), in parallelo con altre “città di fondazione” e anche per mettere fine alle guerre provinciali tra i due “signorotti” locali. Per questo ulti mo motivo Tirrenia fu sottratta al comune di Pisa e gli fu concessa una specie di autonomia attraverso la nascita dell’Ente Autonomo Tirrenia (1932). Al di là della forma, la sostanza fu che tutta quella zona costiera doveva essere progettata con l’aspettativa di farla diventare la Perla del Tirreno (anche se geograficamente il “nostro” mare è chiamato Ligure) e an che la capitale cinematografica d’Italia, con la realizzazione di moderni studi cinematografici.

L’aspetto più affascinante del progetto fu senza dubbio la cura dell’architettura e dell’urbanistica: vennero convocati professionisti da tutta Italia, come Adolfo Coppedè, Federico Severini e Antonio Valente, che dettero all’abitato una tipica impronta razionalista. La cittadina era attraversata da nord a sud dalla strada litoranea (oggi viale del Tirreno), largo oltre venti metri ed aveva il suo fulcro nella centrale piazza dei Fiori, sede della stazione della nuova ferrovia e dove sorgeva anche lo stabilimento Imperiale (caffè, albergo, attività balneare). In particolare il nostro Severini risultò vincitore nel 1933, col motto “Di fronte al mare aperto” (insieme ad Ugo Benedetti, Giulio Buoncristiani, Ugo Ciangherotti, Alvaro Pinelli e Sergio Sighieri) del concorso di idee bandito dall’Ente autonomo Tirrenia per la redazione del Piano regolatore della nascente città marina. Il risultato, almeno sulla carta, fu mirabile: un modello di città-giardino perfettamente integrato con la natura attraverso il nuovo linguaggio architettonico razionalista. Lo stesso impegno fu profuso nella realizzazione degli studi cinematografici (che però persero presto l’importanza nazionale in ragione di Cinecittà) e nelle grandi colonie elioterapiche del Calambrone (ma questa è un’altra storia).

Scoppiò la Seconda Guerra Mondiale quando Tirrenia si può dire che stesse ancora nascendo: esclusi gli studios, la stazione, la pensione Lido, l’Imperiale, il caffè Torelli e pochissime altre villette private, il resto era tutto ancora nei progetti. Anche l’impianto viario era stato studiato, ma non an cora realizzato, vialone e ferrovia escluse. Durante la guerra i teatri di posa furono requisiti prima dai tedeschi in ritirata e in seguito dagli americani, che ne fecero fino al 1948 un deposito di materiale strategico insieme con le vaste aree della pineta di Tombolo. La zona piacque talmente tanto alle truppe a stelle e strisce che anche dopo la fine della guerra, molti militari si stabilirono a Tirrenia, contribuendo ad una forte espansione edilizia tutt’altro che in linea con i criteri urbanistici e architettonici della nascita. Intanto, nel 1951, fu ufficializzatala base Nato di Camp Darby, vicinissima all’abitato. Da allora è stato tutto praticamente lasciato in stato di abbandono e se non fosse stato per l’Ente Autonomo Tirrenia, in vita fino al 1982, strade, giardinetti, marciapiedi e arredo urbano sarebbe messo peggio di quello che è adesso. Gli interventi pubblici sono stati sempre faticosi e isolati, quasi a non voler riconoscere Tirrenia come quartiere cittadino. Gli anni Ottanta, hanno visto due lampi di pubblico: la famosa Festa dell’Unità del 1982 e il Club Imperiale, meta di una generazione di giovani italiani. Nel frattempo sono passate molte giunte, alcuni piani regolatori, ma sempre poca sostanza. Mancano servizi, infrastrutture viarie e un restyling completo dell’arredo urbano. I problemi d’attualità sono stranoti: gente solo d’estate, servizi carenti, abusivismo commerciale, zanzare e fogne che non funzionano. Tirrenia è un gioiello appassito troppo presto che dietro a tantissime potenzialità turistiche ha da almeno cinquant’anni bisogno di interventi straordinari al pari di quello che fu l’Ente Autonomo. Vedremo.

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