Luminara al massimo ribasso: il Comune affida servizio ad una ditta che offre il 70% in meno del prezzo proposto

Da tempo il Comune di Pisa viene meno alle proprie responsabilità come datore di lavoro diretto o indiretto sul territorio, in sintonia con le politiche neoliberiste che da anni vengono portate avanti dai vari governi che si sono succeduti. Sia che si parli di assunzioni dei dipendenti comunali, sia che ci si addentri nel campo degli appalti e delle esternalizzazioni dei servizi essenziali o, infine, in quello delle aziende partecipate, troviamo precarietà, gare al massimo ribasso, carichi di lavoro crescenti, salari insufficienti.

Un ritornello che non risparmia l’evento del giugno pisano più atteso dalla città, come da tutta la provincia, ossia la Luminara, alla vigilia del santo patrono San Ranieri.

È di pochi giorni fa la notizia della gara d’appalto per l’accensione dei lumini che illumineranno i lungarni durante tutta la notte del 16 giugno. Modalità ed esito della gara dovrebbero allarmare la cittadinanza su come il comune crea lavoro. La società di somministrazione di lavoro risultata vincitrice della gara per l’assunzione delle 160 persone (tra studenti, disoccupati e cassintegrati) idonee all’attività di accensione lumi è Generazione Vincente SPA, con sede a Napoli. Come si legge nella determina, la società «ha offerto un ribasso sul prezzo posto a base di gara pari al 69,28%», per l’importo complessivo di € 20.917,76, di cui € 17.126,40 destinati a «servizio somministrazione giovani (costo del lavoro)» esente IVA. Inoltre, sul sito dell’azienda vincitrice si dà notizia dell’aggiudicazione senza alcun riferimento al salario che verrà erogato; né tantomeno abbiamo indizi sulle misure di sicurezza, aspetto non certo secondario per un lavoro che coinvolge carrelli, impalcature, etc.

Un ribasso pari quasi al 70% è semplicemente inaccettabile. Si tratta di una vera e propria svendita di forza-lavoro, che insiste su persone che già affrontano gli effetti della crisi più di altre e che dà per scontato ciò che in realtà è una scelta politica, ossia che si possa lavorare a qualunque condizione. Qualcuno dirà che «per una giornata di lavoro» ci si può accontentare, che per «arrotondare» è più che sufficiente, ma la verità è che le gare d’appalto al massimo ribasso e il lavoro povero sono diventati gli unici strumenti di politica occupazionale che l’amministrazione riesce a mettere in campo in maniera strutturale. Lo abbiamo visto negli anni e nei mesi scorsi con il caso delle ausiliarie degli asili nido o quello degli operatori di AVR, così come lo vediamo nelle portinerie e nelle mense delle scuole di eccellenza della nostra città e nei servizi dell’ospedale.

Troppo spesso queste gare al massimo ribasso hanno poi ricadute anche sulla sicurezza e sulle garanzie con cui si è costretti a lavorare.

Alle soglie del secondo mandato, l’amministrazione Conti persevera, tra le tante continuità, nella creazione di un ecosistema di lavoro insicuro offerto dal comune, che si ripercuote sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori così come sulla qualità dei servizi erogati, rispecchiando perfettamente le dinamiche di esternalizzazione, compressione dei salari e massimizzazione dei profitti che caratterizzano trasversalmente il settore privato.

Tra i settori in cui questo fenomeno raggiunge le sue vette, quello degli eventi dal vivo, dove assistiamo anche a assegnazioni dirette di spazi e rassegne, senza alcun controllo sulla pianificazione delle attività e sulle condizioni di lavoro.

Emblematico, ancorché marginale, il nome dell’azienda che si aggiudica l’accensione dei lumini: Generazione Vincente. Impossibile non pensare alle migliaia di giovani che annaspano in un mondo del lavoro nel quale non trovano più ragione di lottare, se non per la mera sopravvivenza. Questa denominazione fa solo finta, però, di parlare a una generazione che voglia riprendere in mano il proprio futuro, mentre politiche nazionali e locali remano in direzione contraria. Si rivolge in realtà chi, attori pubblici e privati, cerca lavoratori e lavoratrici ricattabili e disposti ad accettare lavori senza far troppe domande. Dietro lo spettacolo della Luminara, vediamo insomma l’ennesima conferma di un contesto segnato da politiche attive del lavoro inesistenti, soppressione del reddito di cittadinanza, criminalizzazione dei poveri e di chi si rifiuta di lavorare per salari da fame, un mercato del lavoro basato – anche grazie all’amministrazione pubblica – sulla precarietà e il ricatto.

Una città in comune

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