Mario Caciagli “Falce e martello non esiste più si può ripartire dalla solidarietà”

mercoledì
18 aprile 2018
Testata:
REPUBBLICA FIRENZE
Pagina:
VII

L’effetto 4 marzo non è ancora smaltito, e con le amministrative di Pisa, Siena e Massa già si preanuncia una nuova tornata di guai. Non c’è pace per la sinistra toscana, e quel che è peggio è che il problema non sembra solo politico, bensì storico-culturale. A tagliare l’erba sotto i piedi degli eredi del partito fondato da Antonio Gramsci è il venir meno della cosiddetta `subcultura’ rossa, tutt’altro che `minore’ rispetto a quella di `sopra’, propriamente politica. Matrice, e insieme zoccolo duro, spessore identitario, materiale e ideale della sinistra storica, la subcultura del pugno chiuso, della bandiera rossa, della falce e martello, delle case del popolo, con la sua trama di simboli, miti (la Resistenza), luoghi, monumenti, nomi di strade, sistema di valori, è stata il segreto della sua vitalità. Un `sotto’, però, che non c’è (quasi) più: « È sparito un mondo, bisogna mettersi l’animo in pace» avverte Mario Caciagli, politologo e studioso della sinistra italiana, autore diAddio alla provincia rossa. Origini, apogeo e declino di una cultura politica (Carocci), frutto di una indagine durata oltre vent’anni, con interviste a militanti ed elettori del Pci, e poi di Pds, Ds, Rifondazione Comunista, Pd, in una delle (ex) roccaforti più rosse, il Valdarno inferiore e il distretto del cuoio.

Dunque, senza falce e martello la sinistra non ha più ragione di esistere?

«Di sicuro non quella che abbiamo chiamato sinistra. E mica da ora: i primi scricchiolii si avvertirono già a metà degli anni `80, all’apogeo del Pci dopo la morte di Berlinguer. Un momento di grande suggestione, ma di lì a poco crollò il muro, crollò l’Urss, e il Pci scomparve. Durante la mia indagine non feci che raccogliere le lacrime degli orfani del partito, e soprattutto…dell’Urss. Nessuna festa dell’Unità fu triste come quella del `90».

Morto il Pci, però, si fece il Pds.

«Intervistai in quel periodo molti giovani fra i 18 e i 35 anni che votavano Pds, e tutti furono chiari: votavano per abitudine. Perché in Toscana lo facevano tutti, perché sennò il nonno ex partigiano si arrabbiava. Però il distacco da quel mondo si vedeva già. Nell’ultima tornata di interviste, fra il 2004 e il 2006, sindaci, amministratori locali, dirigenti di partito, dell’Arci, sapevano che il partito prendeva voti solo per la pigrizia degli elettori. Il partito `leggero’ di Veltroni ha dato un’altra botta, D’Alema già nel `96 era giudicato dai giovani troppo di destra per essere di sinistra. Renzi, a cui del partito non importava nulla, in realtà ha rosicchiato un guscio vuoto».

Ma il declino del `substrato’, come si spiega?

«Con la fine non solo dell’Urss, ma di un mondo intero. L’aumento dei redditi, il maggior spirito critico fra giovani più scolarizzati, l’indebolirsi del rapporto fra generazioni, le nuove forme di lavoro, il liberismo economico, l’individualismo, i nuovi stili di vita delle classi popolari… Tutto ha contribuito. E la casa del popolo non ha più potuto competere con la gita al mare, o i voli low cost».

Tutti segnali precursori del 4 marzo, dice lei…

« È da un po’ che il rosso non è più il colore della sinistra, e il simbolo del Pd lo conferma. Le strade intitolate a Gramsci, Togliatti, Berlinguer, non evocano più niente, a Santa Croce a proporre di eliminare via Ho Chi Minh è stata una consigliera del Pd. Nelle case del popolo ci sono gli immigrati, neanche il concetto di `apparato’ esiste più, i sindaci eletti direttamente giocano da soli. Un imprenditore di S. Croce sull’Arno, dopo le elezioni, mi ha detto di essere stato l’unico, nella sua fabbrica, a votare per il Pd, tutti i suoi operai hanno votato o Lega o 5 Stelle».

E allora, su cosa si può fondare una sinistra nuova, ammesso che sia immaginabile?

«Non sta a me dirlo, ma indietro, certo, non si torna. Chi si ostina con le bandiere rosse si è visto che fine fa. Senza contare l’obsolescenza della forma partito in genere. Però qualcosa è ancora possibile: ripartire dal senso di solidarietà che in Toscana resiste, un tempo per gli immigrati dal sud Italia, oggi per quelli dal sud del
mondo».

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