Non entriamo nei CTP. L’alternativa c’è: aprire insieme ai cittadini, nei quartieri, spazi e percorsi di vera democrazia partecipata

I cittadini chiedono, sempre di più, una partecipazione autentica alle scelte che li riguardano. Chiedono di avere accesso alle informazioni sulle decisioni che riguardano il quartiere e la città, il governo del territorio, i costi e le regole dei servizi fondamentali, la gestione delle risorse e del patrimonio pubblico. Vogliono mettere a disposizione le loro conoscenze e competenze per risolvere problemi e creare servizi utili alla collettività, cooperando con altri cittadini e con le associazioni. Pretendono di incidere davvero sulle scelte strategiche, sulle priorità degli investimenti, sul modo di operare della pubblica amministrazione: non accettano più di essere semplicemente consultati, o di subire decisioni già prese e calate dall’alto. Rivendicano il diritto ad essere coinvolti nella vita della città, che presuppone trasparenza dei processi decisionali e  rendere conto di essi, praticando una cultura della legalità.

La domanda di partecipazione diventa persino più forte in tempo di crisi e di politiche di austerità, quando gli spazi di discussione vengono ulteriormente ristretti, e le istituzioni rappresentative appaiono sempre più impotenti e distanti dai problemi quotidiani. Gli organi di governo infatti si mostrano sempre più inclini a favorire i grandi interessi economico-finanziari piuttosto a che tutelare la fruizione dei  beni comuni e a soddisfare i bisogni di tutti i cittadini “di fatto” che compongono una comunità, e che come tali sono portatori di diritti.

A fronte di questa domanda di democrazia reale e diffusa, i Consigli Territoriali di Partecipazione con cui il Comune di Pisa ha sostituito dal 2008 le ex Circoscrizioni appaiono in tutta la loro insufficienza perché non assicurano un contributo attivo degli abitanti del territorio. La modalità con cui vengono designati i consiglieri, tramite nomine dei gruppi politici in Consiglio Comunale e non tramite consultazione popolare, non risponde a requisiti di trasparenza e democraticità. L’assenza di un vero potere nei confronti dell’amministrazione comunale, visto che pareri e proposte dei CTP non sono in nessun modo vincolanti, rende vuota la partecipazione dei cittadini e degli stessi consiglieri territoriali. Le modalità specifiche con cui i CTP hanno funzionato negli ultimi cinque anni ne ha ulteriormente svuotato la funzione, facendone la cassa di risonanza e il veicolo di scelte già assunte dalla giunta (come nel caso emblematico del nuovo punto vendita IKEA e della relativa variante urbanistica), e offrendo una parvenza di coinvolgimento che ha finito per deludere e allontanare molti cittadini, stanchi dei processi dall’alto che seguono le orme di una finta partecipazione, che diviene  un sorta di  espropriazione delle idee, se non un’esclusione dal dibattito sulle scelte. Anche se ammessi alla discussione e invitati ad assemblee pubbliche, i cittadini infatti hanno potuto sperimentare con mano, e con crescente frustrazione, quanto poco la loro voce contasse e quanto poco l’amministrazione comunale fosse realmente intenzionata a condividere fin da principio le proprie decisioni in materie cruciali come il governo del territorio, il piano triennale dei lavori pubblici, il bilancio comunale. E’ del tutto evidente che i CTP così come concepiti e strutturati, non sono in grado di colmare la distanza tra cittadine/cittadini e istituzioni, per rinnovare il linguaggio e le priorità della politica ponendola realmente al servizio della “comunità locale”. Continuare ad accettare supinamente questa scelta significa rinunciare a nuovi modi di “amministrare”, che presuppongono reali spazi e poteri di democrazia partecipativa tali da “contaminare e indirizzare” convenientemente le decisioni e le scelte degli organi di democrazia rappresentativa.

Per queste ragioni abbiamo deciso di non nominare nessun consigliere territoriale di partecipazione. Avvieremo invece, in tempi brevi, un percorso per rispondere veramente al bisogno di partecipazione che viene dalla cittadinanza e dalle associazioni. Intendiamo utilizzare gli spazi dei CTP, o altri spazi pubblici dei quartieri, per svolgere periodiche assemblee aperte a tutti gli abitanti del territorio, ai comitati e alle associazioni in cui raccogliere e analizzare i bisogni sociali diffusi, elaborare criteri condivisi per stabilire le priorità di intervento, fare una mappa degli spazi pubblici e privati non utilizzati da destinare a funzioni sociali, lanciare campagne di informazione e di mobilitazione sui temi selezionati, promuovere l’organizzazione di eventi e l’offerta di servizi di prossimità richiesti dalla cittadinanza, dare voce in particolare a quei soggetti che per diverse ragioni fanno più fatica a partecipare, a partire dai minori, dagli anziani, dagli studenti, dalle lavoratrici e dai lavoratori precari. Si tratta di una forma sperimentale di democrazia partecipata, alternativa alla pseudo-partecipazione gestita dall’amministrazione comunale, che ha come obiettivo di medio periodo quello di redigere un bilancio partecipato, in cui siano gli abitanti dei quartieri a stabilire le priorità nell’allocazione delle risorse non vincolate e nella realizzazione delle opere pubbliche, e la giunta debba motivare le ragioni per cui prende decisioni difformi. In questo modo si potrebbero evitare scelte clientelari e varianti speculative, si potrebbe migliorare la vita dei quartieri meno centrali e si ridurrebbero gli squilibri tra le diverse zone della città. Le assemblee di quartiere saranno promosse, convocate e animate dai militanti delle nostre due liste, che saranno individuati come referenti territoriali nell’ambito di appositi incontri pubblici aperti a tutti.

In questo senso intendiamo dare seguito inoltre alla nostra azione politica nelle sedi istituzionali assumendo precise iniziative di proposta rivolte :

  • alla modifica dello Statuto Comunale:

– per inserirvi la nozione giuridica di beni comuni, così come definita dalla “Commissione Rodotà”, al fine di affermarne una titolarità diffusa  a favore della collettività allo scopo di soddisfare i bisogni primari dei “cittadini di fatto” titolari di diritti. Serve infatti una nuova forma di azione pubblica locale, per invertire l’attuale tendenza alla privatizzazione dei beni comuni naturali, materiali e sociali, quale  presupposto indispensabile per un diverso modo di amministrare la città.
– per ampliare le possibilità di applicazione degli istituti di democrazia diretta o partecipata, a partire dai referendum (propositivo e abrogativo) al fine di estendere la possibilità di promuoverli, il diritto di partecipazione ai “cittadini di fatto”, la praticabilità riducendo il numero delle firme necessarie per promuoverli.
– per rafforzare l’ “amministrazione pubblica” partecipata con la istituzione di consulte di  macroaree, aperte a singoli cittadini, associazioni, reti, le forme di cittadinanza attiva e le comunità territoriali (quartieri e zone), con ruolo consultivo/propositivo in forma obbligatoria;

  • alla integrazione sostanziale del vigente Regolamento sull’Esercizio del Diritto di Partecipazione prevedendo:

– l’ obbligatorietà di attivare il Bilancio partecipativo secondo precise fasi, rese legittime dalle specifiche regole, e inteso come unico strumento attraverso il quale avanzare proposte che nascano dal basso e coinvolgano i cittadine/cittadini e i territori, per la gestione delle problematiche, dei bisogni e delle conflittualità, per l’individuazione e definizione di progetti e interventi, per bilanci di genere e sociale. Tutto questo al fine di modificare radicalmente  l’attuale impostazione dall’ alto “dirigistico-tecnocratica”, attraverso la quale la comunità dei cittadini viene di fatto solo informata delle scelte effettuate non potendo incidere, con proposte partecipate prima delle decisioni, per indirizzare gli organi democrazia rappresentativa.
– l’ attivazione delle tecniche e dei percorsi dell’Udienza Pubblica e Istruttoria Pubblica per gli atti  di programmazione e gli strumenti di pianificazione territoriale,  per la conservazione e valorizzazione delle risorse storiche, culturali ambientali, per l’approvazione di opere ( pubbliche, di interesse pubblico o private) di particolare rilevanza e significato;
– forme di  “ascolto, proposta, consultazione permanente”, quali spazi di promozione e riconoscimento delle autonomie sociali e di diffusione del potere decisionale, per rafforzare il momento consultivo/propositivo in forma obbligatoria (“laboratori di progettazione partecipata”, accordi di quartiere con il coinvolgimento delle scuole e dei giovani, l’elaborazione di mappe dei valori e dei conflitti, la creazione di “comunità virtuali” );

Siamo convinti che occorrono queste azioni per migliorare il governo della città, che partendo da una rinnovata capacità di riflessione modifichi radicalmente i paradigmi dominanti legati agli attuali  modelli di “sviluppo”, per attuare una politica di controllo e utilizzazione attenta delle risorse pubbliche, e mai disgiunta da criteri di equità e giustizia sociale, che ponga al centro il metodo della partecipazione democratica di tutti i cittadini “di fatto” che compongono una comunità.

Una città in comune

Rifondazione Comunista

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