No al massacro sociale, no alla fine del blocco dei licenziamenti

PRESIDIO IN PIAZZA XX SETTEMBRE CONTRO IL RIPRISTINO DEI LICENZIAMENTI

La fine del blocco dei licenziamenti, da mesi richiesto dal Confindustria e dalle forze di destra, Lega in primis, è stata presentata come un buon compromesso anche da CGIL-CISL-UIL: l’intesa tra governo- imprese-sindacati prevede lo “sblocco selettivo” dei licenziamenti, l’utilizzo prioritario della cassa integrazione ordinaria anziché l’avvio immediato della mobilità da parte delle imprese, un piano di riforme degli strumenti – ammortizzatori sociali, politiche attive, riforme fiscali e politiche industriali.

In realtà, lo sblocco “selettivo” dei licenziamenti è un paradosso perché interessa in buona parte comparti non in crisi o in ripresa, come quello manifatturiero e edile, in cui dovrebbe esserci la necessità di assumere, anziché quella di licenziare, per rilanciare l’attività produttiva.

Il paradosso del “ritorno alla normalità” dei licenziamenti rivela l’impostazione strettamente aziendalistica di Draghi e quali siano i veri progetti dell’esecutivo, condizionati dai vincoli dell’UE e scritti sotto dettatura del padronato confindustriale.

I progetti del PNRR prevedono una pioggia di investimenti per le aziende e sono descritti come un’occasione finalizzata al rilancio dell’intero sistema economico nazionale: saranno invece la legittimazione per il governo di avviare riforme amministrative, fiscali e del mercato del lavoro per accogliere le richieste del padronato che vede nella libertà di licenziamento la soluzione necessaria per ristrutturare e rendere competitive le aziende sul mercato nazionale e internazionale.

Si dimentica che in questo anno e mezzo la crisi pandemica è gravata soprattutto su lavoratori e sulle lavoratrici: chi ha perso reddito con la cassa integrazione; chi non ha ricevuto salario come moltissimi lavoratori delle cooperative, di comparti come spettacolo e teatro; chi ha invece sostenuto la produzione e i servizi (logistica, trasporti, commercio), oltre ai già dimenticati operatori della sanità.

La risposta del governo Draghi è restituire alle aziende la libertà di licenziare in cambio di una riconversione ecologica o dell’innovazione digitale (incrementando lo smart working, ad esempio). Così, le prime vittime della fase post-pandemica (appena iniziata, e che non si sa quali risvolti potrà avere) sono i lavoratori e le lavoratrici, subito sottoposti al rischio della perdita del posto di lavoro.

Le rendite, i profitti, i redditi speculativi delle classi agiate non possono essere tassati di un centesimo, ma si incide nella carne viva delle classi lavoratici: occorrerebbe una reazione che finora non c’è stata da parte delle OO.SS., né tantomeno da parte delle forze politiche parlamentari.

Si sta per aprire una fase durissima che porterà un innalzamento del conflitto sociale nei prossimi mesi: è necessario creare unità d’azione tra forze sindacali, sociali e politiche per contrapporsi alla violenza padronale e governativa.

Coordinamento 1° MAGGIO

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