Meno cave, meno cemento il paesaggio toscano adesso ha la sua legge

REPUBBLICA Pagina: 57

Meno cave, meno cemento il paesaggio toscano adesso ha la sua legge

IL paesaggio toscano ha la sua legge. Il Consiglio regionale ha approvato ieri, in un’aula infuocata, il piano messo a punto dall’assessore Anna Marson, che intervenendo a fine seduta è stata molto dura anche con settori della maggioranza. Non è esattamente il piano che leivoleva, ma il testo finale è più suo di quanto non lo sia di coloro che volevano stravolgerlo. Sulle Alpi Apuane le cave dismesse sopra i 1.200 metri non riapriranno. Niente più cave sui crinali e i circhi glaciali. Una ventina resteranno attive fino alla scadenza della concessione. Altre saranno riaperte per essere riqualificate, ma almassimo per sei anni. Due le eccezioni, una cava a Minucciano e una a Levigliani.
Quello delle cave era il punto esemplare della controversia. Da una parte chi difendeva il paesaggio delle Apuane. Dall’altra chi tutelava gli interessi di imprese e lavoratori che estraggono il marmo (ma la Cgil si è schierata per il piano). Nelle ultime settimane, sostenuti dal Pd e in particolare dall’ala renziana, sono stati approvati emendamenti favorevoli ai cavatori. Il presidente Enrico Rossi ha cercato di mediare, poi la trattativa si è spostata al ministero per i Beni culturali che deve ratificare il piano. Più volte la sottosegretaria Ilaria Borletti, che hala delega sul paesaggio, ha avvertito i consiglieri toscani: se il piano non è conforme al Codice dei beni culturali, non l’approviamo.
Tre giorni e tre notti di discussione al ministero fra l’assessore, i tecnici regionali e i dirigenti del ministero (il direttore generale Francesco Scoppola, il capo dell’ufficio legislativo Paolo Carpentierie Ilaria Borletti): ne è sortito un maxi emendamento che ripristinava – in parte – la versione originaria del piano. Oltre le cave un’altra questione controversa: gli interventi sulle coste e sulle spiagge. Alla fine si è stabilito che entro i 300 metri dalla battigia saranno ammissibili solo strutture mobili. Niente piscine («lasciatele alla Rivieraromagnola», hadetto Rossi ). Nella zona retrostante si potranno ampliare gli edifici esistenti del 10 per cento, solo per servizi alberghieri e turistici.
«Sul piano non c’è stato conflitto fra sviluppo e ambiente», ha detto Marson dopo il voto, suscitando l’ira di molti del Pd, «ma tra interessi collettivi e interessi privati». Marson, che hadenunciato “imboscate” durante il percorso del piano, ha ricordato di essere stata accusata divoler espiantare ivigneti (il piano cerca di limitare le grandi estensioni e tutelare le piccole) e di aver dato una consulenza al marito (Alberto Magnaghi, urbanista di fama, ha collaborato al piano gratuitamente come altri professori di tutte le università toscane). Ma il punto, ha insistito, è che il piano incarna un diverso modo di intendere lo sviluppo, al centro delqualec’è «la valorizzazione del patrimonio territoriale e paesaggistico nella costruzione di ricchezza durevole per la comunità». Ora il testo torna al ministero per il parere definitivo.
A SUDATISSIMA approvazione del Piano toscano è il frutto della ritrovata determinazione del iresidente Enrico Rossi, della tenacd e della competenza dell’assessore Anna Marson, della tenuta del ministero per i Beni culturali (lodevole l’impegno della sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni), di una straordinaria mobilitazione culturale e sociale. E anche diciamocelo – della fortunata concomitanza con l’inchiesta fiorentina sulle Grandi Opere, con le relative dimissioni di Lupi: che hanno provvisoriamente spuntatola retorica dell’eterna lobby del consumo selvaggio del suolo.
Il duello durissimo degli ultimi giorni si è voluto rappresentare come uno scontro tra ambiente e lavoro. Ma il pieno
sostegno della Cgil al Piano e il fatto che a protestare per strada fossero lavoratori con la giornata e il pranzo pagati dai proprietari delle cave di Carrara, la dicono lunga sulla vera natura degli antagonisti: da una parte l’interesse collettivo (legato a uno sviluppo sostenibile), dall’altra il profitto privato. Una volta tanto ha vinto il primo: e anche se resta il rammarico di aver perduto il Piano nella sua scintillante versione originale, è forte la
soddisfazione per il risultato raggiunto. Ieri è stata una buona giornata per il futuro del paesaggio italiano: il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il Programma strategico territoriale dell’Umbria, che pretenderebbe di sottoporre ab origine il Piano del paesaggio alle esigenze dello sviluppo, in una specie di condono preventivo tombale. Sarebbe bello pensare che questi due successi siano le primizie di una fase nuova, ma è difficile crederci finché resta in vigore una legge come lo Sblocca Italia, la cui genesi (come ha notato Luca Martinelli su Altreconomia) si ricostruisce meglio attraverso le intercettazioni dell’inchiesta fiorentina che non negli atti parlamentari.

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