Lettera aperta della coalizione “Diritti in Comune” al sindaco di Pisa per chiedere di ritirare il patrocinio alla presentazione del libro “Eurislam”

In qualità di sindaco Lei ha concesso il patrocinio del Comune di Pisa alla presentazione del libro di Danilo Quinto “Eurislam. L’invasione dell’Europa e la caduta dei valori occidentali”, organizzata dal Comitato “Il Popolo Decide” per il 6 dicembre, ore 17, mettendo a disposizione la Sala Regia del Palazzo Gambacorti.

Le indirizziamo questa lettera aperta per spiegare pubblicamente le ragioni per cui riteniamo inopportuna la concessione del patrocinio a tale iniziativa, chiedendo che venga ritirato.

Come Lei sa il vigente Regolamento per la concessione di contributi, patrocinio e altri benefici economici fissa una serie di regole nel cui ambito il sindaco ha la facoltà di concedere il patrocinio del Comune di Pisa.

L’articolo 2 del Regolamento afferma che “la concessione […] del patrocinio […] è finalizzata a favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”. L’articolo 3 definisce, nello specifico, il patrocinio come “riconoscimento del valore civile, morale o culturale di un’iniziativa, evento o manifestazione e dei suoi promotori, ed espressione della simbolica adesione del Comune”. L’articolo 4 individua e dettaglia i settori di intervento per i quali è ammesso il patrocinio: a) sociale e socio-assistenziale; b) istruzione, formazione, ricerca scientifica e giovani; c) cultura, arte e tutela dei beni storici e artistici; d) sport e tempo libero; e) tutela dell’ambiente; f) turismo; g) sviluppo economico; h) protezione civile; i) attività umanitarie e di sostegno alla pace. L’articolo 5 stabilisce, infine, che possono essere ammesse al patrocinio associazioni, fondazioni, comitati e altri soggetti privati non aventi scopo di lucro, “che abbiano la sede o che svolgano la loro attività sul territorio comunale, e che operino nell’ambito dello specifico settore di intervento”.

Fin dal titolo è evidente che il libro in questione ha poco o nulla di scientifico. L’obiettivo è quello di veicolare una lettura allarmistica, fuorviante e in ultima analisi errata dei fenomeni migratori in connessione alla diffusione della religione islamica in Europa. In questo senso l’autore non svolge quella salutare funzione informativa e critica, che ci si attende dagli studiosi dei fenomeni storici, politici e sociali: al contrario, Danilo Quinto contribuisce ad alimentare la disinformazione, avallando false rappresentazioni e luoghi comuni già assai diffusi in Italia, e a diffondere sentimenti di insicurezza e ostilità sociale, puntando sul sensazionalismo e sullo “scontro di civiltà” tra la “vecchia Europa” e il “mondo islamico”.

Innanzitutto, è errato e fuorviante parlare dei fenomeni di immigrazione in termini di “invasione”. Se è vero che, fino al 2013, l’Italia ha conosciuto una crescita rapida e costante della presenza di cittadini stranieri, accompagnata da sistematiche sanatorie, è altrettanto vero che da quell’anno le presenze sono sostanzialmente stabili intorno ai 5 milioni. I nuovi arrivi, prevalentemente via mare e per motivi umanitari, sono stati compensati dal fatto che, a causa della crisi economica, molti stranieri hanno perso il lavoro e hanno lasciato il paese, e i nuovi ingressi per motivi di lavoro sono drasticamente ridotti per l’assenza di canali legali di ingresso. Inoltre, molti cittadini stranieri hanno maturato i requisiti di residenza e integrazione per diventare cittadini italiani. Per quanto riguarda l’Europa, in base ai dati EUROSTAT aggiornati al 1° gennaio 2017, i cittadini residenti in uno Stato membro dell’UE e aventi la cittadinanza di un paese terzo erano 21,6 milioni, pari al 4,2 % della popolazione dell’UE-28; mentre i cittadini UE residenti in uno Stato membro diverso da quello di nascita ammontavano a 16,9 milioni, pari al 3,3% della popolazione dell’UE-28. Si tratta, dunque, di una minoranza.

In secondo luogo, è fuorviante ed errato parlare di una “invasione islamica”. Secondo un’indagine aggiornata a fine 2017 del Pew Research Centre, un accreditato istituto di ricerca statunitense, i musulmani registrati nell’Unione Europea più Norvegia e Svizzera sono circa 25,7 milioni: il 4,9% di una popolazione di oltre 740 milioni di persone, con i dati più alti in Francia (5,7 milioni, l’8,8% della popolazione) e Germania (circa 4,9 milioni, il 5,5% della popolazione). Tra 2010 e 2016 (includendo dunque anche gli anni della cosiddetta “crisi dei rifugiati” provenienti dalla Siria) si è assistito ad una crescita di circa un punto percentuale, dal 3,8% al 4,9% (da 19,5 milioni a 25,8 milioni). Gli scenari futuri, in caso di immigrazione sostenuta, indicano che nel 2050 si potrebbe arrivare al massimo all’11,2% della popolazione. Anche in questo caso, i musulmani sarebbero sempre molti meno sia della popolazione cristiana che di quella senza religione.

Per quanto riguarda l’Italia, i dati del Dossier Statistico Immigrazione 2017 mostrano una netta prevalenza delle confessioni cristiane tra i cittadini stranieri: 3,75 milioni circa, di cui 1,5 cristiani ortodossi, poco meno di 1 milione cattolici, poco più di 250.000 evangelici e fedeli di altre chiese cristiane. 1,5 milioni circa sono i musulmani. 340.000 sono induisti, buddhisti, sikh e fedeli di altre tradizioni religiose orientali. 220.000 atei, agnostici e altri gruppi. Se si considerano i cittadini italiani che professano l’Islam (la prima nazionalità dei musulmani in Italia è quella italiana!) si arriva a 2,8 milioni di persone, pari al 4,8% della popolazione. Anche in questo caso si tratta di una minoranza, in linea con la media europea.

A fronte di questi dati reali, per effetto di una campagna mediatica persistente e pressante, a cui libri come quello di Danilo Quinto contribuiscono, la percezione della presenza musulmana in Italia è fortemente distorta. Secondo un sondaggio di Ipsos Mori (dicembre 2016), gli italiani stimano la presenza di persone di fede islamica nel paese al 20%, con uno scarto dunque di ben 15,2% dalla realtà. Inoltre, secondo un’altra ricerca effettuata dal Pew Research Center sempre nel 2016, più di 6 italiani su 10 hanno una visione negativa delle persone di fede musulmana. Su questo l’Italia è superata in tutta Europa solo dall’Ungheria (dove il 72 per cento della popolazione diffida degli islamici). Molta di questa ostilità è provocata dalla continua, e palesemente falsa, identificazione tra Islam, violenza e terrorismo, identificazione che si evince anche dal libro di Quinto. Non c’è, da parte dell’autore, nessun tentativo di capire e criticare l’uso strumentale che della religione islamica viene fatto da alcuni gruppi minoritari violenti, né di ricostruire la nascita di gruppi terroristici come Al-Quaeda e ISIS all’interno delle strategie geopolitiche statunitensi in Medio-Oriente, né di capire cosa ha spinto alcuni giovani europei nati in famiglie immigrate ad abbracciare la predicazione dello Stato Islamico. E, ovviamente, non c’è nessun riconoscimento della possibilità e della realtà in atto di un Islam europeo, per cui democrazia, laicità e religioni diverse coesistono pacificamente.

Nel libro di Danilo Quinto la diffusione dell’Islam in Europa è inquadrata all’interno del più banale complottismo, secondo cui esisterebbe una sorta di “piano” per islamizzare l’Europa nell’ambito di un più ampio progetto (di chi?) per “sostituire” la popolazione autoctona con quella straniera. Si tratta di “teorie” prive di ogni fondamento empirico e scientifico, che ricordano tristemente il celebre falso storico dei “Protocolli dei Savi di Sion” confezionato dalla polizia segreta zarista all’inizio del 1900 per diffondere l’odio verso gli ebrei nell’Impero russo, alimentando in tutta Europa la leggenda di un “complotto ebraico per conquistare il mondo”. Come nella più classica teoria complottista, oltre ai nemici esterni, ci sono anche quelli “interni”: Danilo Quinto attacca duramente l’Europa che, in nome dei “diritti umani” abdica ai suoi “valori tradizionali”, si fa invadere e si fa colonizzare, anche perché non fa più figli. Qui il discorso dell’autore si sviluppa fino a condannare il divorzio, l’aborto e la contraccezione: mentre gli islamici sarebbero prolifici, “noi non ci sposiamo più e, se ci sposiamo, non facciamo più figli (perché abortiamo e usiamo sistemi contraccettivi) o, se li facciamo, siamo costretti a mandarli all’estero” (citazione).

Alla luce di questa breve ricostruzione dei contenuti del libro, riteniamo che l’iniziativa in programma per il 6 dicembre prossimo sia in contrasto con il principio stesso della concessione del patrocinio. Non si ravvisa infatti, nella presentazione dell’opera di Danilo Quinto, nessuna “attività di interesse generale” (art. 2 Regolamento). Al contrario, riteniamo che la diffusione di informazioni parziali e/o false, e di interpretazioni fuorvianti, sia funzionale al rafforzamento di stereotipi e pregiudizi già presenti nella società italiana, e rischi di alimentare allarme sociale e ostilità, a danno dei principi costituzionali della pari dignità sociale e della non-discriminazione per motivi di religione. Ricordiamo altresì che il nostro ordinamento prevede il reato di “abuso della credulità popolare” (art. 661 Codice Penale): risponde di tale reato colui che, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico (dove per impostura si intende ogni falsa rappresentazione della realtà con cui il soggetto attivo profitta o tenta di profittare della credulità popolare).
Per le stesse ragioni, riteniamo che la concessione del patrocinio alla presentazione di questo libro sia del tutto arbitraria. Non si vede, infatti, quali motivazioni hanno indotto il sindaco a riconoscere “un valore civile, morale o culturale” (art. 3 Regolamento) ad un’iniziativa di così basso profilo. Inoltre, lo scarso valore scientifico dell’opera, unito ad un messaggio pericolosamente allarmistico e indirettamente discriminatorio verso i cittadini italiani e stranieri di fede islamica, costituiscono una lesione grave dell’immagine del Comune di Pisa: la concessione del patrocinio, infatti, implica una adesione simbolica e una condivisione dello spirito dell’iniziativa.

Infine, non è affatto chiaro in quale dei settori di intervento previsti dal Regolamento si collochino l’iniziativa (art. 4) e le attività del soggetto promotore (art. 5). Difficilmente si può parlare di attività educative là dove si mira alla disinformazione invece che alla rigorosa analisi storica, politica e antropologica dei fenomeni migratori e sociali. Così come difficilmente si può parlare di attività umanitarie e di sostegno alla pace là dove si mira a stigmatizzare, sulla base di false rappresentazioni e generalizzazioni grossolane, tutta una religione e i suoi fedeli, alimentando sentimenti di paura e di ostilità.

In conclusione, se il Comitato “Il Popolo decide” vuole (dis)informare i propri sostenitori e simpatizzanti, convincendoli sempre di più che la costruzione della moschea a Pisa vada osteggiata, a dispetto della libertà di culto tutelata dalla Costituzione e delle normative urbanistiche vigenti, riteniamo debba farlo senza il patrocinio del Comune di Pisa e senza potere usufruire gratuitamente della Sala Regia di Palazzo Gambacorti. Il fatto di essere tra i sostenitori del sindaco, e il fatto di contare tra i propri membri un Consigliere comunale di maggioranza, non può in alcun modo autorizzare il primo cittadino a derogare dal Regolamento, salvo violare il principio dell’imparzialità della pubblica amministrazione.

Pisa, 1. Dicembre 2018

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