Occupazione Buonarroti: rilanciamo una battaglia comune per una scuola pubblica ed inclusiva

Le studentesse e gli studenti del Liceo “Buonarroti” hanno deciso di occupare la loro scuola. Una Città in comune condivide molte delle motivazioni alla base della protesta, a partire dalla denuncia della mancanza di spazi adeguati per l’attività didattica.

La mancanza di investimenti e i costanti tagli alla scuola pubblica da parte dei governi che si sono succeduti ha determinato una situazione che con la pandemia è definitivamente esplosa. È da anni che sollecitiamo gli enti locali a intervenire per adeguare strutture inutilizzate presenti sul nostro territorio per far fronte alla carenza di aule di cui soffrono alcuni istituti scolastici cittadini. Il Comune di Pisa non è intervenuto in tempi utili mettendo a disposizione alcuni dei suoi edifici in disuso, nonostante la discussione sia più volte stata portata in consiglio comunale dal nostro gruppo. La Provincia di Pisa si è mossa molto tardi e non senza contraddizioni, come per le Officine Garibaldi, prima assegnate proprio al “Buonarroti” e poi sottratte alla scuola per dare spazio ad eventi già programmati.

Il risultato dell’inerzia delle istituzioni è stato che al “Buonarroti”, come in altri licei pisani, si è costretti a rinunciare all’uso di alcuni laboratori didattici e ad organizzare le lezioni in un orario di sei ore al giorno. Ciò priva la scuola di un approccio all’apprendimento basato anche sull’esperienza e comprime i tempi della didattica, riducendo quelli necessari per un’adeguata rielaborazione dei contenuti.

Il disagio delle alunne e degli alunni è acuito da un sistema di trasporto pubblico locale inadeguato ai tempi e alle esigenze di chi ne usufruisce per recarsi a scuola e per tornare a casa. Per chi abita fuori città, il rischio di fare rientro alla propria abitazione solo a pomeriggio inoltrato è molto concreto, come testimoniano le esperienze di alcuni allievi.

Pensiamo che l’iniziativa delle studentesse e degli studenti del “Buonarroti” possa essere anche un’occasione per discutere su come è cambiata la scuola italiana negli ultimi anni. Generazioni di ragazze e ragazzi sono cresciute in un sistema in cui già dalla scuola primaria si era valutati in decimi, enfatizzando così le differenziazioni in base al livello culturale di provenienza. Una continua spinta alla prestazione, sostenuta anche dall’uso improprio delle prove INVALSI come strumento di valutazione delle allieve e allievi invece che del sistema, e dalla pretesa ideologica e indebita di Confindustria di valutare le scuole. Ogni occasione di verifica è così vissuta in maniera drammatica e si è portati a studiare in funzione di una valutazione, anziché per il proprio sviluppo formativo. Auspichiamo che, in un clima di confronto che coinvolga tutte le componenti della scuola, si possa tornare a mettere al centro della discussione il tema dei saperi e dell’apprendimento cooperativo, fuori dalle logiche competitive dominanti, rispondenti solo alle logiche di mercato, da almeno un ventennio a questa parte.

Una Città in comune

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